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Il ristorante a Motta Camastra? A casa di Mimma & Co.

Di Carmen Greco - Nostra inviata |

Motta Camastra. I “maccarruni” con il ferretto scorrono veloci sotto il palmo delle mani di Jennifer e Roberta. Un’americana e una laziale si ritrovano in un vicolo di Motta Camastra ad imparare come si fa la pasta in casa. ”Docenti” attentissime e pazienti, le casalinghe del paese delle Gole dell’Alcantara che hanno dato vita ad un ristorante diffuso laddove di ristoranti non c’era più traccia da sette anni, quando l’ultimo (ma non pre la crisi ci tengono a sottolinerare) aveva chiuso i battenti.

Sono le «Mamme del Borgo», dodici donne tutte residenti a Motta Camastra che ogni domenica di luglio e agosto aprono le loro case e cucinano per i turisti, oltre che per le loro famiglie. Una festa nella festa, un modo intelligente per far conoscere davvero il territorio a chi si abbarbica per le stradine di questo paese di 800 anime (frazioni comprese) a due passi dalle Gole dell’Alcantara nel quale Francis Ford Coppola girò alcune scene del Padrino.

E’ qui tra i vicoli medievali che ogni domenica si apparecchiano tavolate proprio davanti la porta di casa per dare l’opportunità, a turisti e visitatori, di assaggiare le specialità della cucina “mutticiana”.

«L’idea è nata da un articolo che mi capitò di leggere su internet – racconta Mariangela Currò, presidente dell’associazione “La Gemma” in seno alla quale si è sviluppato il progetto “Mamme del Borgo” -. Parlava di un gruppo di casalinghe che avevano inventato in Puglia il primo ristorante diffuso, così ci siamo messe in contatto e loro mi hanno proposto di aggregarci sotto lo stesso “brand”, dato che avevano intenzione di diffondere l’iniziativa in tutt’Italia. Loro ci hanno dato le istruzioni e l’anno scorso abbiamo attivato il tutto. Considerato che qui a Motta sette anni fa era stato chiuso l’unico ristorante e i turisti non si fermavano, ci è sembrata un’idea valida e così è stato».

Il primo borgo “social eating” di Sicilia è stato così allestito nel 2016 – all’inizio con l’aiuto della Pro Loco per evitare le lungaggini burocratiche del settore pubblico – su modello di quello ideato a Tricase Porto (in provincia di Lecce). Tre case, tre postazioni nel quartiere “Annunziata”, in centro storico, dove si pranza o si cena con piatti che vengono cucinati in tutte le dodici cucine delle «Mamme del Borgo» e che finiscono non solo per riempire le pance dei turisti affamati, ma contribuiscono a muovere tutto un sistema di microeconomia di cui il centro dei Peloritani ha un gran bisogno. «Perché tutti i prodotti che utilizziamo – spiega Carmelo Lando, segretario dell’associazione – sono stagionali, a Km zero e li compriamo da produttori locali o dainegozianti del paese».

I turisti sono entusiasti e anche alle “mamme” l’idea di mettersi ai fornelli ogni domenica anche per persone che non fanno parte della famiglia non dispiace.

All’appello delle «Mamme del Borgo» rispondono: Mariangela Currò (la presidente), Raffaella Zambrano, Graziella Grasso, Claudia Grasso, Angela Scarpignato, Domenica Pafumi, Piera Pafumi, Maria Paola Zullo, Nerina Grasso. Uomini di fatica, sono Carmelo Lando (il segretario) e Alessandro Costanzo (addetto a cucinare la carne). Se qualcun’altra si volesse inserire deve necessariamente avere la residenza a Motta e, comunque, la sua eventuale “acquisizione” passerebbe dall’insindacabile giudizio delle socie fondatrici.

«Quello che mi piace di più è il contatto con la gente – dice Piera, non ci sono filtri ed è tutto molto diretto, incontri direttamente l’ospite. E poi ci piace anche incrementare un po’ il turismo nel paese che ultimamente è un po’ statico. In più socializziamo anche tra di noi. Sembra strano, ma anche se abitiamo nello stesso quartiere ci vediamo pochissimo. Adesso, con questa scusa, ogni domenica ci ritroviamo insieme anche per fare quattro chiacchiere e raccontarci tutto quello che ci è successo durante la settimana». «Tanto per andare al mare abbiamo gli altri giorni» osserva Maria Paola. «Lo sa cosa mi ha detto una turista straniera? – dice Mimma – “Mi sembra di essere a pranzo con la mia famiglia”. Sa quante volte ho aperto la mia casa per fare riposare qualcuno nella mia camera da letto? La casa è piccola ma il cuore è grande».

