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Il “j’accuse” di Serafina Strano: «L’Asp di Catania corresponsabile della violenza che ho subito»

Di Redazione |

“Credo che la magistratura dovrebbe avviare un’azione, oltre che nei confronti del mio aggressore, anche nei confronti di quelli che sono i corresponsabili di quello che mi è successo, ovvero i dirigenti dell’Asp”. Lo ha detto Serafina Strano, la dottoressa di Trecastagni sequestrata e violentata per oltre due ore mentre svolgeva il suo lavoro presso la guardia medica del paese del catanese intervenendo a Palermo a un’iniziativa per far luce sulle condizioni delle donne medico e sui rischi a cui sono sottoposte nei luoghi di lavoro.

«Lavoravo in un tugurio dove non avevo nulla, solo un lettino per le visite, lo stesso ancora utilizzato dai miei colleghi; un lettino fragile che non reggerebbe un paziente sovrappeso. Però la ministra Lorenzin diceva che in quella guardia medica andava quasi tutto bene».

Durissimo anche il marito della dottoressa: «Alla guardia medica di Trecastagni non è cambiato nulla. I dispositivi di sicurezza di cui parlano, il telefono, il pulsante di emergenza, sono dispositivi non certificati, acquistabili da chiunque anche su Internet. Non è un dispositivo di sicurezza se basta tirare dei cavi, come è successo, per poterlo mettere fuori uso. Non c’è nessun videocitofono».

«Mia moglie non avrebbe motivo di millantare situazioni che non esistono. Racconta solo come stanno le cose – aggiunge, facendo riferimento anche alla risposta del ministro della Salute Beatrice Lorenzin in merito all’assenza delle istituzioni denunciata nei giorni scorsi dal medico – E’ una donna che ormai non ha più paura di nulla. Credeva di morire quella notte e paradossalmente si è salvata perché è riuscita a fuggire per qualche minuto in strada, il luogo meno sicuro, e gridare aiuto. L’unico mio rammarico è non averla potuta proteggere».

«Dopo l’incubo di quella notte ho capito che i media erano l’unico mezzo per far capire quello che era successo, per portare avanti una battaglia che non è solo mia ma di tutte le donne che lavorano in quelle condizioni. Ho incontrato tanti giornalisti bravi ma ho anche toccato con mano quello che succede nei giornali» ha aggiunto Serafina Strano che ha aggiunto: «Alcuni servizi della Rai sono stati tagliati – racconta – All’ultimo sono arrivate telefonate ai giornalisti, penso di politici o dirigenti Asp, per tagliare l’intervista, per non fare vedere il tugurio in cui ero costretta a lavorare e in cui ho vissuto quell’incubo».COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA