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Sul tavolo dell’Antimafia 40 nomi ma «tutti candidabili» Citati La Via, Sammartino e Aiello

Di Mario Barresi |

Gli impresentabili? Tutti candidabili. Questo il verdetto, dopo un primo screening dei commissari di Palazzo San Macuto. «La campagna elettorale continuerà per tutti», è la certezza diffusa. Perché «nessuno rientrerebbe nelle cause di incandidabilità delle legge Severino». Ben altra cosa sono le «criticità» ammesse dall’Antimafia. Alcuni casi particolari, «meritevoli di istruttoria», ma senza che ciò infici l’eventuale ingresso a Sala d’Ercole. Lo scenario più nebuloso, semmai, è di prospettiva: numerosi i candidati sotto processo; se venissero eletti e poi condannati, «la futura mappa dell’Ars sarebbe ridisegnata dalla Severino».

Ma è prematuro parlarne. Intanto sul tavolo ci sono i nomi emersi nelle audizioni dei prefetti e dei presidenti delle commissioni elettorali. Un magma indistinto, in cui le 50 sfumature dell’impresentabilità (condannati, a processo, indagati, o “parenti di”) rischiano di confondersi in un’unica tonalità di grigio. Ma tant’è. Il registratore della seduta della commissione in trasferta acquisisce in modo asettico tutti i nomi.

Quali? La stragrande maggioranza sono tratti dall’ormai nota “letteratura” degli impresentabili. Da Antonello Rizza, sindaco di Priolo in lista con Forza Italia (quattro processi in corso e 22 capi d’imputazione, ma zero condanne) a Luigi Genovese, “reo” solo di essere il figlio di Francantonio, condannato a 11 anni per lo scandalo della formazione professionale. In mezzo una trentina di altri casi noti.

Ma ieri l’elenco s’è allungato. Non soltanto i “classici” ormai conosciuti, ma altri nomi. A partire da Giovanni La Via, vice designato di Fabrizio Micari. In veste di candidato di Ncd all’Ars (capolista a Ragusa e Trapani), l’eurodeputato alfaniano sarebbe stato citato dal prefetto Maria Carmela Librizzi, fra i candidati del collegio ibleo con procedimenti in corso, per «un’indagine per concussione» a suo carico . Imprecisata la Procura che indaga, non rivelati altri dettagli.

Nel corso dell’audizione sono emersi altri candidati catanesi. Uno, arcinoto, è Riccardo Pellegrino (Forza Italia), sul quale ieri Claudio Fava ha consegnato ai colleghi di Palazzo San Macuto un dossier contenente anche alcune intercettazioni. Pellegrino, nella bufera per l’amicizia con il figlio del boss Mazzei, era stato indagato (e archiviato) per voto di scambio dai pm catanesi. Ma ora ci sarebbero «altri approfondimenti» in corso, come avrebbe rivelato il prefetto Silvana Riccio. Che ha chiesto la secretazione di una parte della sua audizione. Nella quale, oltre che di Pellegrino – come La Sicilia ha appreso da qualificate fonti – avrebbe parlato di Luca Sammartino. Sottoposto a «ulteriori verifiche», svolte dalla Digos, sul pubblico sostegno da parte di Lorenzo Leone, presidente della municipalità Librino-San Giorgio, fratello di Gaetano,  condannato per mafia ed estorsione e considerato punto di riferimento del clan Santapaola. Il Leone supporter, ha precisato il candidato del Pd, è un «incensurato che ha la ventura di avere un fratello pregiudicato con il quale, peraltro, non ha rapporti da anni». Nessun riferimento del prefetto, invece, a eventuali indagini sulle assunzioni alla Mosema, società partecipata del Comune di Mascalucia.

Citati anche i consiglieri catanesi indagati per truffa aggravata ai danni del Comune, abuso d’ufficio e falso in atto pubblico per le presunte “presenze anomale” in sedute di commissioni. Fra i 17 sotto inchiesta (la Procura aveva chiesto l’archiviazione, ma il gip ha disposto l’imputazione coatta), sono candidati alle Regionali: Carmelo Coppolino (Sicilia Futura), Alessandro Porto (protagonista del salto della quaglia “last minute” da Micari a Forza Italia), lo stesso Riccardo Pellegrino e Carmelo Sgroi (Udc).

Le audizioni, in attesa delle carte che l’Antimafia ha chiesto alla Dna, sono una sequenza di casellari giudiziari. E si è parlato, come ha esplicitato il deputato Francesco Nuti (sospeso dal M5S per caso delle firme false) «anche del voto nei comuni precedentemente sciolti per mafia». In quest’ultimo ambito, citato Pietro D’Alì, ex sindaco di Misilmeri, candidato con #DiventeràBellissima nel collegio di Palermo. Le accuse agli amministratori vennero archiviate. Anche Augusta fu sciolto per infiltrazioni mafiose. E dal prefetto aretuseo è venuto fuori il nome di Marco Arezzi, oggi in campo con Cento Passi per la Sicilia, all’epoca assessore del sindaco Massimo Carruba, poi comunque del tutto scagionato. Un altro candidato della sinistra emerso dalle audizioni dell’Antimafia è Ciccio Aiello, ex sindaco di Vittoria, «sfiorato», come ricorda il prefetto ibleo, dall’inchiesta Exit Poll. Riferimenti «pesanti» anche a un aspirante deputato regionale palermitano, ritenuto legato a un boss.

Twitter: @MarioBarresi

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