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Catania, il paradosso del dosso: è vietato da tutti i regolamenti

Di Vittorio Romano |

I dossi sono stati costruiti con il dorso piatto affinché si potesse raggiungere un altro obiettivo: essere utilizzati come passaggi pedonali al di sopra della sede stradale e dell’acqua che si accumula quando in città piove a dirotto. Fatto questo, il Comune ha ritenuto di aver raggiunto il suo scopo: automobili e moto frenate dalla presenza dei dossi, anche al prezzo di qualche ammortizzatore e di qualche copertone sostituito da chi, soprattutto di notte, li vede all’ultimo momento o li scambia per semplici strisce pedonali.

E allora tutto bene così? Non sembrerebbe, e per una serie di motivi. Il Piano viario del Comune di Catania, approvato con delibera consiliare del 22 aprile 2013 (Bianco sarebbe stato eletto sindaco qualche settimana dopo), vieta al comma 2 “l’impiego dei dossi rallentatori su strade che costituiscono itinerari preferenziali dei veicoli impiegati per il pronto soccorso e il pronto intervento”. Lo stesso comma rincara la dose specificando che in ogni caso “sono da intendersi tali tutte le strade che fanno parte della rete viaria principale e secondaria, ivi comprese le strade di quartiere”.

Vabbè, si potrebbe obiettare, magari il Codice della strada dice un’altra cosa e la Giunta Bianco ne ha tenuto conto. E invece no. Il Piano viario del Comune si sposa con l’articolo 179 del Codice della strada, che limita la collocazione dei dossi rallentatori nei parchi, nei residence e nelle strade residenziali. Ma si sposa anche con la nota del 15 marzo 2007 del ministero dei Trasporti di analogo contenuto.

Ora, non c’è alcun dubbio che le strade dove il Comune ha collocato i dossi siano “reti principali o secondarie della città” e che vengano utilizzate dai mezzi di pronto soccorso e delle forze dell’ordine: il lungomare è giornalmente percorso da decine di ambulanze che fanno andirivieni soprattutto con l’ospedale Cannizzaro; il corso Italia è la via principale anche per raggiungere il vecchio ospedale Garibaldi e il Vittorio Emanuele ed è utilizzato dalle forze dell’ordine e, in special modo, dalla polizia di Stato che ha proprio in quell’arteria il Reparto Mobile.

E che dire della via Vincenzo Giuffrida? Basta appostarsi davanti a uno qualunque dei dossi rallentatori per vedere in un breve lasso di tempo ambulanze, volanti e mezzi dei vigili del fuoco fare repentine e azzardose frenate o sobbalzare pericolosamente (immaginate dentro un’ambulanza un politraumatizzato o un infartuato al quale si stanno già prestando i primi indispensabili soccorsi).

Per quanto riguarda la qualifica di “strade primarie o secondarie”, la via Vincenzo Giuffrida consente l’accesso in città a chi proviene dai paesi montani, pedemontani e dall’autostrada A 18; il lungomare è percorso da chi proviene dalle zone residenziali della scogliera e dai paesi marinari e il corso Italia anche da chi deve raggiungere il Tribunale e gli uffici giudiziari.

Sicuramente qualcuno osserverà, da un lato, che finalmente la velocità media si è attenuata, con sensibile calo del rischio per i pedoni e di incidenti in generale, supportato magari da chi tirerà in ballo tecnicismi a difesa dei manufatti e della loro legittimità (richiamando la nota 2867/2001 del ministero dei Lavori pubblici che consente gli attraversamenti pedonali rialzati, i quali però, a parer nostro, sono ben altra cosa dato che servono per raccordare le altezze dei marciapiedi e non devono causare sobbalzi ai veicoli in transito), e qualcun altro sosterrà, dall’altro lato, l’inderogabilità delle norme e la loro violazione proprio dall’ente che le ha emanate nel 2013 (il Comune di Catania), evidenziando che ben altri metodi possono portare allo stesso risultato (per esempio gli autovelox).

Qualcuno, infine, ha fatto notare che non è stata mai collocata la segnaletica verticale imposta dalle stesse norme citate, che deve indicare chiaramente a chi guida la presenza dei dossi rallentatori sulle strade.

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