Notizie Locali


SEZIONI
Catania 23°

Cronaca

Corruzione, Procura aveva chiesto il carcere per Montante, gip dà i domiciliari

Di Redazione |

PALERMO La Procura di Caltanissetta aveva chiesto la custodia cautelare in carcere per Antonello Montante e altre cinque persone accusate di essersi associati allo scopo di commettere più delitti contro la pubblica amministrazione e di accesso abusivo a sistema informatico, nonché più delitti di corruzione.

Il gip ha invece deciso di applicare gli arresti domiciliari. «La salvaguardia delle esigenze di cautela sociale e probatoria – scrive – non richiede l’applicazione della custodia intramuraria, potendosi validamente assicurare con altra misura custodiale minore». Questo per il giudice può «validamente arginare sia il pericolo di indebite interferenze sulle fonti di prova che il rischio di reiterazione dei reati».

ECCO CHI SPIAVA LA RETE DI MONTANTE

Eppure Antonello Montante, secondo quanto detto dal Procuratore capo di Caltanissetta Amedeo Bertone, ha fino a poco tempo fa «aggiornato il suo “archivio” in modo da acquisire elementi attraverso l’indicazione di incontri e favori richiesti, in modo da avere un archivio sostanzialmente idoneo a paralizzare le azioni di contrasto che altri potevano intraprendere nei suoi confronti».

In pratica Montante avrebbe gestito un “verminaio”, fatto di corruzione, di amicizie con politici, pezzi dello Stato e mafiosi e di dossieraggio in danno di una quarantina di magistrati, giornalisti, colleghi di Confindustria Sicilia e di potenziali nemici che avrebbero potuto ostacolare la sua ascesa ai vertici di Camera di Commercio e Confindustria.

«Un sistema – ha spiegato Bertone – che si fonda innanzitutto sul contribuito di un ex appartenente alla Polizia di Stato che, grazie all’interessamento di un altro uomo delle istituzioni, era stato favorito e ingaggiato da Confindustria e si occupava della sicurezza». 

LA FOTOSTORY DEL PALADINO DELLA LEGALITA’

L’indagine su Montante si è inizialmente mossa sul reato di concorso in associazione mafiosa. Tra i collaboratori di giustizia che resero dichiarazioni su Montante c’è Salvatore Dario Di Francesco. Il pentito Di Francesco parlò di appalti pilotati tra il 1999 e il 2004 nell’area di sviluppo industriale di Caltanissetta. Poi però la Procura non ha raggiunto elementi sufficienti per sostenere l’accusa in giudizio.

«Le risultanze procedimentali – si legge nella richiesta della Procura – pur consentendo di raggiungere quei significativi approdi che si è cercato di offrire all’attenzione del giudice, non sono dotate, allo stato di quella soglia probatoria che deve necessariamente assistere l’astratta configurabilità di ipotesi di reato del tipo di quelle che qui vengono in rilievo e non sono pertanto idonee a un proficuo e utile esercizio dell’azione penale». 

COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA

Articoli correlati