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Bollette a 28 giorni, no del governo

Di Michele Guccione |

Di fatto, come ha rilevato il Garante, fatturare ogni 28 giorni fa sì che i periodi inseriti in bolletta in un anno diventino 13 e non più 12, con un aggravio di spesa per il cliente pari all’8,6% annuo. Questo è l’unico fatto concreto ed evidente di questa vicenda. Ma le argomentazioni di entrambe le parti sono molto sottili. A meno che, appunto, il governo e il Parlamento non regolamentino la questione in via definitiva con una legge.

La Finocchiaro, parlando di «pratiche commerciali scorrette» e di «necessità di maggiore trasparenza del mercato e delle tariffe e di tutela dei consumatori», ha spiegato: «Il governo reputa che l’omogeneità delle condizioni contrattuali in materia di trasparenza e di base temporale per il calcolo dei costi da fatturare debba essere un obiettivo da perseguire», aggiungendo: «Mentre non è in discussione la libertà degli operatori di formulare nuove offerte commerciali, nel rispetto della regolamentazione, non possono altrettanto essere messi in discussione i principi fondamentali di tutela e di trasparenza a favore degli utenti dei servizi. In questa condotta si legge infatti un comportamento scorretto verso i consumatori che pagano queste iniziative in prima persona e di tasca propria».

Entrando nel merito, il ministro Finocchiaro ha ricordato che «con la delibera Agcom sono stati individuati criteri temporali certi: nello specifico, per la telefonia fissa, l’Autorità ha individuato il mese quale unità temporale per la cadenza di rinnovo e fatturazione dell’offerta, mentre per la telefonia mobile la cadenza non può essere inferiore ai 28 giorni (perchè, rileva l’Agcom, oltre il 76% del traffico dei cellulari avviene con schede prepagate, ndr). Nel caso di offerte convergenti che coinvolgano sia la telefonia mobile che la fissa (contratti ibridi o misti, ndr), prevale la cadenza prevista per quest’ultima, ovvero su base mensile».

Se, da un lato, il presidente dell’Unione nazionale consumatori, Massimiliano Dona, plaude al governo, lo invita a fare presto e auspica sanzioni addirittura «superiori agli illeciti guadagni percepiti dalle società», e il presidente del Codacons, Carlo Rienzi, chiede una «maxi sanzione» e annuncia una «denuncia penale contro gli operatori fuorilegge», le società finite nel mirino non hanno replicato, ma si sono riconosciute nella posizione assunta da Asstel-Confindustria, l’associazione di categoria, lo scorso 24 marzo in occasione della delibera dell’Agcom: «Asstel contesta la delibera considerandola del tutto priva di basi giuridiche di riferimento. Ai sensi del quadro normativo vigente, Agcom non ha il potere di disciplinare il contenuto dei rapporti contrattuali fra operatori telefonici e clienti, quale ad esempio la durata di rinnovo e dei cicli di fatturazione, ma può solo intervenire a tutela della clientela in materia di trasparenza informativa. Sul tema è intervenuto di recente anche il Tar del Lazio ribadendo la piena legittimità da parte degli operatori di introdurre modifiche unilaterali al contratto, fatto salvo il diritto di recesso del cliente in caso di mancata accettazione delle modifiche stesse».

Fonti vicine ad Asstel fanno sapere che le compagnie telefoniche sarebbero più che sicure che l’Agcom non possa intervenire sulla libertà d’impresa e che dubiterebbero che sia possibile varare una legge per regolare la durata dei contratti o la cadenza delle fatturazioni. In ogni caso, tali fonti invitano ad attendere sia la sentenza del Tar di febbraio sia la lettura del disegno di legge che sarà eventualmente presentato.

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