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Detenuti-scrittori oltre le sbarre in cerca di felicità

Di Leonardo Lodato - Nostro inviato |

La prima cosa che impariamo alla cerimonia conclusiva della VI edizione del Premio letterario Goliarda Sapienza, è che quella sottile linea che separa il Bene dal Male, è talmente sottile che basta un alito d’aria per farti cadere dalla parte sbagliata.

Lo sanno bene i detenuti che, ogni anno, partecipano al Premio ideato dalla giornalista e scrittrice Antonella Bolelli Ferrera e promosso da inVerso Onlus, Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria, Dipartimento per la Giustizia minorile e Siae.

Beviamo un caffè al bar all’angolo di via della Lungara. Dall’ingresso vediamo qualche persona che, da una porta secondaria, si avvia all’interno della Casa circondariale. E’ l’ingresso riservato ai visitatori.

Noi entriamo a Regina Coeli dal portone principale. E ci guardiamo intorno. Siamo circondati da un pubblico selezionatissimo che, tra poco, assisterà alla presentazione di autori e tutor dei 25 racconti finalisti selezionati, e alla premiazione dei primi tre classificati delle sezioni «Adulti» e «Minori e Giovani adulti».

Un pomeriggio fuori dalle righe o, forse, fin troppo dentro le righe. Quelle righe che disegnano il cielo, la luce, che, per dirla con Goliarda Sapienza, rischiano di «fermare la fantasia», ucciderla «come si farebbe col peggiore dei nemici».

Dall’alto della sala, siamo osservati dai detenuti della Casa circondariale romana che, attraverso le vetrate, assistono alla cerimonia come si può assistere ad un’opera lirica dalla piccionaia. Nelle prime file sfilano, invece, le autorità. Il capo dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria, Santi Consolo, originario di Gangi, in provincia di Palermo; il capo dipartimento per la Giustizia minorile Francesco Cascini, il sottosegretario di Stato del ministero della Giustizia Cosimo Maria Ferri. Poi, ci sono i tutor, i giurati guidati da Elio Pecora; Angelo Pellegrino che di Goliarda Sapienza è stato marito. E soprattutto loro, i 25 finalisti.

Salgono sul palco accolti da Antonella Bolelli Ferrera e da Serena Dandini, padrona di casa e “madrina” ineccepibili. «E’ la seconda volta che Serena conduce la cerimonia – spiega l’ideatrice del Premio – Ci siamo conosciute grazie a Pino Corrias che oltre ad essere uno dei tutor di vecchia data, è anche l’ideatore dei corti che realizziamo grazie a Rai Fiction».

C’è molta Sicilia in questa edizione del Premio. Antonio, di Acireale, tutor Erri De Luca, è il primo classificato della sezione «Minori e Giovani adulti». Il suo racconto si intitola «Il biglietto di Rosa Parks». Racconta la sua storia e quella dei suoi “compagni di sventura”, Scrive: «Voglio lavorare, giocare a calcio, fare tante passeggiate, guardare il mare, andare a trovare i miei amici. Un giorno mi piacerebbe tornare nella casa dove sono nato. Il mio futuro è un segreto».

C’è, poi, Salvatore Torre, di Barcellona Pozzo di Gotto che, con il suo «Parafrasi di un lutto diversamente elaborato» (tutor Alessandro D’Alatri), conquista il terzo posto tra gli adulti. «Salvatore – spiega Antonella Bolelli Ferrera – è un fine pena mai. Scrive benissimo, ha partecipato diverse volte ed è veramente un fenomeno».

Non conquista il podio, ma si deve accontentare, come tutti i 25 detenuti-scrittori, di vedere pubblicato il suo racconto nel libro «Così vicino alla felicità – Racconti dal carcere» (Ed. Rai Eri) e di un computer portatile, il comisano Biagio Crisafulli che, con il tutor Pino Corrias, scrive «Un altro io»: «Un giorno mi svegliai di soprassalto e mi venne in mente che, poco dopo il mio arresto, avevo scritto un elenco di nomi di persone a cui volevo bene e che mi ricordavano gli intrecci della mia vita. Mi alzai, lo cercai tra quella marea disordinata di libri, carte e appunti che riempiva la mia cella. Lo trovai e lessi tutti quei nomi lentamente, uno a uno: in cima alla lista vi erano quelli dei miei genitori, di mia moglie e dei miei figli. Poi tornai a letto e mi riaddormentai…».

Gli altri vincitori: Michele Maggio, primo classificato della sezione «Adulti», con «Cemento urlante», tutor Sandro Ruotolo, Stefano Lemma, secondo, con «L’orto delle fate», tutor Ricky Tognazzi e Simona Izzo. Mentre alle spalle di Antonio, nella sezione «Minori e Giovani adulti», ci sono Unknown (tutor Luca Barbarossa) con «Perdonate l’emozione» e Raffaele Amabile (tutor Federico Moccia) con «C’è Anna».

Un altro tocco di sicilianità arriva dalla generosità dell’ideatrice del premio. «Quest’anno – racconta ancora Antonella Bolelli Ferrera – abbiamo rinunciato alle targhe, per devolvere la cifra ai bambini del Convento del Rosario di Scicli. Non togliamo niente ai detenuti e utilizziamo, invece, questo denaro affinché si possa creare una biblioteca per i bambini. Anche i proventi del libro verranno utilizzati per finanziare progetti culturali. Oltre a far crescere questa biblioteca mi piacerebbe portare a Scicli scrittori, giornalisti, attori a fare delle letture insieme ai bambini, per offrire loro la possibilità di crearsi una coscienza sociale e civile, condannati come sarebbero, altrimenti, a vivere una vita di strada».

E mentre lasciamo Regina Coeli, ci si intrecciano tra occhi e mente il volto candido di Letixia e gli occhi desiderosi di cambiamento di Adelmo Battistini. Lui si è presentato con il racconto «La partita del cuore». Si stringe al suo tutor Massimo Lugli, si emoziona raccontando come, figlio di un componente della Banda della Magliana, abbia vissuto da sempre una vita criminale, «entrando e uscendo continuamente di galera». «Adesso – dice – ho voglia di cambiare».

Ci allontaniamo, gettiamo lo sguardo nella grande bellezza del Lungotevere. Abbiamo provato, per un attimo, a camminare anche noi su quel filo sottile fatto, stavolta, di parole scritte. Di pensieri oltre le sbarre.

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