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Crocetta e l’ultimo sms a Renzi: «Sei stato tradito dai bugiardi»

Di Mario Barresi |

Il «presidente benemerito», come si definisce con una gaffe degna del miglior Di Maio, non finisce mai di stupire. E così, ospite di Faccia a Faccia in una puntata intitolata “Sassolini e rimpianti”, dalle sue sneakers nere si toglie i macigni. Fra i suoi classici mantra e rivelazioni inedite. Come l’ultimo contatto con Matteo Renzi. «Il 6 novembre gli ho scritto un sms». Il cui contenuto non è più segreto: «Come volevasi dimostrare. Si sono avverate le mie previsioni». E cioè che «tutti i bugiardi, da Faraone a Orlando fino a Cardinale, che ti dicevano che c’era una coalizione al 40% e un Micari trionfante, ti hanno mentito». Ma Crocetta, col segretario del suo partito, è magnanimo: «Dobbiamo ricostruire il Pd», si concluderebbe il sms. Risposta? «“Sentiamoci e lo facciamo assieme”, mi ha scritto. Ma da allora non ci siamo più sentiti…».

Crocetta ricostruisce i dettagli dell’offerta del Nazareno: «Io non gli ho chiesto niente. Quando Renzi mi disse che “ci possono essere prospettive per te”, io gli risposi: “Ma tu cosa mi puoi offrire rispetto a ciò che mi posso conquistare da solo? Se mi candido prendo più voti di Micari, mi faccio eleggere deputato regionale e non ho assolutamente bisogno di te né di regali”. Lui però mi disse che dovevo farlo per amore del partito. Io mi sono ritirato solo per non farmi dire che ero la causa della sconfitta. Renzi ha preso degli impegni con me? Sì. Ma io non starò a bussare come alla mensa del ricco Epulone…».

È andata com’è andata. Crocetta riconosce i suoi errori: «Non dovevo cacciare la Stancheris, Nelli e Battiato. Dovevo andare dritto con la mia rivoluzione, ma ho accettato i partiti nel governo per evitar conflitti con Roma, che avrebbero portato la Regione al default e al commissariamento. Ho salvato la Sicilia, ma ho rovinato la mia prospettiva politica». Per il successore Nello Musumeci un quiz numerico: «Cinque anni fa scrissero tutti che io, eletto dal 30,5% del 50% dei votanti non ero legittimato. Forse perché mi consideravano eretico. Ma nessuno ha messo in discussione la legittimità dell’elezione di Nello, che ha vinto col 39% del 47% dei votanti». Anche al vice un messaggio più esplicito: «Se Armao vuole rimettere in discussione l’accordo con Palazzo Chigi è un folle, rischiamo di perdere 2 miliardi l’anno…». Un monito anche sull’Ars, «un’associazione notabilare di soggetti che pensano di dettare la marcia». Proprio come voleva fare il sindaco Leoluca Orlando, «totalmente incapace di amministrare e bravissimo a fare chiacchiere», col «vizio dei notabili palermitani che vogliono comandare la Regione». Che farà adesso l’ex governatore? «Una vacanza. E poi opposizione. Extraparlamentare…».

Il ciclone Crocetta passa. Nel salotto restano i vincitori. Raffaele Stancanelli, testa d’uovo di Musumeci, che smentisce ogni velleità personale. Né assessore, né segretario generale, né sindaco a Catania. Di nuovo senatore? Si vedrà. «Faccio l’avvocato», si schermisce. Rivendicando però che «a Nello non tutti credevano, nel centrodestra». E che anzi «quando nel 2013 lanciammo #DiventeràBellissima con 4-5 amici, di noi sorridevano tanti alleati». La diversità delle anime della coalizione? «Una ricchezza», dice diplomatico. Nemmeno l’eurodeputato di Forza Italia, Salvo Pogliese, reduce da un incontro a casa di Gianfranco Micciché, si sbottona: «Esperienza parlamentare o promesse sui territori? La nostra rosa di assessori sarà un giusto mix». L’unica concessione è un retroscena sulla tappa elettorale di Silvio Berlusconi a Catania. «Non doveva esserci. Poi inviai una mail personale al presidente. L’indomani mi scrisse Licia Ronzulli: Catania si fa». Ma lui è tentato di candidarsi a sindaco? «La mia disponibilità c’è. Ma passa da una riflessione articolata che non coinvolgerà soltanto il mio partito…». Anche Manlio Messina, coordinatore etneo di FdI e astro nascente dei meloniani di Sicilia, ha qualcosa da smentire: «Non farò l’assessore regionale. Grazie a Giorgia e al partito per aver pensato anche a me, ma ho un altro percorso». E allora chi sarà il rappresentante di Meloni («la prima a schierarsi per Musumeci, fu decisiva») nella giunta regionale? «Di certo nessuno di chi sgomitavano a Palazzo d’Orléans sabato…», assicura con un ghigno. Nei palazzi della politica non tornerà, almeno per ora, Toti Lombardo. Figlio di Raffaele (e figlioccio, di battesimo, di Stancanelli) lascia l’Ars fiero del «salvataggio della cardiochirurgia pediatrica a Taormina, minacciata da una scellerata visione politica». Non si candiderà alle Politiche, assicura, perché «voglio finire Giurisprudenza e avviare la pratica forense». Ma la politica no, quella non la lascia. Così come non l’ha lasciata il padre, che però «non si candiderà mai più perché così sta anche meglio con la famiglia». E parlando del “collega” (di studi universitari e di sfottò mediatici) Luigi Genovese, l’ex “pesce spada” Toti parla un po’ anche di sé: «Si esprime bene, ha le idee chiare. Come per me, tante persone che aspettavano al varco della spocchia e dell’incapacità si ricrederanno». «Il giovane Genovese», così lo chiama, «dimostrerà in aula quanto vale, smentendo chi lo ha insultato».

Si spengono le luci, cala il sipario. Ma Crocetta resta in scena. Ancora col microfono, parla del suo nemico numero uno: Davide Faraone. E il fuorionda si fa piccante.

Twitter: @MarioBarresi

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