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AI PIEDI DI TOTÒ CHE VINSE DUE VOLTE

Di Pietrangelo Buttafuoco |

Il tunisino incaricato nel ruolo di mediatore culturale passa la cornetta al nuovo presidente della Regione siciliana. Questi, commosso, all’orecchio del Papa gesuita pronuncia il suo primo impegno: “Santità, io sono al servizio dei poveri; non mi presto alla rabbia della demagogia e neppure all’avidità dei potenti; la nostra giornata è carità e amore”.

Il primo applauso glielo riservano i migranti, i profughi e i naufraghi del centro di accoglienza, felici tutti nel dare il battimani all’uomo buono della provincia girgentana, richiamato dal Burundi, prestato alla missione più difficile: salvare la Sicilia.

L’ovazione non si ferma quando, dopo quella del Pontefice, arriva la seconda telefonata. E’ Giancarlo Cancelleri. Onorevolmente battuto, il leader del M5S, si congratula col vincitore e annuncia: “Sarò al tuo fianco” .

Le telecamere dei tigì e i taccuini dei presuntuosi giornali al caviale, tutti asserragliati sotto casa di Giuseppe Lupo – il Macron di Sicilia, incaricato di sbaragliare l’onda grillina – devono precipitarsi tutti altrove. Non c’è un solo posto libero negli arei, gli equipaggi delle navi in servizio da Porto Empedocle si rifiutano di far salire a bordo le grandi firme, già al servizio di Matteo Renzi e di Angelino Alfano. Quest’ultimo, a bordo di un gommone, salpa dalla spiaggia di San Leone e tenta la difficile traversata del mare di novembre. Uno è il suo proposito: “Avrò mai il Suo perdono?”

Il furor di popolo è come il fuoco greco di una battaglia eterna tra il sentimento sincero degli elettori e le manovre di palazzo ma sono gli smartphone dei volontari della Protezione Civile a rilanciare la notizia sui social: un concerto di gavette urtate nelle sbarre delle carceri di tutta Italia partecipa la viva allegria della misericordia. E così anche nei quartieri difficili, tra i gommoni dei disperati in arrivo, e – naturalmente – in ogni piazza di Sicilia dove tutti baciano tutti, tutti salutano l’avvenuto miracolo.

È il successore di Rosario Crocetta, ma è anche il prosecutore di se stesso. Il presidente richiamato a Palazzo d’Orléans a furor di popolo – come un Enzo Tortora tornato davanti alle telecamere di Portobello – può ben dire: “Dove eravamo rimasti?”

Ecco Totò che vinse due volte. Le cancellerie internazionali – a eccezione degli Usa – manifestano il vivo compiacimento. Il Muos, il sistema di radar dell’esercito americano a Niscemi, assai nocivo per la salute dei siciliani, è già lettera morta. Con un tweet, infatti, Donald Trump ne annuncia l’immediata dismissione. Barack Obama con Hillary Clinton e Lady Gaga con le Pussy Riot si danno appuntamento a Raddusa per un sit –in di protesta contro Cuffaro.

Con Totò che vinse due volte succede qualcosa di più di una elezione. La Cina fa schizzare in alto le borse commerciali con un solo annuncio: l’investimento di oltre 400 miliardi di dollari a Valguarnera Caropepe e a Castroreale.

L’India non è da meno: altri 370 miliardi. E così l’Iran che sugella un patto commerciale con Bronte, Montalbano Elicona e Calascibetta per la produzione del pistacchio, delle nocciole e dello zafferano. Il valore stimato nelle sensalie ex Esa e nei bazar dell’intera mezzaluna fertile è di 290 miliardi cui vanno ad aggiungersi altri 80 mld per un derivato ghiotto quanto il Caviale persiano, ovvero il formaggio piacentino di Enna.

Anche gli indici nipponici registrano l’improvvisa boccata di benefica liquidità derivata dalla notizia del ritrovato presidente. Il Brasile incarica una nutrita delegazione di manager di partire immediatamente. Da Brasilia, nottetempo, alla volta di Palermo, il gruppo si assicura un affare da sempre atteso: la riapertura del casinò a Taormina, della rotonda sul mare a Milazzo e delle littorine nell’intero percorso ferroviario di Sicilia, col raddoppio dei binari questa volta.

