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Caporalato, nelle campagne catanesi

Caporalato, nelle campagne catanesi allarme per i nuovi schiavi dell’agricoltura

A Paternò braccianti stranieri pagati a 50-60 cent a cassetta

Di Mary Sottile |

PATERNÒ –  Eccoli, alle 4 del mattino, pronti alla partenza. Le piazze di ritrovo sono sempre le stesse, come sempre gli stessi sono i problemi. Piazza Regina Margherita (i famosi “quattro canti”); piazza Vittorio Veneto; via Giovanni Verga, piazza Stazione. Sono i punti di riferimento dei braccianti agricoli, zone che pullulano di lavoratori, oggi per la maggior parte stranieri, diretti in campagna. Forza lavoro da utilizzare per la raccolta degli agrumi e pagati con poche decine di euro, per la quasi totalità rigorosamente in nero, a fronte di un’intera giornata di lavoro. Negli anni, nonostante i controlli, le operazioni delle forze dell’ordine, le denunce di giornali e sindacati, nulla è cambiato, nulla si è mosso. Quest’anno, addirittura, un drammatico silenzio è calato sulla problematica per quasi l’intera stagione agrumicola.

Solo da qualche settimana le forze politiche e istituzionali sembrano essersi svegliate, dimenticando però che la campagna, almeno quella agrumicola, è praticamente finita. Si alza la voce quando ormai è troppo tardi, si cercano tavoli di concertazione mentre l’agrumicoltura, prima fonte di sussistenza dell’economia catanese, è praticamente morta. I braccianti agricoli ed i produttori, insieme a qualche commerciante, non hanno più la forza di parlare, di denunciare. «Tanto – dicono – non cambia nulla».

I produttori sono sul lastrico, quest’anno gran parte del prodotto è rimasto invenduto, troppo poco il prezzo offerto, che oscilla intorno ai 10 centesimi al chilo. E così le campagne si abbandonano, i braccianti agricoli diventano stranieri perché con loro è più facile sfruttare e sottopagare. Rumeni (uomini e donne), tunisini, marocchini, algerini, i principali Paesi di provenienza. Lo scorso anno, a Paternò, una colonia di rumeni venne trovata stipata in container, dove si viveva insieme, uomini, donne e bambini. Condizioni di assoluto degrado. Le donne erano anche costrette alla prostituzione.

Gli uomini che provengono dai Paesi africani e asiatici sono coloro che si adattano a dormire dovunque. Sempre lo scorso anno, a Paternò, vennero fatti sgombrare da una tendopoli, creata con mezzi di fortuna, in aperta campagna, nonostante le notti gelide. Qualcuno dormiva e dorme anche quest’anno, sotto i ponti della vecchia ferrovia di contrada San Marco. Va avanti così da tempo, nell’assordante silenzio di quanti preferiscono non sentire, non vedere, non parlare. Salvo, poi, svegliarsi quando è troppo tardi. Un palliativo che sa tanto di giustificazione per salvare la faccia. Occorrono fatti, l’agricoltura va salvata con azioni e non con semplici, banali, vuote parole.

E per denunciare la grave situazione che si vive in campagna, ancora una volta la Flai-Cgil di Catania scende in campo, per verificare in presa diretta cosa accade in campagna. Ed ecco che con una visita a sorpresa, nelle campagne del paternese, del segretario generale, Alfio Mannino, accompagnato da Pino Mandrà, della segreteria catanese, si trova l’ennesima conferma dei prezzi da sfruttamento percepiti dai lavoratori stranieri, pagati a cottimo circa 50-60 centesimi per cassetta, per arrivare a percepire non più di 30/35 euro al giorno. «La situazione è assai esplosiva e fuori controllo – dichiara Alfio Mannino, segretario generale della Flai-Cgil di Catania – Le Istituzioni non possono restare indifferenti e, tenuto conto che i provvedimenti legislativi necessari al contrasto tardano ad arrivare nella loro approvazione definitiva, è quanto mai necessario provvedere ad arginare il fenomeno con una opera straordinaria di contrasto.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA

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