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Catania: si accaparravano i minori migranti per i soldi e poi li chiamavano “zingari” e “porci”

Di Redazione |

CATANIA – Minori stranieri sbarcati sulle coste italiane definiti “zingari” e “porc”, vittime di maltrattamenti, privati del diritto allo studio e di farmaci e costretti a vivere in locali con gravissime carenze sanitarie strutturali e privi di autorizzazioni, con la complicità di un ex dipendente del Comune di Catania, che vi dirottava i minori pur sapendo che non avevano i requisiti per la gestione. Un altro amministratore, del Comune di Sant’Alfio, avrebbe rilasciato false certificazioni. E’ il quadro che viene fuori dall’inchiesta, coordinata dalla Procura di Catania, che ha portato all’arresto del responsabile di due cooperative che gestivano sei centri di accoglienza per minori, Giovanni Pellizzeri, 56 anni, e del figlio Mario, 29 anni,con le accuse, a vario titolo, di corruzione, falso in atto pubblico e maltrattamenti. Una loro collaboratrice, accusata di maltrattamenti, è stata raggiunta da divieto di dimora.

Nell’inchiesta sono indagate altre sette persone. I provvedimenti restrittivi sono stati emessi dal Gip su richiesta della Procura etnea. L’inchiesta ha consentito di far luce su una gestione non conforme alla legge, che gli investigatori hanno definito «illecita e truffaldina», dei centri di accoglienza. L’indagine ha preso avvio da alcuni fatti di violenza segnalati nel 2014 in alcune comunità di accoglienza. Le cooperative gestivano centri di accoglienza dove erano ospitati 196 minori per un giro d’affari di due milioni di euro. 

«E’ ovvio che non si deve fare di tutta l’erba un fascio. Vi sono centri di accoglienza certificati che sono motivati da scopi di solidarietà e questi operano bene. Ma dobbiamo essere assolutamente severi nei confronti di quelli che invece, speculando sul bisogno ed approfittando di questa situazione emergenziale, non fanno il loro dovere», ha detto il Procuratore della Repubblica a Catania, Carmelo Zuccaro, incontrando i giornalisti in merito all’operazione “Camaleonte”.

«Quello che oggi emerge – ha osservato – è quello che spesso abbiamo temuto e che già in parte avevamo accertato: in una situazione emergenziale, non bastando i centri di accoglienza certificati dagli organi dello Stato, dalle prefetture, si deve far ricorso ad altri centri accreditati dai Comuni e non sempre questi centri rispondono ai requisiti».

«Abbiamo delle intercettazioni sconvolgenti – ha aggiunto Zuccaro – in cui questi ragazzi accolti vengono definiti come degli zingari e dei porci e si dice che come tali devono essere trattati. Anche di questo dobbiamo essere consapevoli. Persone che vengono qui in condizioni di indigenza, in una situazione difficilmente gestibile, spesso finiscono per essere oggetto di speculatori».COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA


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