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«Quella volta che Paolo Borsellino scappò dalla sua scorta per andare a comprare dei rasoi»

Di Redazione |

“E’ un vero e proprio lutto per tutti noi vedere questi episodi, sono episodi gravissimi che però non ci devono fare distruggere tutto quello che è la cultura dell’antimafia”.

Lo ha detto l’ex Presidente del Senato Pietro Grasso parlando nel corso di un incontro a Palermo per ricordare i giudici Falcone e Borsellino dell’arresto dell’ex presidente degli industriali in Sicilia Antonello Montante, fino a poco tempo fa un paladino dell’antimafia, accusato di associazione per delinquere finalizzata alla corruzione.

“Se dobbiamo fare una riflessione – ha detto Grasso – dobbiamo tornare all’antimafia che è fatta dal rispetto delle regole”.

E ricorda quella “antimafia che si occupa e fa cose semplici ma concrete”. Come, ad esempio, le lenzuola che verranno esposte nel quartiere periferico di Palermo Passo di Rigano in occasione dell’anniversario della strage di Capaci. In un primo momento, gli abitanti del quartiere si erano rifiutati di esporre le lenzuola sui loro balconi, ma poi altre famiglie hanno detto che lo avrebbero fatto loro. “Sono un bell’esempio di come alcuni familiari reagiscono – spiega Grasso – ancora se ancora culturalmente non tutto è stato atto, ma sono stati fatti molti passi avanti. La repressione non basta da sola, senza l’appoggio dell’antimafia del società civile” e ha citato le associazioni come “Addiopizzo” o “Libera”, “tutto questo – dice Grasso – è la testimonianza di un contrasto all’organizzazione mafiosa che non va dimenticato”.

Poi, Grasso ha voluto ricordare che “la mafia è un fenomeno centenario” e che “fin dal suo inizio ha avuto l’antimafia” con “movimenti contadini di massa” . “Insomma, l’antimafia di allora era un movimento politico di massa, questo non dobbiamo mai dimenticarlo”.

Ha poi parlato del maxiprocesso spiegando che “è stato uno spartiacque” perché “mai come allora lo Stato era stato vicino nella lotta alla mafia. In quel periodo il Parlamento ha voluto la lotta alla mafia, c’è stato un esecutivo che dava tutte le risorse umane e finanziarie a Falcone e Borsellino, un ministero che ha aderito alla richiesta dei due giudici di celebrare il maxiprocesso a Palermo. Così, in sei mesi fu costruita l’aula bunker. Alla fine – dice – la magistratura, la società civile, le parti civili tra cui il sindaco di Palermo Leoluca Orlando, erano tutti lì insieme contro Cosa nostra. E anche il Parlamento”.

“Abbiamo destrutturato l’organizzazione mafiosa stragista, i boss Riina e Provenzano sono morti, altri capimafia sono stati condannati all’ergastolo. Manca solo all’appello l’unico boss latitante di quella stagione, Matteo Messina Denaro, ma è stato ridimensionato e pare che ora si interessi dei suoi affari o di quelli del suo territorio”.

“Sotto questo profilo la lotta alla mafia è un successo ma bisogna stare attenti – avverte Grasso -la mafia non è stata vinta. Quando non c’è la violenza della mafia è ancora più pericolosa, come diceva anche Falcone. La mafia che si infiltra nelle istituzioni, che vuole gestire insieme al potere gli affari e gli interessi. Una mafia capace di creare una rete relazionale che coinvolge imprenditoria, politici, professionisti, commercialisti, amministratori. Questa è la mafia più pericolosa di cui ci occupiamo oggi, non dobbiamo dimenticarlo”.

“La mafia non è stata vinta, oggi si infiltra nelle istituzioni, Cosa nostra vuole gestire insieme al potere gli affari e gli interessi. E’ capace di creare una rete di relazioni che coinvolge imprenditoria, politica, professionisti. Una mafia che si radica sul territorio e che si clona su altre parti del territorio. E questo è stato possibile scoprirlo solo con le indagini della magistratura milanese e romana”. Ma “noi sapevamo fin dagli anni Cinquanta e Sessanta che la mafia era a Milano – prosegue ancora Grasso – ma nessuno ha mai voluto ammettere che la mafia fosse a Milano. Fino a poco tempo fa il prefetto di Milano diceva che la mafia non esisteva lì”. E ricorda una relazione fatta nel 1991 “per la Commissione nazionale antimafia in cui dicevamo quello che sarebbe stato Tangentopoli e nessuno aveva voluto ascoltare l’allarme”.

Grasso denuncia, quindi, “la carenza della politica, e parlo della Commissione nazionale antimafia, che pur avendo messo in risalto quei segnali, poi non è stata capace né di prevenirlo né di fare in modo, con provvedimenti legislativi, di combatterla efficacemente, o di contrastarla”.

E c’è anche spazio per un aneddoto che riguarda Paolo Borsellino: “Di Paolo Borsellino mi piace ricordare quella volta quando lo incontrai da solo al supermercato a comprare dei rasoi. Era riuscito a sfuggire alla sua scorta, si era messo alla guida della sua macchina blindata, era entrato in un supermercato. Ma era solo una scusa per potere stare tra la gente. Lui sentiva l’affetto delle persone. E quando gli chiesi dove fosse la scorta, lui mi rispose: ‘So di essere in pericolo e devo dare la possibilità di uccidermi salvando almeno gli uomini delle scorte”, i suoi ‘angeli custodi”. E un altro su Giovanni Falcone: “Mi piace ricordarlo quando veniva a casa nostra d’estate, ricordo ad esempio dopo l’attentato all’Adduara (a cui Falcone era scampato ndr) e diceva: datemi un cocktail che ho imparato a bere negli Usa, cioè Coca e whisky”. E ancora: “Poi si metteva sulle ginocchia mio figlio Maurilio o giocava con lui. Tutta la mia famiglia ha sofferto per quanto accaduto a Capaci e via D’Amelio”.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA