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L’“inchiesta” del clan dopo il furto in casa della sorella di Messina Denaro

Di Redazione |

Appena accertato il furto, la “famiglia» si è mossa per scoprire il responsabile dell’affronto. Un’istruttoria serrata sarebbe stata avviata dai familiari del boss Matteo Messina Denaro dopo il furto nella casa di campagna della sorella del capomafia latitante, Rosalia. Emerge dall’inchiesta della dda di Palermo che ha portato al fermo di boss e affiliati a Cosa nostra trapanese.

Su disposizione del cognato del padrino ricercato, Gaspare Como, tra i fermati, i boss cercarono di capire chi fosse l’autore del reato. «La vicenda creava inevitabilmente un notevole scompiglio all’interno del nucleo familiare del latitante – scrivono i pm – e, sin da subito Como, nella sua qualità di reggente della consorteria mafiosa di Castelvetrano, nonché rappresentate della famiglia del latitante, si attivava per ricercarne gli autori, con l’ausilio dei suoi uomini più fidati».

Alla ricerca partecipano Vittorio Signorello e Calogero Guarino, uomini fidati di Como, oltre a Vincenzo Lacascia, anziano mafioso di Mazara. «I sospetti sin da subito ricadevano sugli operai di un rigattiere che nei giorni precedenti al furto aveva effettuato un trasloco per conto della donna», dicono i magistrati. Le «indagini» vengono bruscamente interrotte dopo le notizie di stampa che ipotizzavano che l’abitazione della donna fosse imbottita di microspie e che quindi la polizia già avesse individuato gli autori del furto. COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA


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