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Bagheria, davanti al gip il sindaco grillino sott’accusa: «Ho chiarito tutto»

Di Redazione |

PALERMO – Mostra serenità e crede di aver chiarito la sua posizione Patrizio Cinque (M5s), sindaco di Bagheria finito sotto inchiesta a Termini Imerese assieme al suo vice, un assessore e una ventina tra imprenditori e funzionari comunali per presunte anomalie nell’affidamento del sistema di raccolta dei rifiuti e del Palazzetto dello sport. Al termine di un interrogatorio di garanzia durato circa due ore i legali del primo cittadino che, dopo la notizia dell’inchiesta, si è autosospeso dal Movimento Cinque Stelle, hanno chiesto la revoca della misura cautelare disposta dal giudice: l’obbligo di firma.

Un provvedimento diverso da quello che aveva chiesto la Procura di Termini che per Cinque aveva invocato i domiciliari. I pm si sono riservati: hanno due giorni per esprimere un parere sulla richiesta di revoca. Il giudice, dopo avere acquisito l’opinione della Procura, avrà cinque giorni per decidere.

«Ho scelto di rispondere a tutte le domande», ha detto ai giornalisti Cinque sottolineando come, a differenza degli ex colleghi del Movimento implicati nel caso delle firme false per la lista presentate alle comunali del 2012 a Palermo, non abbia voluto avvalersi della facoltà di restare in silenzio.

Cinque si è difeso portando documenti e suggerendo testimoni da sentire. Sulla contestazione, che gli è poi costatata l’obbligo di firma, relativa all’avere fatto pressioni sull’ex commissario della città metropolitana, Manlio Munafò, anche lui indagato, perché il palazzetto sportivo di Bagheria fosse affidato in partnership al comune e all’associazione Nuova Aquila Palermo, ha negato qualunque intenzione di gestire la struttura con l’associazione privata, anzi ha dimostrato di avere più volte negli anni chiesto l’affidamento del palazzetto ai comuni con Bagheria capofila e non ai privati. Tanto da aver presentato la busta per la manifestazione di interesse fuori termine. E comunque nessun bando di gara è stato mai fatto, ha sostenuto.

Netto anche sulla vicenda della casa abusiva del cognato, per cui è indagato per violazione del segreto d’ufficio. Avrebbe rivelato al familiare l’esistenza di un procedimento a suo carico. «Sono stato io a spingere mio cognato ad autodenunciarsi per l’immobile abusivo. Quindi quando ho saputo che l’autodenuncia, poi rivelatasi falsa, era stata presentata, gliene ho parlato, certo che avesse seguito il mio consiglio. Non potevo immaginare che la firma sotto l’esposto non fosse sua», ha spiegato. Resta da capire chi e perché abbia presentato la falsa autodenuncia a firma del parente di Cinque.

Quanto alle intercettazioni in cui il primo cittadino contestava la decisione di multare con 20mila euro gli abusivi, come prevedeva l’emendamento della sua collega di Movimento, ha ribadito la sua opinione. «Non era un discorso riferito a mio cognato – ha detto – ma generale. Ci vuole proporzionalità. Non si può dare una multa di 20mila euro a chi ha costruito una verandina abusiva equiparandolo a chi edifica in zona vincolata». Difesa a tutto campo anche sulle accuse di irregolarità nella gestione della raccolta dei rifiuti. Si attende ora la decisione del gip. COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA

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