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Sospetta “parentopoli” al concorso per diventare guida dell’Etna

Di Francesco Vasta |

CATANIA – Su 19 ammessi, dieci sono figli o parenti di componenti del direttivo e guide del Collegio regionale delle guide alpino-vulcanologiche. Muove da questo ma anche da una fitta serie di presunte irregolarità l’esposto che ha gettato l’ombra della parentopoli sull’ultima selezione dei partecipanti al corso di formazione per nuove guide. Si tratta delle uniche figure autorizzate a condurre turisti fino ai crateri dell’Etna e dello Stromboli, formate e abilitate attraverso un corso che, in Sicilia, non si vedeva da decenni. Dal 2016 ad oggi, invece, il Collegio ne ha banditi due, da venti aspiranti guide ciascuno. Sull’ultimo, adesso, s’indaga. La Procura di Catania ha aperto un’inchiesta.

Nello scorso fine settimana i carabinieri hanno acquisito gli incartamenti delle prove fisiche svoltesi lo scorso 3 maggio nel bosco Ragabo, sul versante nord dell’Etna. Tutto nasce da un esposto che mette in fila alcuni elementi che, a detta dei denunciati, sarebbero la prova dell’avvenuto inquinamento dell’esito delle selezioni. I test – tra cui una prova a tempo di orientamento senza gps nel bosco – servivano a individuare fra 104 aspiranti guide solo venti fortunati. I meglio piazzati, tra cui i parenti di presidente e altri membri del Collegio, hanno avuto accesso a una prova teorica e, da ieri, alle lezioni del corso che, una volta terminato, li farà entrare nell’élite dei professionisti della montagna. Eppure, a detta dei denuncianti, le modalità di svolgimento della prova fisica non avrebbero garantito trasparenza e parità di trattamento. Le coordinate da rintracciare sulla mappa avrebbero portato alcuni partecipanti in punti del bosco senza checkpoint. 

Per la deputata del M5s all’Ars, Angela Foti, l’avvio dell’inchiesta «dimostra che i nostri dubbi erano fondati». «Ora – aggiunge – la Regione si muova, congelando in autotutela gli esiti delle prove del concorso rendendosi garante dell’imparzialità della pubblica amministrazione, a difesa dei diritti e delle legittime aspettative di tutti i cittadini siciliani». «Già la scorsa settimana – ricorda la deputata – avevo denunciato, con un’interrogazione parlamentare, le presunte irregolarità e l’annessa parentopoli auspicando l’adozione di provvedimenti da parte della Regione, anche alla luce di una serie di esposti presentati alla magistratura». La deputata aveva anche auspicato la costituzione di una commissione parlamentare di indagine sulla vicendaCOPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA