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Meno viaggi della speranza grazie al robot chirurgico

Di Sergio Magazzù |

Messina – Meno viaggi della speranza per i messinesi e tutti i siciliani, ma anche un netto innalzamento qualitativo dell’offerta chirurgica dell’Azienda ospedaliera universitaria Policlinico. Sono questi i principali benefici offerti dall’acquisizione del sistema robotico “Da Vinci Xi”, installato nel blocco operatorio del Dipartimento di Chirurgia dell’Aou, presentato ieri mattina alla stampa.

Si tratta di un presidio all’avanguardia, unico in Sicilia, che costituisce l’ultima frontiera della chirurgia mini-invasiva. I vantaggi connessi all’utilizzo del sistema sono molteplici: dall’esecuzione di interventi che consentono di superare i limiti dovuti alla difficoltà di trattare, con la laparoscopia, patologie in sedi anatomiche difficili da raggiungere, al perfezionamento delle operazioni che necessitano il confezionamento di suture complesse. «I fondi investiti dall’Ateneo per l’acquisto del robot – ha detto Giuseppe Laganga, commissario straordinario dell’Aou – testimoniano l’interesse di Unime nei confronti dell’innalzamento dello standard assistenziale e sanitario, nonché il desiderio di apportare dei vantaggi sul fronte della ricerca».

«Il traguardo raggiunto – ha commentato il Rettore, Pietro Navarra – è un esempio virtuoso di sinergia fra Unime e Policlinico che avrà riscontri positivi sia per i medici che per gli studenti». A illustrare il funzionamento dell’apparecchiatura, i chirurghi Giuseppe Navarra, direttore del Dai di Chirurgia del Policlinico, e dal prof. Vincenzo Ficarra, ordinario di Urologia, in servizio a Messina dallo scorso maggio. «Si tratta – spiega il prof. Ficarra – di un grandissimo risultato per il Policlinico, visto che viene utilizzata un’attrezzatura di primissimo ordine, che non è disponibile in molti ospedali italiani, mentre altri ne utilizzano una versione più vecchia».

«Questo investimento – afferma il prof. Giuseppe Navarra – ci rende orgogliosi perché darà la possibilità a tanti pazienti siciliani di evitare i cosiddetti “viaggi della speranza” in altre regioni».

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