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Morte Riina, Salvatore Borsellino: «Non mi parlate di perdono. Che vuol dire?»

Di Redazione |

Il tono della voce che si alza e diventa quasi rabbioso ogni volta che qualcuno accenna solo alla parola ‘perdonò. E le idee molto chiare sul significato che la morte di Riina avrà per chi è ancora alla ricerca della verità sulla stagione delle stragi. Perché – ragiona Salvatore Borsellino camminando avanti e indietro nell’ingresso dell’Itc Mattei di San Lazzaro di Savena (Bologna) – con la morte di Totò Riina, il capo dei capi che dichiarò guerra aperta allo Stato, “scompare un’altra cassaforte dopo quella vera scomparsa dopo la sua cattura» e «ci saranno tante persone che gioiranno del fatto che lui, morendo, non potrà più parlare».

Il fratello minore di Paolo Borsellino, Salvatore, è a Bologna per due incontri – il primo con i ragazzi della scuola e il secondo, nel pomeriggio nella sede della camera del lavoro sempre di San Lazzaro con, tra gli altri, gli avvocati Calogero Montante, Domenico Morace e Fabio Repici – nel quale parlare proprio di quella verità che ancora non c’è e che da oggi, per lui, è più lontana. Perché «se è altamente improbabile che un criminale della caratura di Riina potesse mai parlare è altrimenti tanto più improbabile se non impossibile che ci possa essere mai un pentito di Stato».

Ed è proprio al cuore dello Stato che il pensiero di Borsellino va anche nel giorno della morte del boss. Perché è proprio da lì, di un «pentito di Stato» che «purtroppo ci sarebbe bisogno per sapere la verità su quella scellerata trattativa che io ritengo abbia, se non altro, accelerato la morte di mio fratello». Se questo è un pezzo della verità che ormai mancherà, un ostacolo alla sua ricerca l’altro, per il fratello del giudice ucciso nella strage di Via D’Amelio, sta nella «distruzione delle intercettazioni di Giorgio Napolitano (ex presidente della Repubblica, ndr) perché, forse, se fossero state rese pubbliche, avremmo potuto avere le idee più chiare su quegli indicibili accordi di cui scrisse il suo consigliere politico D’Ambrosio prima che un ‘provvidenzialè infarto lo portasse via».

Ma se la verità è lontana, complessa, una cosa, da familiare di una delle vittime più note della ferocia di Riina è chiara: anche nel giorno della morte dell’uomo, non c’è spazio per il perdono. Non c’è ‘sensò – per Salvatore Borsellino – a parlare di perdono: «Posso perdonare mio figlio se fa una cazzata. Mi ci incazzo e poi lo perdono. Ma un assassino, un criminale: che cosa significa perdonare?».COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA