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Reddito d’inclusione ai bisognosi, il rischio di nuovo assistenzialismo

Di Daniele Ditta |

Adesso però è tempo di trovare il giusto equilibrio tra welfare puro e politiche attive del lavoro. In Sicilia, regione che sconta livelli monstre di disoccupazione e povertà assoluta, si tratta di una priorità. I dati Eurostat del 2016 ci consegnano un tasso di disoccupazione del 22,1%, che schizza al 57,2% se ci limitiamo alla disoccupazione giovanile (calcolata tra i ragazzi che hanno tra 15 e 24 anni). Inoltre, per l’Istat il 55,4% dei siciliani vive in condizioni di disagio economico: in una parola, poveri. Per dare risposte ad una platea così numerosa, il governo centrale ha intenzione di allargare il numero dei beneficiari del cosiddetto reddito d’inclusione ed anche l’ammontare complessivo del sussidio: da un minimo di 190 a un massimo di 485 euro, a seconda dei componenti del nucleo familiare. Nel 2018 il Ria (Reddito d’inclusione attiva) prenderà il posto del Sia (Sostegno per l’inclusione attiva). Da qualche mese c’è una legge vigente che punta a sostenere sempre più famiglie con figli minori a carico, disabili e condizioni di povertà assoluta. Il parametro principale sarà sempre il reddito Isee, ma si terrà conto anche dello stato patrimoniale. Si prevede l’erogazione di un sussidio economico sulla falsariga dell’attuale Sia, attraverso l’attribuzione di una carta di pagamento elettronica utilizzabile per l’acquisto di beni di prima necessità. Un sussidio subordinato all’adesione ad un progetto personalizzato di attivazione sociale e lavorativa, che coinvolge tutti la famiglia: genitori e figli.

Sulla carta il rischio che sia mero assistenzialismo non c’è, nemmeno con il Ria, anche se «l’esigenza di tutelare le categorie svantaggiate si scontra sempre con chi se ne vuole approfittare». A dirlo è il direttore generale vicario dell’Inps Sicilia, Emilio Piscopo, che avverte: «Il pericolo c’è sempre, ma tutto il mondo è paese. Ci può essere una frangia che pur non avendo i requisiti fa richiesta del sussidio. In Sicilia però la situazione non è diversa da altre regioni». Finora l’Inps ha accolto oltre 23mila domande per l’accesso al Sia. Al netto dei “furbetti”, sempre in agguato, il reddito d’inclusione è una misura sufficiente per contrastare la povertà? «Può servire – risponde vicepresidente di Sicindustria – ma solo come tampone. Occorre comunque tenere alto il livello di guardia per evitare abusi. L’obiettivo deve sempre essere quello di reinserire il lavoratore disoccupato in un circuito produttivo e non quello di garantirgli un reddito di sopravvivenza, perché la dignità del lavoro è un diritto insopprimibile».

Per quanto riguarda gli aiuti alle imprese, invece, l’ipotesi più gettonata dal governo Gentiloni è dimezzare i contributi previdenziali pagati per gli under 32 nei primi due anni e di ridurli dal terzo anno di tre o quattro punti. Ma non è escluso che la soglia d’età venga abbassata a 29 anni (come preferirebbe l’Ue) o che gli sgravi riguardino tutti gli assunti. La manovra prevede anche di estendere l’assegno di ricollocamento (un flop in Sicilia nella prima fase di sperimentazione) ad altri 70-100mila soggetti in Cassa integrazione, oltre ai 500mila disoccupati finora coinvolti in tutta Italia. Si devono però fare i conti con le coperture economiche «Le risorse sono limitate – conclude Amarù – e quindi bisogna puntare con grande determinazione sui programmi già avviati: Job Act, agevolazioni previste per l’industria 4.0, credito d’imposta per gli investimenti al Sud e contratti d’apprendistato».

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