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Le ragioni etiche del veganesimo

Leonardo Caffo: «Consumo critico perché dire sì»

Teorico dell’antispecismo, il giovane filosofo catanese Leonardo Caffo ha fatto la sua scelta animalista a 19 anni: «Attenzione è una scelta individuale, e riguarda solo il mondo occidentale, ma i prodotti in vendita sono innervati di sofferenza animale»

Di Gianni Nicola Caracoglia |

Dalla sua lo aveva già detto nel libro Il maiale non fa la rivoluzione. Manifesto per un antispecismo debole ovvero che, se da una parte la “superiorità” dell’uomo sulle altre specie animali non esiste, dall’altra gli animali da soli non possono difendersi. Da cosa? Dalle voglie umane legate al consumo alimentare, per esempio. Parliamo di Leonardo Caffo, giovane filosofo catanese, 28 anni, docente di Ontologia del Progetto al Politecnico di Torino, acceso sostenitore del consumo critico di stampo vegano tanto da essere chiamato spesso nei dibattiti tv come voce a favore degli animali da contrapporre a quella di chi consuma abitualmente carne. Per Caffo, però, anche il consumo critico, per quanto fortemente motivato, mostra le sue “debolezze” nei confronti della maggioranza carnivora.

Leonardo Caffo

Leonardo Caffo

Il consumo critico in grossa ascesa è più frutto di un egoismo dei singoli che in questa fase di crisi globale dei valori si ritagliano come un piccolo angolo di paradiso morale in terra, o al contrario è un vero movimento collettivo che pensa che il mondo possa non perdersi del tutto?«E’ un discorso che sta su tutte e due le polarità della domanda. Va sottolineato, però, che il consumo critico è una questione tutta del mondo occidentale e benestante. In India, in Cina, in gran parte dell’Africa non esiste la locuzione consumo critico, lì sarebbe surreale. Oggi il numero dei consumatori critici non si avvicina neanche lontanamente al 50% + 1 della popolazione, il cosiddetto effetto soglia, quindi in tal senso il consumo critico è inefficace. Al supermercato le scelte di acquisto cosiddette politiche cambiano solo una sotto-domanda, per cui molte aziende ora riconvertono la propria offerta anche verso il consumo critico. Anche le aziende che producono carne, per esempio, adesso vendono pure i wurstel vegani. In qualche modo comprano le istanze critiche e con quei soldi contribuiscono a finanziare il consumo di carne».

C’è comunque più democrazia nel senso che oltre i consumatori acritici, che non si pongono problemi di alcun tipo, ora abbiamo anche quelli critici.«Questo è anche vero. Il consumatore critico di alto livello, però, quello che ha tutte le informazioni, non è interessato a incrementare i consumatori di seitan, vuole che la carne non sia venduta, per un senso di democraticità nei confronti degli animali. Per rispondere, quindi, alla prima domanda il consumo critico non può che essere individuale. Il mondo su cui si può agire è comunque il proprio».

Caffo Il maiale non fa la rivoluzione

La propria esperienza comunque può comunicare ad altri un’altra via. Qual è l’esperienza personale di Leonardo Caffo?«Io sono diventato animalista a 19 anni quando mi sono accorto che il sistema di prodotti che noi acquistiamo, non solo a livello alimentare, ma dal vestiario alla ricerca scientifica, è innervato di sofferenza animale. Io da parte mia, consapevole che non sposto niente, voglio, però, dare coerenza alla teoria perché se dico che si può vivere in modo diverso lo metto in pratica».

Stasera la terza puntata del programma “Animali come noi” di Giulia Innocenzi, legato al libro inchiesta Tritacarne, che avete presentato insieme qualche settimana fa a Torino.«Giulia ha fatto una cosa importante, in maniera giornalistica ha mostrato quello che avviene negli allevamenti intensivi. Non lo fa da animalista, ma da giornalista per dire che chiunque faccia una scelta qualsiasi deve sapere su quali basi questa scelta opera. Lei fa vedere come sono trattati gli animali, qual è il processo della carne, come le poche norme di benessere animale non sono rispettate, come sono spesso ambienti sporchi e infestati da topi».

Dietro la Innocenzi c’è Michele Santoro che ha prodotto il programma.«Questa è una cosa importante perché un giornalista come Santoro capisce l’importanza del tema magari non sposandolo del tutto. Il giornalismo intanto racconta. L’Italia in questo senso è avanti visto che la carne è nel core business dell’economia italiana. Un programma che si unisce a “Indovina chi viene a cena” di Sabrina Giannini, ex Report, su Rai 3. Nessuno potrà più dire io non lo sapevo».

Twitter: Gnc1963

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