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Bruna Ferro Carussin: «Sull’Etna mi sento a casa»

Di Carmen Greco |

Zafferana Etnea (Catania) – «Ho cinquemila amici su facebook?, Ma qualcuno non potrebbe venire a darmi una mano in cantina?». Bruna Ferro Carussin ha la pragmaticità dei piemontesi del Monferrato. Concreta e spumeggiante come il suo moscato, si definisce una che “non fa vini, fa agricoltura”, anzi, fa cibo. “Non moriremo mai di fame, il denaro non lo mangiano nemmeno le galline”. Nell’azienda di famiglia a S. Marzano Oliveto, un piccolo Comune del Sud Monferrato Astigiano, (sulle colline tra Nizza Monferrato e Canelli), produce Barbera e Moscato secondo i metodi della coltivazione biologica e biodinamica. Con il marito Luigi e i figli Luca e Matteo, continua il lavoro iniziato nel 1927 dal nonno Maggiore.

Questa ”artigiana della terra”, che ha fatto della sua azienda anche una fattoria didattica con asini, pecore cani e gatti, bazzica la Sicilia da vent’anni e ai siciliani vende il suo moscato. «Ma non ha niente a che vedere con il moscato siciliano – precisa sorridendo – è una cosa leggera che si sposa benissimo con la vostra pasticceria, le mandorle, le ricotte, con questi zuccheri sempre molto “grassi”, il moscato ti pulisce la bocca e ti viene sempre voglia di continuare a mangiarli. Sicuramente non posso vendere Barbera in Sicilia. La Sicilia tutta, per me, è una terra benedetta, sono molto “invidiosa” degli agricoltori siciliani qui c’è tutto».

Bruna, come la chiamano tutti, non ha resistito a tagliare “femminelle” (i germogli che nascono dalle gemme pronte dei tralci dell’anno) nella tenuta biologica di “Monaci delle Terre Nere” a Zafferana Etnea con il padrone di casa Guido Coffa e con Francesco Guccione, anche lui produttore biodinamico in contrada Cerasa, nel territorio del comune di Monreale, dall’altra parte della Sicilia. Un confronto- incontro di sapori e di saperi sull’agricoltura senza chimica, naturale, biodinamica. «C’è una sola agricoltura – taglia corto Bruna Carussin – ed è un’agricoltura di rispetto della terra, il resto è industria». Non demonizzo chi usa tecniche che io non approvo, ma mi chiedo come faccia a vivere. Prendiamo il grano. Quando vendi un quintale di grano a 17 euro al quintale e il pane costa mediamente 4 euro al chilo, non ti vergogni nei confronti del contadino che ti ha venduto quel grano?».

Attorno al mondo dell’agricoltura “naturale” c’è molta attenzione. E’ una moda o è vera consapevolezza?

«C’è un po’ di moda, ma esiste anche una piccola parte di consumatori che fa fatica ad acquistare, la stessa che facciamo noi agricoltori a produrre. Se vai in un grande centro commerciale non è come andare a comprare il formaggio dal contadino che magari quel giorno non c’è perché ha la vacca che partorisce. Eppure è proprio chi fa il gesto di andare a comprare quel formaggio che ci sostiene. E’ una fatica, certo, ma è una fatica che ti sazia, e non solo perché mangerai un buon prodotto. Ti sazia anche a livello mentale perché ti dà la libertà di “scegliere il cibo” cosa che in un centro organizzato non potresti fare».

Noi poveri cittadini più o meno omologati, arriveremo a conquistare questa libertà o siamo perduti?

«Non si è mai perduti. La famiglia media deve fare un’evoluzione, e non si può generalizzare nemmeno spostando il discorso sul piano economico. Non puoi permetterti di comprare un pollo ruspante perché ti costa una follia? Non accontentarti di un pollo allevato in serie, compra una buona papata, una buona cipolla, una buona verdura, un uovo buono, mangi ugualmente, ti sazi, ma di cose buone».

Secondo lei la Sicilia a che punto sta di questa “evoluzione”? Cosa manca a questo territorio?

«Quello che manca in tutt’Italia, il consumatore informato. In Piemonte abbiamo appena rinunciato al Psr. Ci fanno paura questi contributi e questi meccanismi che non conosciamo. Io sono un po’ come i miei asini, quello che non capisco non lo faccio, a priori. Chiediamoci come mai le aziende come la mia vendano tutto all’estero e questa è una spina nel fianco per me perché io vorrei essere profeta in patria e vendere a casa mia, nella mia Italia. Invece vendiamo al 90% all’estero, perché lì il discorso dell’agricoltura naturale non lo devi più spiegare».

Anche voi in realtà non ci siete arrivati subito…

«Siamo passati al “naturale” attraverso quattro generazioni. Ricordo mio padre che negli anni ‘76-‘77 fece un passo indietro rispetto alla chimica in agricoltura, perché si accorse che, man mano, gli serviva sempre di più anche in cantina. Tornò drasticamente indietro e noi non raccogliemmo praticamente per circa tre anni. Fu un periodo terribile dal quale però arrivò la nostra consapevolezza. Oggi l’unica tecnologia che usiamo in cantina è quella del freddo».

Comprerebbe vigneti in Sicilia? Oggi lo fanno tutti…

«No, in Sicilia ci verrei a lavorare, ma senza responsabilità economiche».

Il vino siciliano che più la affascina?

«Da “barberista” che ama il rosso, dico i vostri bianchi, il Grillo, il Catarratto…».

E un confronto Barbera- Etna rosso?

«Si può fare. Ci sono altitudini, acidità… Non similitudini, ma devo dire che da piemontese barberista sull’Etna mi sento a casa, cosa che non mi succede con altri territori del vino in Sicilia».

@carmengreco612

chi èLa storia di Carussin è legata alla storia del vitigno piemontese per eccellenza, la Barbera. Si tratta di 15 ettari (80% coltivati a Barbera) condotti con coltivazione biologica e biodinamica che producono ogni anno 80mila bottiglie. L’anima di Carussin sono Bruna e Luigi con i figli Luca e Matteo. È la generazione che continua il lavoro iniziato nel 1927 dal nonno Maggiore. Luca si occupa della cantina ed è anche un appassionato mastro birraio: produce 24mila bottiglie all’anno di una birra molto apprezzata e premiata che si chiama “Clandestino”. Completano la famiglia: 10 asini, le pecore Burro e Osvaldo, tre cani Nero, Ami e Lina, due gatti Antrace e Tina. A Zafferana sono stati degustati il Barbera d’Asti 2015 “Asinoi”, Barbera d’Asti 2015 “Lia Vì” e il Moscato d’Asti 2015 “Filari Corti”.

INCONTROFrancesco Guccione, Guido Coffa e Bruna Ferro Carussin a Zafferana

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