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La Buona scuola e il diritto di un padre
20/03/2016 - 07:03
Tribunale del Lavoro gli consente il rientro per stare accanto al figlioletto
«Buona scuola»? Anche e soprattutto rimanendo vicino casa propria. La decisione del Tribunale del lavoro di Brescia, che accerta «il diritto del ricorrente a ottenere l’assegnazione temporanea anche in forma frazionata e per tre anni scolastici, in una sede di servizio prossima al luogo in cui risiede la sua famiglia», anche se per un periodo comunque limitato (massimo tre anni, dice la sentenza), è destinata a scavare una breccia nel muro, apparso sinora imperforabile, della legge sulla Buona Scuola e sull’impossibilità di opporsi ai trasferimenti dei docenti siciliani in Nord Italia.
I giudici bresciani hanno, infatti, accolto il reclamo presentato da un docente di un centro del Calatino (che era stato assunto quest’anno in virtù del piano di assunzioni previste con la Buona scuola) in provincia di Brescia, contro il provvedimento con cui lo stesso giudice del lavoro, ma in composizione monocratica, aveva dichiarato prima inammissibile il ricorso proposto dallo stesso docente con procedimento d’urgenza (ex articolo 700 del codice di procedura civile). I giudici hanno pertanto ordinato al Miur di assegnarlo in via temporanea a una sede, fra quelle di Catania, Ragusa, Enna, Caltanissetta o Siracusa, in cui vi siano i posti di cosidetto “potenziamento”.
A rivelarsi determinante nel caso in specie è stato il riferimento, invocato dai suoi legali, gli avvocati Vincenzo Prestianni ed Eleonora Di Nora, del foro di Caltagirone, all’applicazione dell’istituto dell’assegnazione temporanea previsto dal decreto legislativo n. 151 del 2001 per tutti i pubblici dipendenti.Il docente, infatti, possedeva tutti i requisiti richiesti da questa norma: è padre di un bimbo con meno di tre anni e l’altro genitore (la moglie del professore) è anch’esso lavoratore.
Inoltre l’altra condizione, sussistente per i giudici, è che ci siano posti vacanti e disponibili nelle province dell’Isola indicate dal docente stesso. Un elemento significativo dell’ordinanza è il riconoscimento al pubblico dipendente (in questo caso il docente) a contribuire, insieme al coniuge, all’educazione della prole, ma anche, anzi soprattutto, del diritto del figlio a ricevere un uguale contributo alla propria crescita da parte di entrambi i genitori. I legali avevano posto infatti nel loro ricorso l’accento sull’obbligo dello Stato alla tutela del minore, che non soltanto è sancito costituzionalmente, ma deriva pure dalla Convenzione dei diritti del fanciullo, ratificata e resa esecutiva in Italia. Essa impone infatti allo Stato di adottare, oltre a provvedimenti legislativi, anche atti amministrativi idonei a darvi attuazione.
Mariano Messineo
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