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Al Teatro antico di Taormina l’energia positiva dei Kasabian
Il concerto promette un’ampia ricognizione antologica nel repertorio targato Kasabian, con in primo piano le canzoni dell’album For crying out loud uscito agli inizi dello scorso maggio. E se «in 48: 13 (il disco precedente, nda) ci eravamo dati più all’elettronica – dice Pizzorno – Questo è un ritorno alle chitarre, al modo classico di scrivere una canzone pop-rock, quello degli anni Settanta, epoca d’oro in cui c’erano il classic rock, il punk, la disco. E mi sono dato solo sei settimane di tempo per comporre il tutto, e ce l’ho fatta, dieci canzoni sono venute fuori così, pop, pop, pop. Solo due sono seguite più tardi. Ho seguito i dettami di Berry Gordy, della Motown Records: un brano deve catturare nelle prime quattro battute. La parola d’ordine è stata istinto».
Perché a differenza dei loro ex rivali Oasis, i Kasabian hanno avuto il coraggio di sperimentare, creando un suono originale che disegna scenari emotivi, fatti di accenti epici e abbondante pathos “albionico”. Più quelle melodie oblique che hanno fatto da architrave a tutto il rock inglese fin dai tempi di XTC o Stone Roses. E ancor più chiaramente al centro del progetto sonoro di formazioni faro come i Blur, per non risalire alla “preistoria” dei baronetti di Liverpool, i Beatles. Ma con diverse aggiunte: un largo spazio alla musica elettronica, da quella più tirata in clima rave party fino alle atmosfere electropop, a qualche reminescenza hardrock stile Led Zeppelin, e ancora frammenti di psychosoul quasi come prelevati dagli anni Sessanta e frullati in una macchina del tempo.
Una storia, quella dei Kasabian, iniziata nel 2003: all’epoca il gruppo esordiva colpendo subito forte con L. S. F (“Lost Souls Forever”, cioè anime perse per sempre). Un singolo che ha innescato un autentico exploit e trainato il fulminante esordio dell’omonimo album, Kasabian. Che contiene diversi episodi sonori venati di toni “maudit”: non a caso il nome della band fa riferimento a Linda Kasabian, appartenente alla “congrega” di Charles Manson (ma in lingua armena la parola si traduce “macellaio”).
In concerto la band guidata dal cantante Tom Meighan e dal chitarrista e tastierista Sergio Pizzorno, supportati dall’altro fondatore della band Chris Edwards al basso, da Ian Matthews alla batteria e da Tim Carter alle chitarre promette una potente gittata di energia positiva. «Al momento in Gran Bretagna non c’è una grande atmosfera, il nuovo disco è il nostro contributo per dare energia positiva. La Brexit è stata un disastro totale, ma ora dobbiamo guardare avanti – dice Pizzorno, che tra il serio e il faceto rivela di aver pensato di richiedere il doppio passaporto italiano – Con questo disco cerchiamo di guarire alcune ferite, la musica è una grande via di fuga: prima ci vuole un’evasione e poi si può cercare di risolvere il problema».
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