La Sicilia del dopo Crocetta entra nel mondo. Vladimir Putin non ha necessità di incaricare l’ambasciata per le felicitazioni o di telefonare perché, abile come nessuno tra gli uomini d’azione, è già a Lampedusa. Lukoil, da subito, lavora a pieno regime e Gagliano Castelferrato è eletta immediatamente sede centrale della potente ditta petrolifera, immediatamente operativa.

Lo Zar di tutte le Russie – forse l’unico al mondo a sapere dove il neo presidente ha atteso il risultato – felice del buon esito delle elezioni si precipita nel centro-accoglienza per avere anche lui il festoso abbraccio degli africani recando con sé l’icona della Madonna di Kazan affinché il neo-governatore di Sicilia possa averne Santa Protezione.

Putin è ospite nella casa a suo tempo acquistata da Silvio Berlusconi a Lampedusa. Possiede le chiavi, vi ha anche portato un lettone e fatto trasportare le sementi di grano antico di Crimea per rinvigorire i campi di Kore da troppo tempo, ormai, stuprati dagli incendi.

Il Cavaliere, nel frattempo, accompagnato da Fedele Confalonieri, giunge nell’isola col suo aereo per unirsi alla comitiva non senza avere fatto prima una sosta a Fontanarossa, l’aeroporto di Catania, e portare così da Totò altri tre sinceri amici: Vladimiro Crisafulli, Pino Firrarello e Raimondo Lazzano.

I tre, rispettivamente, sono i capi riconosciuti delle masse proletarie, del gregge cattolico e del manipolo fascista di Sicilia. Quando finalmente tutta la comitiva si ritrova nel centro accoglienza di Lampedusa arriva la terza telefonata. A malincuore – il tono della voce lo tradisce, simpaticamente Totò mette in viva voce – il prefetto dà la comunicazione ufficiale: Salvatore Cuffaro, detto Totò, nato a Raffadali il 21 febbraio 1958, è nuovamente eletto presidente della Regione Siciliana.

È andata così, ed è finita proprio per il meglio. Adesso tutto va per incominciare, la Sicilia trova un orizzonte. Ma il disegno era un altro. È il 12 agosto, giusto alla vigilia delle vacanze ferragostane, quando gli uomini dei servizi segreti offrono a Sergio Mattarella, presidente della Repubblica, l’idea giusta: liberare Cuffaro dall’interdizione perpetua.

Restituire l’ex presidente alla gara elettorale è la soluzione che la politica sa trovare quando il centrosinistra senza una chiara strategia precipita nel marasma. L’isola, nella preoccupazione del Capo dello Stato, e nel diktat dei poteri internazionali, non deve finire nelle grinfie di Beppe Grillo.

E il disegno era un altro perché Cuffaro – nelle intenzioni degli strateghi occulti – doveva solo servire a prosciugare, amato com’è, il bacino di consenso del M5S e così assicurare la vittoria elettorale al candidato dell’establishment, ovvero il Lupo, ma la volontà dei poveri ha preso il sopravvento: con Totò che vinse due volte, Cancelleri arriva secondo e il candidato del Pd – sebbene benedetto dai giornali, dalle tivù e dalle banche – a stento arriva terzo, superando di un solo voto il candidato della lista dei precari ex cantonieri.

È appunto il 12 agosto quando all’interno di un appartato magazzino del lindo e grazioso cimitero di Castellamare del Golfo, un ricovero di lumini e attrezzi da giardinaggio, s’incontrano il Capo dello Stato e l’ex detenuto Cuffaro Salvatore.

I due presidenti hanno un comune e antico trascorso nella militanza democristiana. Non hanno necessità di testimoni terzi – il bue si riconosce dalle corna, l’uomo dalla parola – e la trattativa comincia all’ombra del perpetuo riposo.

La notoria compostezza di Mattarella, nel luogo, si muta in una stravagante vivacità. Gli si disegna un sorriso, quasi, quando va per abbracciare Totò la cui giovialità, al contrario, si trasfigura nella responsabilità propria di chi è chiamato al dovere supremo: “Sono nelle tue mani, Presidente.” Inevitabile la riposta di Mattarella: “Noi, Totò, siamo nelle tue mani”.

È il pomeriggio del 12 agosto quando Il Fatto Quotidiano, subito seguito dal Tg La7 di Enrico Mentana, lancia online lo scoop: “Cuffaro candidato presidente.” Non c’è sera, da quella data, che non ci sia in tivù una “Maratonamentana”.

La cronaca di oggi, quella che comincia da un novembre prodigo di promesse, è la storia di una Sicilia finalmente redenta. Finalmente diventata bellissima!

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