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Renzo Arbore, un “recidivo” a cui la vecchiaia non fa paura: «Ho voglia di guardare avanti»

Di Carmela Marino |

Arbore ma allora ci ha preso gusto, ancora una volta in Sicilia. Le piace tornare qui? L’isola non manca quasi mai dal calendario dei suoi concerti…

«Mi piace molto venire qui. È quasi casa, io sono di Foggia. Con questa terra sento di avere un legame meraviglioso, solare, di atmosfera. Per non dire dei miei tanti amici siciliani, primo fra tutti il regista Riccardo Di Blasi con cui ho anche realizzato un documentario di 120 minuti girato tra l’America e Salaparuta, Da Palermo a New Orleans… E fu subito jazz, in occasione del centenario dell’uscita del primo disco jazz firmato da Nick La Rocca, un siciliano di Salaparuta emigrato a New York. Un personaggio straordinario che mi piacerebbe che le istituzioni siciliane rilanciassero e facessero conoscere proprio attraverso questo documentario, magari proiettandolo nei cinema o diffondendolo attraverso altri canali. E poi, sempre per restare in tema jazz, avete anche giovani portenti come Francesco Cafiso, bravissimo musicista, ormai di fama internazionale».

Ma in Sicilia viene soltanto per lavoro o anche in vacanza? Cosa conosce di quest’isola?

«Ma certo, l’ho scelta tante volte anche per le mie vacanze. Mondello, Taormina, Lampedusa, ovunque mare splendido e cibo magnifico. Io sono pazzo dello street food siciliano. Adoro il “pane con la meusa” e la “quarume”, oltre ovviamente ai dolci. Qui ho soltanto un problema: non posso camminare tranquillamente per la strada, sono travolto dal troppo affetto, dal troppo calore. Mi tocca camuffarmi. Se incontrate uno un po’ bizzarro con tuta, occhiali e un cappellino da ciclista… quello sono io».

Parliamo di questa nuova creatura. Cosa c’è di nuovo in questo spettacolo?

«Gli ingredienti sono quelli di sempre. C’è un po’ di tutto: jazz, swing, canzoni napoletane, siciliane, i pezzi televisivi. La scaletta del concerto coniuga il nuovo e l’antico suono di Napoli: voci e cori appassionati, girandole di assoli strumentali, un’altalena di emozioni sprigionate dalle melodie della musica napoletana che evocano albe e tramonti, feste al sole e serenate notturne, gioie e pene d’amore. Il solito riuscito mix di divertimento e malinconia…».

A proposito di malinconia, cosa le manca degli anni di “Indietro tutta” e di “Quelli della notte”? Ha nostalgia di quel tempo e di quella tv?

«Cerco di non vivere di nostalgia, sono portato a guardare avanti e cerco di stare al passo anche navigando in rete. Se penso però alla mia tv, mi viene da dire che oggi manca l’elemento improvvisazione che invece era l’anima del mio modo di fare televisione. Prendete Frassica è ancora un personaggio in auge che vive d’improvvisazione. La tv di oggi è molto professionale, ma anche molto ingessata. È tutto scritto, tutto recitato: spontaneità zero. Mi piacciono invece le fiction, in particolare Il commissario Montalbano è proprio ben fatto».

A giugno è atteso a un giro di boa importante, compirà 80 anni. Che effetto le fa questo traguardo?

«Per carità! Li compirò a giugno, mi sembra prematuro parlarne adesso… non le pare?».

Certo assolutamente… Un desiderio?

«Uno non è ancora realizzato: mi sto battendo perché la canzone italiana d’autore possa essere adottata nei libri di testo a scuola. Ci sono brani di Battisti, Mogol, Dalla, De Gregori, per fare qualche nome, che sono autentiche poesie. L’altro desiderio è già realtà. Ho appena finito di registrare per RaiStoria tre puntate di un programma dedicato ad un’attrice completa come Mariangela Melato, bravissima tanto nel cinema e nel teatro impegnati che in quelli d’evasione. Un omaggio dovuto e sono stato felice di aver dato il mio contributo».

Ma perché con la Melato, suo grande amore, non vi siete sposati?

«Perché… ci siamo distratti».

Ad Maiora Arbore. Continui a guardare avanti e ancora mille di questi concerti.

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