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Ciccio Sultano: «La città ideale per un ristorante stellato sarebbe Catania»

Di Michele Barbagallo |

E anche nella cucina e nell’alta ristorazione, per fortuna, non ci mancano le giuste carte. Ma sia per la “Bibbia” della ristorazione sia per altre, vedi le guide di Espresso e di Gambero Rosso, la Sicilia riesce a stare nelle parti alte della classifica italiana ma, nonostante l’estro, la creatività, la fantasia dei nostri grandi chef siciliani, non siamo finora riusciti a raggiungere il vertice assoluto. Perché? Abbiamo ispettori “padani” che si lasciano influenzare oppure dobbiamo ancora farci spazio nell’olimpo dell’alta cucina? Ne abbiamo parlato con lo chef Ciccio Sultano, chef ragusano due stelle Michelin, tra l’altro presidente de Le Soste di Ulisse, l’associazione che racchiude numerosi tra i migliori chef della Sicilia e che proprio oggi e domani, a Palermo, si ritroveranno per una convention tutta gastronomia.

In quest’isola in cui ci sono ben quattro chef due stelle Michelin, c’è ancora da impegnarsi?

«C’è da premettere che quando si parla della Guida Michelin si parla di una guida ineccepibile, dalla grande correttezza e dunque se ne deve parlare con assoluto rispetto – spiega lo chef Ciccio Sultano – ma sicuramente va detto che tutti gli chef che oggi hanno due stelle potrebbero benissimo prendere tre stelle. Sicuramente è una giusta e direi sacrosanta aspirazione. Certamente non è cosa facile. E in questo, al di là di quanto qualcuno possa pensare, non c’entra per nulla il territorio ma sicuramente c’entra il personaggio, il grande operatore, il grande chef che riesce a saper identificare il progetto e che lo fa diventare tre stelle Michelin all’interno della propria struttura di ristorazione. È questa la vera chiave di lettura. Dunque ciascuno lavora e si impegna, con le difficoltà del caso, per cercare di raggiungere risultati sempre maggiori. E io sono sicuro che prima o poi verranno perché la Sicilia e gli chef siciliani hanno queste potenzialità. Non è certamente facile perché ci sono criteri molto rigorosi, così come sono rigorosi gli ispettori della guida che girano i ristoranti e che danno i propri giudizi. In Italia, del resto, non sono numerosi gli chef con tre stelle. Ma di sicuro non deve essere un obiettivo da cui allontanarsi».

La presenza di chef stellati, con una o due stelle, in Sicilia ha modificato in generale la cucina e anche l’approccio dei consumatori. Quando Sultano ha preso la prima stella era il 2003. La seconda è arriva nel 2004. Era l’epoca in cui il piatto più importante dell’enogastronomia di Ragusa, solo per fare un esempio, era una fetta di caciocavallo arrostita con il miele. Non c’era ancora sperimentazione, fantasia, creatività, energia nei piatti. Una cucina gourmet che pian piano si è sviluppata e che a Ragusa ha trovato in questo percorso altri chef, come il due stelle Michelin, Vincenzo Candiano della locanda Don Serafino, e poi con una stella Claudio Ruta de La Fenice fino a Accursio Craparo di Modica che ha recuperato proprio quest’anno la stella persa anni fa quando era finita una precedente esperienza di lavoro.

«E se si va anche negli altri ristoranti non stellati – spiega Sultano – è possibile vedere che è cambiato il modo di proporre i piatti. Ci sono adesso i menù degustazione, piatti assolutamente migliori rispetto al passato, una giusta attenzione agli ingredienti. Io ritengo che quando si crede in un progetto, come ho fatto io, i colleghi Candiano, Ruta e adesso Craparo, si crede anche nel futuro della ristorazione e si crede in un territorio che riesce a seguire questo percorso e anche a migliorare notevolmente».

Un percorso che significa anche economia, non solo per i ristoranti stellati.

«In Francia quando uno chef prende la stella Michelin, l’intera città gli organizza una festa. Quando ne prende due, quasi quasi lo portano in processione – dice ancora Sultano – Con questo voglio dire che, a differenza della percezione che si ha ancora oggi in molte parti d’Italia, all’estero si ha la consapevolezza di quanto sia importante, dal punto di vista dell’economia locale, poter contare su ristoranti stellati. Da noi c’è gente che prenota anche con un anno d’anticipo e che viene dalla Cina, dal Giappone, dall’America, proprio perché sa di poter fare un viaggio in cui, oltre a trovare il barocco, il mare, l’ambiente di questa terra magnifica, trova anche una cucina di qualità. E quando ci sono ristoranti stellati, tutto l’indotto ne beneficia, perché significa più turisti, più strutture ricettive piene, più shopping. Non esagero nel dire che, complessivamente, la cucina stellata in Sicilia ha permesso di poter rappresentare, dal punto di vista economico, un valore aggiunto che interessa il 20-25% del pil, grazie ad un indotto e un diretto che alla fine fanno numeri».

È difficile fare lo chef stellato a Ragusa che, rispetto ad altre località turistiche italiane, soffre la marginalità.

«Se mi chiedeste dove fare il mio ristorante stellato ideale risponderei sicuramente Catania – dice ancora Sultano – Perché? È una città accogliente, di passaggio, ha grandi flussi di turisti e di appassionati gourmet, è vicinissima a un grande attrattore come il vulcano Etna, e poi ha il fascino del suo mercato, della sua pescheria dove vai e ti perdi, trovando moltissimi degli ingredienti di qualità che servono in cucina. Anche Ragusa, dove opero, ha naturalmente le sue eccellenze, e sono riuscito in sedici anni (ho aperto nel 2000), a crearmi una rete di microproduttori di qualità, ma a noi chef ci tocca dover viaggiare anche tanti chilometri per andare a selezionare alcuni ingredienti che non si trovano decisamente sotto casa».

E se proprio la Michelin nell’assegnargli le stelle ha definito Sultano un uomo che ha «scosso Ragusa con un terremoto gastronomico che ha fatto risorgere l’intero territorio», è chiaro che si guarda oltre, ovvero alle tre stelle. «È il mio progetto di vita. È quello a cui ambisco secondo un progetto che è iniziato nel 2015, che quest’anno e nel 2017 ha una sua virata positiva in attesa di trovare traguardi importanti nel 2018, sui quali non posso ancora anticipare nulla. Poi si vedrà. In Italia ci sono soltanto otto chef con tre stelle. Non ci dobbiamo fermare ed accontentarci».

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