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«Sono stanco e deluso dalla mafia», si pente il boss favarese Giuseppe Quaranta

Di Redazione |

AGRIGENTO – Il boss Giuseppe Quaranta, arrestato il 22 gennaio nell’operazione Montagna che ha colpito le cosche mafiose dell’Agrigentino, ha iniziato a collaborare con i magistrati della Dda di Palermo. Quaranta, ritenuto capomafia di Favara ha deciso di parlare con i magistrati il 29 gennaio scorso «per il bene della mia famiglia – ha detto – e mio personale, perché sono stanco, ho avuto tante delusioni». 

Si tratta del primo pentito favarese della storia. Favara non ha mai avuto un esponente di Cosa Nostra capace di fare il salto del fosso e collaborare con lo Stato nella lotta alla mafia. Quaranta ha già fornito tre interrogatori dinanzi ai magistrati della Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo, Alessia Sinatra e Claudio Camilleri nelle giornate del 29 gennaio, del 31 gennaio e del 2 febbraio, ha fatto nomi, cognomi, ha dato indicazioni sui mandamenti agrigentini, su chi li compone, su come si entra e si esce in Cosa nostra, su come si fanno affari con la droga – anche se lui ha detto di non averne mai fatto uso – di chi comanda e di chi vorrebbe comandare.

Il boss ha raccontato di essersi occupato nel 2002-2003 della latitanza del capomafia agrigentino Maurizio Di Gati, trovando un casolare adatto a nasconderlo e portandogli il cibo. Quaranta – ha rivelato ai pm Claudio Camilleri e Alessia Sinatra – sarebbe stato “combinato” dal padrino di Santa Elisabetta Francesco Fragapane nel 2010. L’indagato ha ammesso di avere rivestito un ruolo di vertice della famiglia di Favara fino al 2013-2014 e ha parlato di estorsioni a ditte edili, ma anche a extracomunitari, e del traffico di stupefacenti.

Quaranta ha spiegato ai pm della Dda che «l’unica famiglia mafiosa presente a Favara appartiene a Cosa nostra. Ci sono altri gruppi criminali che noi chiamiamo “Paracchi” che hanno un capo e un sottocapo, ma se devono fare attività criminali devono chiedere a noi di Cosa nostra».

Il boss sarebbe stato capo di Favara tra il 2010 e il 2013-2014. Poi fu «posato» (escluso ndr) perché «a un certo punto mi ero stufato e non mi facevo trovare da nessuno – ha detto – quindi non essendo più “produttivo” fu informato Francesco Fragapane a cui fu detto che non ero più disponibile. Mi venne detto che non dovevo più “camminare” a nome di Fragapane e io ne fui felice… Cosa nostra è come un vortice che prima ti fa bello e poi ti risucchia tutto fino a non poterne più uscire».

Per quanto riguarda le elezioni (nell’indagine è finito anche il sindaco di San Biagio Platani, Santo Sabella), Quaranta ha riferito che «il candidato a sindaco di Favara non lo sceglie la famiglia mafiosa e di non essere a conoscenza di candidati che hanno chiesto voti».

La famiglia di Giuseppe Quaranta è stata già portata via di Favara per iniziare il percorso di protezione che spetta ai collaboratori di giustizia ed ai loro familiari.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA


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