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Il Grillo si prende la rivincita. Piccoli vignaioli sfidano i grandi

Di Michele Guccione |

Allora si può fare! E qui nasce il motivo dell’articolo. Se persino un tradizionalista come me può accettare il connubio pesce-vino rosso, quanta quota di mercato ha perso il vino bianco nei ristoranti? Per mettermi in pace con la coscienza mi sono concesso un Grillo Doc a fare compagnia a un filetto di spigola di mare, che con questa calura rinfresca il palato, ma anche le idee. E ho notato una enorme differenza rispetto ai soliti Grillo in commercio. È bastata una breve indagine per concludere banalmente che è solo una questione di qualità e di moda. I consumatori potranno risolvere la querelle fra bianco e rosso seguendo, sì, le campagne di marketing, ma privilegiando alla fine le cantine che investono in qualità. Solo la corrispondenza fra le promesse della promozione e il contenuto della bottiglia può davvero orientare le scelte dei consumatori sulla carta dei vini.

Infatti ne sanno qualcosa in Sicilia i tantissimi piccoli produttori di Grillo, un prodotto tradizionalmente considerato “povero”, adatto ai giovani, non necessariamente di qualità e a prezzi assai abbordabili. Da quest’anno è scattato l’obbligo di imbottigliare solo Grillo che risponde ai canoni produttivi del nuovo disciplinare della Doc, così come da gennaio si impone ai colleghi vignaioli che producono Nero d’Avola. Leggere il termine Doc sull’etichetta di Grillo ne ha fatto un must assolutamente imperdibile per il popolo dei social che si da appuntamento nei locali della vita notturna. Grillo va di moda, va bevuto, ma adesso è anche buono, fa tendenza e si fa pagare pure un po’. Il mercato ha avuto un’impennata al punto che le cantine stanno faticando a rispettare le consegne. Eppure fino a dicembre scorso questo scenario sembrava un’utopia. Ecco la testimonianza di Maurizio Lunetta, direttore del consorzio Tutela Vini Doc Sicilia: «La situazione attuale, quindi prima delle nuove modifiche del disciplinare della Igt Terre Siciliane, vede una produzione di Nero D’Avola e Grillo di poco più di 53 milioni di bottiglie che vengono commercializzate in giro per il mondo a prezzi per lo più bassissimi e di qualità a volte non eccelsa. Più della metà di questa produzione viene confezionata fuori dalla Sicilia, rendendo ancor più difficile per gli organi di controllo verificare cosa realmente ci sia dentro queste bottiglie. Rimanere immobili di fronte alla costante dequalificazione dei nostri due vini più rappresentativi, avrebbe significato consegnare il Grillo e il Nero D’Avola alla triste classifica dei vitigni senza più anima e rassegnarci ad un prezzo delle uve ai limiti della redditività».

Dopo meno di un mese il mondo è cambiato, come spiega Lunetta: «La modifica della Igt Terre Siciliane, che confina i due vitigni nel recinto delle Doc siciliane (non solo Doc Sicilia ma anche le altre 17 Doc siciliane che possono utilizzare il Nero D’Avola e le 8 Doc che possono utilizzare il Grillo ed etichettarli come tali), è un tentativo non risolutivo di non dequalificare questi vini di fronte al consumatore e dare più valore alle uve. Con le Doc, a parte l’imbottigliamento in zona, il sistema di tracciabilità di ogni bottiglia è molto differente rispetto alle Igt. Per la Doc Sicilia, il Consorzio di tutela ha la facoltà di vigilare attentamente in Italia, all’estero e sull’e-commerce. La vigilanza, che sta dando i suoi frutti, ci sta consentendo di collaborare direttamente con gli uffici della repressione frodi a garanzia del produttore e del consumatore».

La Doc, però, ha anche rappresentato per migliaia di piccolissimi produttori l’opportunità di confrontarsi alla pari con le grandi aziende. È la sfida raccolta dalle cantine Paolini di Marsala, che associano un migliaio di piccolissimi vignaioli (in media tre ettari l’uno) che offre al mercato 200mila quintali di prodotto l’anno. Racconta il presidente, Gaspare Baiata: «La certezza che il consumatore avrà la tracciabilità del vino è il primo elemento positivo. Per chi produce rispettando le regole è una opportunità poter contare sui controlli effettuati dalla Doc Sicilia: solo chi non rispetta le regole può vedere nei controlli un pericolo».

«Per noi – conferma Baiata – che abbiamo aderito al progetto della Doc Sicilia c’è un altro vantaggio: da “piccoli contadini” abbiamo avuto la possibilità di confrontarci con i grossi produttori di uva e di vino della Sicilia, e insieme abbiamo avvertito la necessità di dare garanzie a chi produce e a chi consuma. E un Consorzio che funziona come quello della Doc Sicilia tutela anche noi piccoli. Credo che già quest’anno si vedranno le differenze anche dal punto di vista della redditività delle uve: al produttore qualche euro in più consentirà di potersi innamorare ancora di più del suo lavoro».

Davide contro Golia? Pare di sì. Dice il presidente del consorzio, Antonio Rallo: «La Sicilia potrà essere vincente solo se riuscirà a promuovere con un’unica voce le proprie produzioni. All’estero ci confrontiamo, per esempio, con un colosso californiano come Gallo, famiglia che confeziona 10 milioni di ettolitri, cioè più di cinque volte il vino a denominazioni o indicazioni siciliane. Solo un consorzio può mettere insieme le nostre energie per una promozione vincente».

I produttori hanno compreso che la rivincita del Grillo sul rosso abbinato al pesce parte da promozione e qualità: «Grillo e Nero d’Avola “solo” nella Doc Sicilia e protetti a “doppia mandata”. Così sarà possibile aumentare la qualità e il valore dei vini siciliani», sostiene il direttore regionale Coldiretti, Prisco Sorbo, che aggiunge: «Siamo pronti a fare squadra, nel rispetto dei ruoli di ciascun attore della filiera, per portare nel mondo la storia e la tradizione dei viticoltori dell’Isola».

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