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La scommessa vinta della “Casa del tè”

Di Giorgio Romeo |

Raddusa (Catania) – Per arrivare a Raddusa è necessario uscire dall’autostrada Palermo-Catania e addentrarsi in una strada tortuosa, le cui curve si alternano tra le province di Catania ed Enna. Una volta arrivati in paese ci accoglie un cartello con la scritta “Città del grano” ricordandoci quale fosse l’attività economica prevalente di una cittadina che oggi, un po’ come tutto l’entroterra, ha subito un calo demografico importante. Immaginare di trovare in un contesto come questo una casa costruita secondo i criteri del Feng Shui sembrerebbe perlomeno fantasioso.

Eppure la scommessa di Salvo Pellegrino e dei soci della “Casa del tè” è stata proprio quella di puntare sul proprio territorio d’origine. «Ho lasciato Raddusa nell’82 – ci racconta – e per trent’anni ho girato il mondo lavorando come pasticcere e studiando il tè». Londra, Parigi, ma anche la Cina e il Giappone sono state le mete di Salvatore, che tra un lavoro per “Twinings” e uno per “Palais des thés” non ha mai abbandonato l’idea di rientrare nella sua isola.

«L’occasione si è presentata nel 2000 – continua – quando i miei genitori sono andati in pensione. Ero già divenuto maestro cerimoniere del tè e decisi di trasformare la dolceria di famiglia in un museo nel quale esporre le rarità che avevo collezionato negli anni». Per entrare nella casa del tè bisogna togliersi le scarpe. Poi ci si addentra in un altro tempo, attoniti di fronte ai ventimila manufatti che vi sono esposti: dalle preziose tazze “Raku” realizzate a mano e cotte in una fossa scavata nel bosco alle cinquecento teiere della città di Yixing, realizzate in terracotta porpora “zisha”. Ci sono i servizi utilizzati per le cerimonie nell’area mediterranea, quelli provenienti dal vicino e dal lontano Oriente. Al piano superiore troviamo invece una stanza delle cerimonie, con i tatami in paglia di riso e un lanternino che viene aperto per equinozi – il 21 settembre e il 21 marzo -, occasioni nelle quali la luna riflette dentro il bollitore del 1810 appartenuto a una famiglia di Samurai. In un angolo troviamo anche la teiera e la tazza più grandi del mondo (rispettivamente da 15 e da 18 litri) realizzate dai ceramisti di Caltagirone ed entrate nel guinness dei primati.

«Il record di cui vado più orgoglioso – continua Pellegrino – è però quello relativo alla nostra raccolta di tè. Ne abbiamo raccolte 620 varietà in tutto il mondo». Tra quelli più rari, una tavoletta di “Pu’er” usata come dono di fidanzamento dalle famiglie benestanti in Cina, i tè invecchiati nei nidi di rondine della Cambogia e nelle tegole in Tibet.

«La nostra è un’associazione no profit – racconta ancora Pellegrino – e la visita al museo è assolutamente gratuita. La maggior parte dei visitatori arriva in gruppo. In gran parte sono scolaresche, cui spieghiamo anche le tecniche di coltivazione del tè e delle piante officinali, ma molti sono anche studiosi che vengono per la nostra piccola biblioteca sulle arti orientali che conta circa 2000 volumi».

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