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Bloccate 4 lettere scritte dal boss Falsone

Di Antonino Ravanà |

AGRIGENTO – Bloccate 4 lettere scritte dall’ex capo mafia provinciale Giuseppe Falsone, detenuto in una struttura penitenziaria di massima sicurezza, al regime del 41 bis (carcere duro). Prima ancora, analoga decisione era stata presa con il palmese Ignazio Ribisi, più volte condannato per mafia e altri reati, figura di spessore di Cosa Nostra agrigentina, e vicino al super boss Bernardo Provenzano, a cui venne impedito l’invio di una missiva alla moglie, scritta in un incomprensibile tedesco, e con dietro il sospetto che potesse contenere comunicazioni non consentite.

Ora viene fuori, che nei mesi scorsi, anche per il boss di Campobello di Licata, Giuseppe Falsone (catturato 7 anni fa a Marsiglia dopo una latitanza di oltre dieci anni) è stata bloccata la corrispondenza con l’esterno, in quanto alcune frasi contenute nelle missive, sarebbero di «dubbia interpretazione». Nei fogli scritti a mano, appare evidente, come al boss non va giù il regime carcerario. Il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria ha bloccato le missive, indirizzate a due associazioni, ad un noto settimanale nazionale e a un sacerdote. Il trattenimento della corrispondenza, poi è stato disposto dal Gip di Caltanissetta, osservando che «dal contenuto concreto delle missive stesse ci sono elementi di pericolo per l’ordine e la sicurezza pubblica».

Il Tribunale ha sottolineato come con la missiva indirizzata ai «carissimi amici» di un’associazione, Falsone avesse il fine esplicito di evitare il blocco delle comunicazioni. In un’altra missiva era allegato un volantino di una Onlus, sulla situazione dei detenuti e il consiglio «a mettere in atto uno sciopero della fame». Quanto alla lettera a un settimanale, il capomafia descrive il regime di cui all’art.41 bis «ed osserva come egli si trovi in compagnia di soli meridionali». Con riguardo al plico a un sacerdote, il boss dà una immagine distorta dell’istituto penitenziario. Le lettere sono state trattenute – scrive il Gip – «considerata la pericolosità sociale dell’ex capo di Cosa Nostra agrigentina, e impedire evidenti elusioni del predetto regime carcerario, oltre che la commissione di reati attraverso mirati contatti con l’esterno».

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