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Enna, chiudono le saracinesche: la zona Duomo è deserta

Di William Savoca |

Ha riflettuto a lungo, pensato e ripensato ma alla fine la scelta più dolorosa è stata presa non senza rammarico e rabbia e così, dopo 27 anni, per il ristorante Tiffany, un pezzo storico della ristorazione ennese, arriva la parola fine. E come questa storia ce ne sono tante perché tutti loro oggi hanno una sola “colpa”, essere commercianti della zona Duomo. La crisi economica generale prima, il crollo di viale Savoca dopo e con in mezzo l’inesistenza del turismo stanno pian piano uccidendo le attività commerciali di questa zona. Chi non ha ancora chiuso attende con speranza che possa cambiare qualcosa ma, dicono gli ultimi “highlander” «siamo anche noi ormai agli sgoccioli».

Già poco più di un mese fa lanciarono un allarme (uno dei tanti) e tornano a farlo anche oggi dopo aver appreso che anche un pezzo forte della ristorazione ennese si è arreso.

«Mi duole il cuore, nessuno forse può capirmi quanto questa sia una decisione sofferta, ma non ho altra scelta» dice Giovanni Vella con un nodo alla gola e con gli occhi lucidi che se solo le palpebre sbattessero tra loro ne uscirebbero goccioloni di lacrime. Le stesse che ieri hanno trattenuto diversi altri commercianti. «Non ho neanche la forza di parlare, dovrei smontare tutto e non riesco a farlo ma non ce la faccio più» dice Vella che smarrito aggiunge: «Mi chiedo anche se ho perso le capacità del mio lavoro ma mi guardo intorno e capisco che non è solo un mio problema» e alla fine si pone la domanda delle domande: «A 60 anni cosa devo fare? Quale potrà essere il mio futuro?».

Ma, come detto, quella di Vella è la storia di tanti, dal barbiere Giovanni Mangione, al fotografo Nicola Campisi fino ai bar di Filippo Morgano e Mario Tricarichi e ad altri commercianti che si dicono ormai stanchi e guardano soprattutto al viale Savoca: «Il suo crollo è stata la mazzata finale. Da allora hanno chiuso sei attività commerciali, abbiamo più volte chiesto informazioni ma ancora non sappiamo nulla di certo» dicono i commercianti che tornano a chiedere «che fine ha l’inizio dei lavori? Si può sapere in maniera trasparente e chiara dov’è il finanziamento e qual è l’iter? Qualcuno ci può dire qualcosa di ufficiale? Alcuni di noi singolarmente ci informiamo con diverse persone ma crediamo sia il momento che ci si dica una volta per tutte quale sarà il destino di questa strada e di questo quartiere». Si sentono soli e abbandonati – «due settimane fa con la prima nevicata abbiamo visto dei mezzi di intervento solo dopo due giorni» – ed è un grido disperato il loro, di quelli che riecheggiano a lungo ma che arriva anche «alle associazioni di categoria che non hanno dimostrato nessun interessamento per noi ed è giusto che si dica».

Perché, spiegano, «noi vediamo gli introiti più che dimezzati. Oggi ha chiuso l’amico Giovanni, ma domani potrebbe toccare ad ognuno di noi, ecco perché chiediamo risposte e l’interesse di chi è deputato a farlo, questa storia va ormai avanti da tanti anni ma nulla è mai cambiato». Nulla, tranne il continuo abbassarsi di saracinesche punite dalla crisi.

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