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Droga, telefonini e profumi dentro il carcere

Droga, telefonini e profumi dentro il carcere Agente penitenziario arrestato, 4 indagati

In servizio a Bicocca e Piazza Lanza, alcuni erano stipendiati

Di Redazione |

I Carabinieri del Comando Provinciale di Catania hanno arrestato ponendolo ai domiciliari su richiesta della Dda di Catania e su ordine del gip, Mario Musumeci, assistente capo della polizia penitenziaria, in sevizio nel carcere Bicocca di Catania. Altre quattro persone, tutti ex appartenenti alla Polizia Penitenziaria, risultano indagati.

LE ACCUSE. Tutti sono accusati a vario titolo di corruzione continuata e detenzione a fine di spaccio di sostanza stupefacente del tipo marijuana e cocaina.

LE INDAGINI. Le indagini sono state avviate a seguito dell’arresto in flagranza di reato, operato nel novembre 2012, dell’assistente capo della Polizia Penitenziaria Antonino Raineri, in servizio nel carcere di Piazza Lanza, che fu trovato in possesso di un pacco contenente cocaina, marijuana, «pizzini», profumi ed altri oggetti che doveva consegnare ai detenuti in cambio di soldi. Raineri è stato condannato (con sentenza non ancora definitiva) dal Tribunale di Catania per detenzione di droga e corruzione. Le indagini però non si sono fermate e grazie all’apporto fornito da diversi collaboratori di giustizia e alle intercettazioni è emersa l’esistenza di un sistema di corruzione che ha visto coinvolti in modo sistematico alcuni appartenenti alla Polizia Penitenziaria, in servzio a Piazza Lanza e a Bicocca, che, in modo continuativo e in cambio di denaro (in qualche caso una sorta di stipendio mensile), hanno favorito numerosi soggetti legatio ai clan mafiosi del Catanese.

I SERVIZI. La gamma dei servizi e delle prestazioni fornite in favore dei detenuti era estremamente variegata anche in relazione alla posizione ricoperta all’interno del Corpo di Polizia Penitenziaria. Si andava, infatti, dall’introduzione all’interno del carcere di materiali di genere vietato, quali alimenti non consentiti, sostanze alcoliche, profumi, telefoni cellulari, supporti informatici MP3 ed, addirittura cocaina e marjuana, fino a garantire ai soggetti apicali dei sodalizi mafiosi la possibilità di incontrarsi tra loro riservatamente, di avere colloqui telefonici con i propri familiari anche oltre il numero massimo consentito, di essere tempestivamente avvisati in occasione dell’imminente esecuzione di misure cautelari, di ricevere e veicolare messaggi e comunicazioni ai congiunti.

GLI INDAGATI. Le indagini hanno fatto emergere, in particolare, che Giuliano Gerardo Cardamone, ex Comandante della Polizia Penitenziaria del carcere di Bicocca, fosse un soggetto stabilmente a disposizione del clan dei Laudani da cui veniva mensilmente retribuito con somme di denaro. Nei confronti dello stesso è stata ravvisata la sussistenza, oltre che del delitto di corruzione aggravata dall’avere favorito l’organizzazione mafiosa anche di quello di concorso esterno in associazione mafiosa. In altri casi si è accertato che il pagamento avveniva in relazione alla singola prestazione illecita fornita dal pubblico ufficiale infedele con somme variabili dai 200 ai 300 euro per ogni pacco, contenente generi vietati, introdotto all’interno delle strutture carcerarie. Tali sono le ipotesi delittuose a carico di Mario Musumeci, Antonino Raineri, Giuseppe Seminara (assistente capo della polizia penitenziaria in servizio presso la Casa Circondariale di Catania Bicocca, sospeso dal servizio in quanto già arrestato nell’ambito dell’operazione «Fiori Bianchi»), Vito Limonelli (già assistente capo della Polizia Penitenziaria in servizio in Piazza Lanza). Il Giudice per le Indagini Preliminari, pur riconoscendo l’estrema gravità dei fatti contestati e la sussistenza di un grave quadro indiziario a carico di tutti gli indagati, ha disposto l’applicazione della misura degli arresti domiciliari solo per Musumeci. Gli altri hanno evitato l’arresto perché non più in servizio, chi in pensione, chi in congedo o chi sospeso. Nell’ambito della stessa indagine sono stati altresì denunciati, a titolo di concorso nel reato di corruzione, numerosi detenuti che hanno usufruito delle illecite prestazioni dei pubblici ufficiali corrotti.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA

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