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La fisica nissena che ha aperto nuove prospettive nella cura dei tumori

Di Maria Ausilia Boemi |

Una ricerca che è valsa alla trentenne siciliana, che da settembre ha una borsa post doc della durata di due anni all’Infn Tifpa di Trento, il prestigiso premio Christoph Schmelzer 2016, uno dei più importanti nel campo della terapia con particelle.

«La mia è una ricerca di Fisica nucleare sulle interazioni nucleari degli ioni elio in acqua, dove l’acqua simula sostanzialmente il paziente – spiega la dottoressa Rovituso -. La mia ricerca è stata fatta sulla possibilità di utilizzare, nella cura dei tumori, non solo i protoni o gli ioni carbonio, ma anche gli ioni elio che si prospettano come una valida soluzione soprattutto per i pazienti pediatrici» (che oggi possono essere curati solo con i protoni e non con gli ioni carbonio).

In Italia esistono soltanto due centri che forniscono questi tipi di terapie (utilizzate in genere per tumori radio-resistenti o vicini a organi critici a rischio): il centro di protonterapia di Trento, la cui sala sperimentale è gestita proprio dal Tifpa, e quello di adroterapia del Cnao di Pavia. In particolare, i tumori trattati con questo tipo di terapie sono quelli cerebrali e della base cranica, del distretto cervico-cefalico, i sarcomi dei tessuti molli e dell’osso, i tumori pediatrici (solo con i protoni), quelli della colonna vertebrale, i tumori pelvici e i ritrattamenti dopo precedente radioterapia a Trento; i tumori cerebrali, i cordomi e i condrosarcomi della base cranica, i melanomi oculari, i tumori sei seni paranasali, quelli delle ghiandole salivari, i melanomi mucosi delle alte vie aerodigestive, i linfomi, i tumori del pancreas, del fegato, della prostata, del retto, i cordomi e condrosarcomi sacrali, i sarcomi delle parti molli a Pavia.

Ma quale è la differenza tra l’utilizzo dei protoni o degli ioni carbonio rispetto agli ioni elio?

«Anzitutto – spiega la dottoressa Rovituso -, c’è da dire che con i pazienti pediatrici non sono usati gli ioni carbonio, ma solo i protoni. La differenza è poi a livello fisico: quando interagiscono con la materia, i protoni hanno uno scattering (diffusione, ndr) laterale molto forte, provocando una minore uniformità nel piano di dose soprattutto nei contorni vicino agli organi a rischio. Gli ioni elio, invece, avendo il doppio della massa, hanno uno scattering laterale molto minore e quindi per alcuni tipi di tumori ciò può comportare dei vantaggi. In altre parole, gli ioni elio hanno delle caratteristiche fisiche che sono migliori, più convenienti e hanno una efficacia biologica maggiore rispetto ai protoni». Come dire: un maggiore successo terapeutico per alcuni tipi di tumore, soprattutto su pazienti pediatrici.

Non per nulla, il premio Schmelzer è uno dei più prestigiosi in questo campo. E quest’anno è stato vinto da tre donne (oltre alla dottoressa Rovituso, Bianca Berndt dell’università Ludwig Maximilians di Monaco e Maria Saager del German Cancer Research Center di Heidelberg). Un caso o questa circostanza significa forse che la ricerca è “rosa”? «Sono rimasta sorpresa anch’io quando ho visto che eravamo tutte donne, considerato che la Fisica è un mondo molto maschile. In realtà, tuttavia, questo premio è conferito dall’associazione per il trattamento dei tumori con gli ioni, che è un mondo in cui esiste un’importante sinergia tra Fisica, Biologia e Medicina. E nel campo della Biofisica ci sono tantissime donne rispetto alla Fisica nucleare pura».

La dottoressa Rovituso, trentenne di Caltanissetta, si è laureata (triennale e specialistica) in Fisica nucleare a Catania: «Già durante la specialistica – racconta – ho fatto la tesi in collaborazione con i Laboratori nazionali del Sud e il Gsi di Darmstadt in Germania, dove mi hanno poi chiesto di rimanere per il dottorato, anche grazie al prof. Marco Durante. Sono stata lì 4 anni. Al termine, ho avuto un contratto di post dottorato al centro Infn Tifpa di Trento, che collabora con il centro di protonterapia della stessa città».

Studi catanesi, dunque, per la fisica nucleare siciliana, di ottimo livello: «Quando vai all’estero, ti confronti con gli altri – al Gsi c’è tutto il mondo – e ho visto che la preparazione che danno a Catania a livello sperimentale e teorico è davvero elevata. Sono stata fortunata ad avere ricevuto questa formazione».

In questo caso, nessun cervello in fuga (tra l’altro la dottoressa Rovituso ora è di nuovo in Italia), ma solo una questione di opportunità e di scelte: «Non sono dovuta scappare, a Catania stavo benissimo, avevo docenti di alta qualità. È stata una scelta».

Marta Rovituso difende il livello della ricerca in Italia, almeno nel suo campo, che non ha nulla da invidiare a quella estera, se non i finanziamenti: «La ricerca è di altissimo livello sia in Italia che all’estero. Quello che ho potuto notare è che in Germania sicuramente era molto più finanziata rispetto all’Italia. È chiaro tuttavia che io ero una studentessa quando facevo ricerca ai Laboratori nazionali del Sud e quindi ho molta più esperienza di come funziona in Germania che in Italia, dove peraltro sono tornata da poco».

Ma vorrebbe rientrare in Sicilia?

«Io – spiega – ho un rapporto di amore-odio con la Sicilia. È la mia terra e la amo in maniera incondizionata. Però, dopo che sono stata all’estero, in Germania, e ho visto come funzionano le cose là, è chiaro che quando scendo mi viene un po’ pesante, perché vedo che ci sono tante cose che non vanno come dovrebbero. Sono dunque sempre combattuta tra quello che non va e quello che uno dovrebbe fare e che non si può fare perché da sola non si possono cambiare le cose. Mi piacerebbe tornare a parità di condizioni, vivrei in Sicilia senza rancore, ma per il momento non è una mia priorità».

Le carenze che lamenta Marta Rovituso sono di vario genere: di servizi e, a volte, di mentalità. «È chiaro che non parlo dei Laboratori nazionali del Sud, che sono molto avanzati, ma dei servizi della vita quotidiana, perché anche la qualità della vita è importante. Parlo dell’inquinamento, della raccolta differenziata, del rispetto verso l’ambiente. Ci sono tanti siciliani che conosco che hanno questo rispetto, però la comunità in generale non ce l’ha: e questo mi fa male, perché abbiamo dei paesaggi meravigliosi che però sono maltrattati dagli stessi cittadini del posto. In Germania, ad esempio, hanno invece un grandissimo rispetto per l’ambiente, che è inculcato sin da bambini. Il rispetto verso la natura e verso gli altri è un valore che a volte manca da noi. Per quanto riguarda la mentalità, è come se fossimo 50 anni indietro rispetto alla Germania, abbiamo pochi input, anche cambiare le cose diventa complesso, la mentalità è chiusa rispetto al cambiamento».

Peccati – non veniali – molto più siciliani che italiani, secondo la dottoressa Rovituso: «A Trento mi sento molto più vicina alla Germania. Il passaggio dalla Germania a Trento è stato molto soft perché qui c’è una mentalità molto più vicina a quella tedesca. Anche il mio fidanzato che è tedesco – facciamo lo stesso lavoro e pure lui è venuto a Trento – quando scende in Sicilia ha un impatto più forte rispetto a quello che ha a Trento».

Infine, un consiglio ai giovani: «Sicuramente consiglio di uscire dai propri confini, di girare, di andare in posti nuovi per confrontarsi con persone diverse, perché anche se all’inizio può fare paura, d’altro canto è una formazione non solo lavorativa, ma anche personale. Incito quindi tutti, anche quelli che non fanno il mio stesso lavoro, a fare un’esperienza all’estero, perché ciò fa apprezzare di più le cose che si hanno e fa anche capire quali sono le cose che potrebbero essere migliorate nell’ambito in cui si vive».

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