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Il rientro di Corallo faccendiere catanese che fa tremare Fini

Di Tony Zermo |

La storia di Francesco Corallo è avventurosa e coinvolge in prima persona l’ex presidente della Camera Gianfranco Fini, che è stato anche presidente di Alleanza nazionale, oltre che ministro degli Esteri del governo Berlusconi.

Francesco Corallo è figlio di Tanino Corallo, personaggio conosciutissimo a Catania, che organizzava tour in rinomate case da gioco all’estero. A questi tour nelle case da gioco all’estero, da Montecarlo ad Amsterdam, partecipavano personaggi della buona società. Accusato di essere legato al clan Santapaola (il “Cacciatore” si era recato con la moglie ai Caraibi con regolare passaporto) era stato processato e condannato. Poi si era risposato ed era andato a vivere a Miami da tranquillo cittadino che aveva saldato i conti con la Giustizia. Le sue seconde nozze avevano avuto per conseguenza la rottura di rapporti con il figlio Francesco, che intanto era cresciuto di importanza nelle Antille olandesi tra alberghi casinò e gioco on line.

Questo è l’antefatto. Poi il gioco si fa più grande. Fini, appassionato di caccia subacquea, si reca nel 2008 a Saint Maarten per una battuta di pesca, e conosce Francesco Corallo (ma qualcuno afferma che la loro conoscenza risaliva al 2003). Da qui comincia una nuova impresa di Corallo che ha intenzione di impiantare una società di gioco in Italia, progetto che, secondo l’accusa, viene in qualche modo agevolato da Gianfranco Fini. Corallo si muove speditamente, piazza la sua società tra le dieci che esercitano il gioco in Italia, e dispensa milioni non a Fini, bensì alla famiglia della moglie Elisabetta Tulliani. Una dozzina di milioni complessivamente finiscono nella disponibilità dei Tulliani versati da Corallo. Tutto sembra filare liscio quando accade il «caso Montecarlo», cioè il cognatino di Fini acquista per sé, ma con i soldi di Corallo, e attraverso una sfilza di società di comodo, un appartamentino a Montecarlo al boulevard Princesse Charlotte che apparteneva ad Alleanza nazionale in quanto donato al partito dalla contessa Colleoni. I giornali, soprattutto «l Giornale» di Sallusti, si occupano della vicenda, Fini prima nega tutto, ma davanti a prove inconfutabili dice: «Sono un coglione, ma non mi sono mai messo soldi in tasca». In effetti i soldi erano finiti alla famiglia della moglie Elisabetta, il cui fratellino, intanto, vistosi scoperto, era fuggito con la fidanzata a Dubai dopo avere venduto l’appartamento di Montecarlo (acquistato per 350 mila euro e rivenduto a un milione e 200 mila). In sostanza Gianfranco Fini si era dato dello stupido presumibilmente per farsi passare come vittima della cupidigia e dei raggiri della famiglia della moglie.

Ma non basta, perché Francesco Corallo, che fino a quel punto era solo un imprenditore generoso, si presenta un giorno dal presidente del Banco popolare di Milano, Massimo Ponzellini, un manager che era allora in auge anche per essere presidente della Impregilo che doveva costruire il Ponte sullo Stretto. Ponzellini lo avevo conosciuto al Ferrarotto di Catania nella stanza del cardiochirurgo Corrado Tamburino (lo aveva salvato da un attacco cardiaco mentre era agli spettacoli classici di Siracusa). Allora Ponzellini era sulla cresta dell’onda. Quando Francesco Corallo gli chiede un finanziamento bancario di 140 milioni di euro per acquistare dello slot machine di nuova generazione, Ponzellini gli dice di sì in cambio di una futura consulenza di 7 milioni. Onestamente non sappiamo se Ponzellini abbia mai avuto quei 7 milioni promessi, ma di certo, quando è venuto tutto alla luce, è finito in guai giudiziari e la sua brillantissima carriera è stata stroncata.

Francesco Corallo, visto che il terreno scottava nonostante pare che non avesse preso un soldo dalla banca di Ponzellini, si precipitò a Catania, andò ad abbracciare la madre, si recò all’ufficio Anagrafe per rinunciare alla cittadinanza italiana e poi si rifugiò nella sua residenza ai Caraibi. Solo nel dicembre scorso è stato arrestato e ora è stato tradotto in Italia, dove probabilmente finirà ai domiciliari in attesa di processo. L’accusa è di avere compiuto un riciclaggio di grandi dimensioni non avendo pagato le imposte sulle giocate, evasione calcolata in circa 200 milioni.

Ora la domanda è questa: Francesco Corallo accuserà Gianfranco Fini di essere suo complice e di avere pagato per questo la famiglia dell’ex presidente della Camera, oppure cercherà di sbrigarsela da solo senza accusare nessuno? Ma come giustificherà le cospicue elargizioni alla famiglia dell’ex terza carica dello Stato? E Fini come giustificherà i milioni di Corallo arrivati in famiglia? Dirà ancora una volta: «Sono soltanto un coglione»?

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