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Il libro

Paolo Di Stefano, donne, radici e cold case alla siciliana

Nel suo nuovo romanzo "La parrucchiera di Pizzuta", firmato con il nom de plume di Nino Motta, lo scrittore di Avola si affida a un giallo siciliano per narrare letterariamente un fatto di cronaca degli Anni 50: «Avevo voglia di recuperare il mio immaginario avolese». Il 20 ottobre la presentazione a Catania

Di Giuseppe Lorenti |

C’è sempre qualcosa di misterioso e affascinante in ogni opera letteraria, c’è quella capacità di giocare con il reale e trasformarlo in romanzo, in un storia che richiama memoria e luoghi e combina cronaca ed emozioni. Tutti questi elementi sono presenti nell’ultimo romanzo di Paolo Di Stefano, La parrucchiera di Pizzuta, pubblicato da Bompiani. C’è dell’altro ne La parrucchiera di Pizzuta, c’è la circolarità e il legame stretto che unisce questo romanzo ad altri due libri di Di Stefano: Tutti contenti del 2003 e Giallo d’Avola del 2013. Circolarità e legame che non si trasformano in un progetto letterario seriale ma costruiscono e sviluppano un lungo filo narrativo che racconta storie, fatti e personaggi diversi ma consegnano al lettore il senso complessivo e più compiuto del lavoro del suo autore.

Paolo Di Stefano La parrucchiera di Pizzuta

La parrucchiera di Pizzuta, che sarà presentato domani, alle 20.30, alla galleria KōArt di Catania per il terzo appuntamento della rassegna Leggo. Presente indicativo, è un romanzo che lo scrittore avolese firma con il nom de plume di Nino Motta, il tipografo protagonista di Tutti contenti, ed è un libro che indaga e scava nelle radici, che affonda nel passato e nella terra d’origine del suo autore, la Sicilia e, in particolare, nel siracusano così come successo con Giallo d’Avola. La storia narrata è un vero e proprio mistero, anzi come recita il sottotitolo un giallo siciliano. Rosa Lentini, la protagonista, ha quasi cinquanta anni molto ben portati, un matrimonio fallito alle spalle e una figlia, Giulia, ormai cresciuta e indipendente. Rosa è una filologa, esperta di Petrarca e del Codice degli Abbozzi, ma è stanca della precarietà e delle incertezze della carriera accademica e così decide di prendersi una pausa dalla vita universitaria, lasciare Milano e ritornare al suo paese, Pizzuta, nella provincia siracusana. Rosa è una studiosa ed ha un’ossessione: indagare per scoprire cosa è, davvero, successo a Nunziatina Bellofiore, giovane parrucchiera di Pizzuta, assassinata in circostanze misteriose nel novembre del 1956. Un caso rimasto irrisolto, passato inosservato e totalmente dimenticato, anzi rimosso, non solo dalle pagine dei giornali ma degli stessi compaesani di Nunziatina.

«Perché ho scelto di firmare questo romanzo come Nino Motta? Perché mi piaceva l’idea di prendere una pausa da me stesso “scrittore”, sentivo il desiderio, la necessità letteraria di giocare sul senso di sdoppiamento, di lavorare, narrativamente, sul ruolo autore–personaggio e confesso che mi è piaciuto moltissimo» racconta Di Stefano, e questa passione, questo bisogno emotivo e artistico si avverte, pienamente, sia nelle pagine del libro sia nella nostra chiacchierata.

«Avevo voglia di confrontarmi, di recuperare il mio immaginario avolese e di restituire dignità a qualcosa che si è perso. Tempo, ricordi, luoghi, personaggi, storie vere e dimenticate. Nunziatina Bellofiore l’ho incontrata nel 2002 mentre lavoravo alla scrittura di Tutti contenti, un fatto di cronaca, accaduto nel 1954 a Messina, in cui una ragazza siciliana decide di aprire un negozio di parrucchiera grazie al sostegno economico di un ambiguo personaggio, Rosario Trombetta, che abbandona il suo lavoro ed entra in giri loschi finendo nei guai e che si conclude tragicamente. Io ho ripreso quel lontano fatto di cronaca, destinato all’oblio, e l’ho ambientato nel paesino immaginario di Pizzuta che nella realtà è il paese dove sono nato, Avola».

La parrucchiera di Pizzuta è un libro al femminile, una storia di donne, tre donne che hanno avuto vite diverse ma che si somigliano tra loro: Rosa, Evelina, sua madre, ed appunto Nunziatina. Un giallo siciliano che fa i conti con il solco e la tradizione tracciata da Camilleri e dal suo Montalbano ma che, come afferma Di Stefano, «è stato vissuto e scritto come un continuo corpo a corpo letterario con Quer pasticciaccio brutto de via Merulana di Carlo Emilio Gadda». Una storia di Sicilia quella di Rosa Lentini e Nunziatina Bellofiore, una storia di donne e di ricordi, di radici e di legami.

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