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Il parroco catanese in Cile che ha “accolto” Papa Francesco

Di Maria Ausilia Boemi |

Una visita, tuttavia, difficile per il Papa, oggetto di contestazioni nei giorni precedenti: «Gesti molti isolati messi in atto da qualche balordo», sottolinea don Marco. «La visita del Papa – spiega – è stata criticata soprattutto per i costi». A pesare poi lo scandalo pedofilia: «Sicuramente – sottolinea il sacerdote catanese – il contesto sociale ed ecclesiale non è quello che ho trovato 12 anni fa quando sono arrivato in Cile. All’epoca la Chiesa godeva del retaggio della stima per come aveva affrontato, gestito e accompagnato la gente nel periodo della dittatura. In questi 12 anni ho assistito a un cambiamento molto forte dal punto di vista sociale, dello sviluppo, della mentalità e la Chiesa ha perso parte di questa stima anche a causa degli scandali sulla pedofilia e di cui il Papa ha parlato immediatamente». Don Marco descrive così una «Chiesa scesa dal piedistallo», ma anche «una polemica che ha messo in ombra il valore universale della visita del Papa, il che a mio parere è un atteggiamento un po’ miope, non solo alla luce della visita recente, ma anche della storia del Cile marcata dal valore della visita di Giovanni Paolo II in piena dittatura».

Quanto allo scandalo pedofilia, che è deflagrato «come una bomba», don Marco ammette che «sicuramente ha tolto prestigio alla Chiesa come istituzione, ma non alla proposta personale. Il Papa nell’omelia ha detto che Gesù parlava ai singoli volti della moltitudine, era un cuore che cercava altri cuori. Quando mi chiedono cosa fai in Cile, a volte rispondo che sono un giardiniere a cui sono affidati dei semi e che cerca di fare il possibile per custodirli e coltivarli. Questo livello di proposta e di incontro personale è un punto fondamentale di quello che è accaduto in questi giorni. Il prestigio o meno della Chiesa non intacca la necessità di un incontro personale e non cancella dal cuore dell’uomo il desiderio di una proposta all’altezza dell’anelito di felicità, di bellezza, di amore, di infinito che lo caratterizza».

Tanti i momenti emozionanti in questa due giorni col Papa, che «mi ha mostrato cosa vuol dire essere giovani ed essere padri. Francesco ha detto ai giovani: “Voi siete fatti bene, avete un desiderio grande, cercate interlocutori all’altezza di questo desiderio. Non dovete rassegnarvi, non dovete chiudervi in un mondo piccolo, il vostro desiderio di felicità, di bellezza, di giustizia, di amore lo ha messo Dio ed è chiamato a fiorire”. Per me è stato un richiamo ad essere luminoso. Una psicologa cilena sostiene che i giovani sono caratterizzati da un rifiuto a crescere. E i miei ragazzi me lo hanno confermato più volte. Ma il motivo che adducono non è il non volersi assumere le responsabilità della vita adulta, ma il non volere diventare tristi e opachi come gli adulti che hanno davanti, adulti che hanno dimenticato il desiderio di felicità, di pienezza, di cambiare il mondo insito in ognuno. Questa è una società molto occidentale, dove sei qualcuno solamente se hai successo economico, se raggiungi obiettivi di successo. La nostra parrocchia, con i suoi 90mila abitanti, abbraccia diversi settori, alcuni molto degradati e violenti, altri basso borghesi. Ma la povertà non è solo quella economica: come mi faceva notare recentemente una ragazza, la povertà risiede nel non avere saputo comunicare ai giovani una proposta valida, che dia loro un motivo per alzarsi al mattino. I giovani si chiedono: chi ci insegna a vivere? Chi parla al nostro cuore, al nostro desiderio di felicità? Il Papa ha parlato ai poveri in tutti i sensi, mi sembra». Ed è lì che forse è racchiuso il significato della visita del Papa in questo Paese ai confini del mondo: «Lo scopriremo prossimamente. All’apparenza il mondo va da un’altra parte, quindi l’unica conseguenza della visita del Papa potrebbe essere un momento emozionante. Ma la sfida della sua visita è di essere un momento potentemente emotivo che ci deve accompagnare nel tempo. La sfida che il Papa ha lanciato a giovani ed adulti è stata che “il mondo, il Paese ha bisogno di voi”».

Un prete, don Marco, che era un radicale, perché «radicale significa andare alla radice delle cose: quando ero giovane avevo tante idee nella testa, alcune molto strane, però avevo soprattutto un grande desiderio di pienezza, di felicità duratura, di amore vero, di dare la vita per qualcosa di grande. Nell’incontro con Cristo ho trovato la risposta e ora continuo a cambiare il mondo facendo il giardiniere con questi ragazzi che mi sono affidati. Offro loro l’esperienza di bellezza che ha cambiato la mia vita: il cuore ha desiderio di felicità, di pienezza, di vita intensa e vera. Io ho trovato la fonte che fa sì che gli ideali della gioventù non si opacizzino, non si svuotino, non si diluiscano. E la voglio offrire a questi miei amici. Cambio il mondo facendo il giardiniere di questi amici che mi sono affidati».

Anche per questo don Marco sostiene che il posto dove vive è il più bello del mondo: «Lo è perché è il posto che mi è affidato e a cui sono stato affidato. Ho ricevuto anch’io una promessa di pienezza, Dio mi ha fatto una promessa di fedeltà e la sta mantenendo alla grande». Nei giovani cileni don Marco vede «un’apertura, una semplicità e una freschezza di cuore che mi entusiasma. Questa è la cosa che più mi colpisce, sono sensibili alla bellezza, sensibili allo sguardo che fa fiorire».

La scheda. Don Marco Aleo, 46 anni, catanese, è stato ordinato sacerdote nel giugno del 2006 e, dopo pochi mesi, è stato inviato a svolgere la sua missione pastorale a Santiago del Cile, in una parrocchia di frontiera che si trova nella periferia degradata della capitale di Puente Alto. «Tra i banchi di scuola del liceo Spedalieri, discutendo con l’insegnante di religione- spiega -, mi chiedevo come era possibile che ci fosse qualcuno credente, felice, intelligente. Volevo scoprire il suo segreto». E ci è riuscito, trovando nella fede, che si esplica ogni giorno in Cile, «l’incontro che fa scintillare gli occhi, la fonte che non fa svuotare e diluire gli ideali e l’anelito dei giovani a bellezza, giustizia, felicità».

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