Le “Mamme (e anche nonne) del Borgo” coprono una fascia d’età che va dai 40 ai 60 anni, ma il loro saper fare in cucina guarda lontano, alle madri, alle nonne, alle zie, che hanno lasciato le ricette per la pasta, per la zuppa tipica la “Spulia”, per i mustazzoli, per i cuddrureddi, per l’agnello al forno, le tipiche “tortelle” (una pasta fritta in stampi di metallo e farcita con la crema), anche se nel menù non manca la più moderna panna cotta con la gelatina di more locali. Il resto lo fanno le eccellenze del territorio, i formaggi, le olive, il pane casareccio, le noci (per le quali a Motta si organizza ogni anno una seguitissima sagra tra settembre e ottobre).

«Molti stranieri, soprattutto le donne, sono molto interessati a come si fa la pasta in casa. In particolare – racconta Mariangela – vengono le famiglie con bambini, anche perché qui tra i nostri vicoli possono correre e giocare assieme ai nostri figli. I bambini vengono lasciati liberi, cosa che ormai nelle città è praticamente inesistente e questa cosa viene molto apprezzata. I bambini se ne vanno a giocare, i genitori magari vanno a fare un giro nelle viuzze particolari del paese, posti che da solo magari non avresti mai trovato. Alla fine, pranziamo tutti insieme è come un pranzo della domenica allargato, le nostre famiglie e le loro».

Ma quanto costa un pranzo (o una cena) dalle «Mamme del borgo»?. Venti euro a testa, tutto compreso, antipasto, primo, secondo, dolce e bevande in quantità (ci si prenota su facebook).

Un gruppo di turisti torinesi è seduto a tavola davanti casa di Mariangela. «E’ un’idea bellissima e l’abbiamo scoperta per caso, ti fa vivere davvero il paese. Lo consiglieremo ai nostri amici». «E’ bello il contatto con le persone reali – commenta Roberta Colelli, di Frosinone – e trovi le cose veramente tipiche perché le zone costiere sono ormai troppo turisticizzate. Stare qui, fare quest’esperienza ti restituisce, invece, il senso dei luoghi».

Esperienza, infatti, è la nuova parola magica del turismo. Oggi non si viaggia più, si “fanno esperienze”, si vendono esperienze, si cercano esperienze. Anche perché le “mamme” non si limitano solo a cucinare per gli ospiti, ma danno indicazioni turistiche, consigliano i luoghi da visitare, raccontano le bellezze del luogo tra un piatto di caponata e una polpetta in foglia di limone, un bicchiere di vino e una spremuta d’arance tardive. Le “mamme” organizzano attualmente circa una cinquantina di pranzi e, ogni domenica, finiscono in pentola venti kg di “maccarruni” fatti a mano. «Ma anche qualcosa in più – dicono – siamo sempre pronte al bis».

«Certo – ammette la presidente Mariangela – al momento riusciamo a coprire le spese e quel poco che resta lo reinvestiamo per migliorare l’accoglienza. Per esempio, abbiamo comprato le tovaglie, i teloni per difendere i turisti dal sole, abbiamo fatto fare i grembiuli con il logo delle “Mamme del Borgo” e altre picole cose. Vedere gente che viene da fuori, porta una novità anche per noi e comunque sono dei soldi che rimangono qui in paese. Il nostro obiettivo? Ci piacerebbe diventare una vera e propria impresa magari anche in collaborazione con qualche azienda del territorio. Potremmo diventare anche delle chef a domicilio. Una cantina dell’Etna ci ha già chiamato per allestire il pranzo in cantina per i loro ospiti. Siamo su Facebook, ma per il momento ha funzionato di più il passaparola. In un primo periodo ci siamo anche iscritte su Gnammo (una delle piattaforme di social eating più conosciute d’Italia ndr) ma non ha funzionato».

In paese l’iniziativa delle «Mamme del borgo» è stata accolta con una certa freddezza. Basti pensare al fatto che sul sito del Comune dove ci sono una serie di link per la promozione turistica, delle “mamme” non c’è traccia. Ma tant’é. Certo, la partenza del ristorante diffuso ha spinto anche l’unico bar esistente a preparare piatti espressi per i visitatori, a conferma che l’economia, quando si muove, si muove per tutti. Pare anche che l’idea del ristorante diffuso sia piaciuta anche ai comuni vicini di Graniti e Castiglione di Sicilia che forse si lanceranno in questa stessa avventura (tra l’altro proprio in questi giorni Motta Camastra e Castiglione si sono ritrovati assieme nel presentare l’itinerario bizantino della Valle dell’Alcantara).

twitter@carmengreco612

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