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Acireale: il sindaco Barbagallo, il geologo amico, le consulenze e i progetti “facili”

Di Concetto Mannisi |

A Barbagallo viene contestato il reato di induzione alla corruzione perché, a detta degli inquirenti, avrebbe cercato di garantire i voti della famiglia degli ambulanti Principato al deputato regionale Nicola D’Agostino, non indagato, da tempo suo politico di riferimento. E per fare ciò, stando a quanto si legge nell’ordinanza del Gip Giovanni Cariolo, avrebbe inviato il luogotenente della polizia municipale, Nicolò Urso, proprio a fare degli accertamenti nei riguardi dei due uomini, fratelli gemelli, e del loro mezzo parcheggiato sulla pubblica via. Ciò per far sì che i Principato si rivolgessero a lui, come in effetti è avvenuto, per risolvere la questione.

Un modo di agire fin troppo disinvolto, che però è l’unico in cui il Gip ravvisa dei comportamenti gravi del Barbagallo, arrestato proprio perché avrebbe potuto reiterare la condotta in considerazione del fatto che D’Agostino era e resta candidato del Pd nelle nazionali del prossimo 4 marzo. In tutti gli altri capi contenuti nell’ordinanza Barbagallo non appare coinvolto, anche se ci sono riferimenti a frequenti affidamenti di lavori pubblici a questa o a quella impresa, nonché a incarichi professionali al geologo Alessio D’Urso, anch’egli indagato, considerato uomo di fiducia di Barbagallo e D’Agostino e per questo capace di spendere qualche parola anche all’interno degli uffici comunali che il ruolo di consulente lo portava a frequentare. D’Urso sarebbe stato favorito da Giovanni Barbagallo (Capo area tecnica del Comune di Acireale) e Salvatore Di Stefano (Rup delle opere pubbliche di messa in sicurezza dei torrenti Lavinaio-Platani e Peschiera, nonché di un costone interessato da movimento franoso), che avrebbero finto di procedere con indagini di mercato prima di garantire al professionista un ruolo attivo – e conseguenti introiti – in tali lavori.

I nomi di Giovanni Barbagallo e Salvatore Di Stefano, si rincorrono nelle indagini della Guardia di finanza. I due sono protagonisti della strana storia relativa alla richiesta di contributo presentata dal Barbagallo per presunti danni subiti in occasione della tromba d’aria che investì Acireale il 5 novembre 2014. La commissione incaricata di valutare la reale consistenza dei danni, di cui anche il Di Stefano faceva parte, più volte rispedì la richiesta al mittente, partendo dal presupposto che i muri della casa in questione erano spessi 60 centimetri e non potevano aver subito i danni denunciati dal Barbagallo. Alla fine, secondo quanto chiarito dalle Fiamme gialle, sarebbe stato il Di Stefano (quello dei collaudi mai effettuati al cimitero di Acireale: «Mu dici che sto collaudando?» alla ditta amica) a firmare la pratica. Una pratica che non esiste più poiché – unica fra le presentate – è scomparsa dagli archivi dell’ufficio interessato, tanto è vero che è stata sporta denuncia ai carabinieri.

Il nome di Barbagallo e di Di Stefano viene fuori anche nella vicenda in cui è rimasta gravemente invischiata Anna Sapienza, che in qualità di consulente del Coni per la Sicilia orientale e saldamente in contatto con il rappresentante in Sicilia del Credito sportivo, Gianluca D’Antoni (nipote del presidente regionale del Coni, Sergio), era chiamata ad esprimere dei pareri sulla fattibilità di determinate opere nel settore dell’impiantistica sportiva. Considerando che da tali pareri determinavano la concessione delle contribuzioni agli enti interessati, ecco che, a detta delle Fiamme gialle, la Sapienza poteva permettersi di sponsorizzare qualcuno per un incarico retribuito (l’ingegnere Garilli, nell’occasione) o chiedere qualcosa addirittura per se stessa. Tali situazioni si sarebbero verificate sia ad Acireale (per il rifacimento della pista di atletica del Tupparello) sia a Malvagna (per la realizzazione del campo di calcio del centro messinese), con procedure comparative fra professionisti “approntate” a tavolino allo scopo di favorire gli amici, mentre in un caso, citato nell’ordinanza, l’ex campionessa di hockey sarebbe rimasta delusa dall’atteggiamento del presidente pro tempore del Cus Messina, che aveva presentato un progetto per la copertura dei campi da tennis: «Non vengono da me? – dice al marito – Non gliela dò l’approvazione: devono fare delle modifiche». Il presidente del Cus Messina poi dichiarò agli investigatori che lui era soltanto uno sportivo e che non poteva avere o badare ad altri interessi, per questo seguì l’iter burocratico e rispettò le indicazioni della Sapienza, ottenendo poi l’accesso al contributo richiesto.

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