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Il “j’accuse” di Venturi: «La bandiera dell’antimafia usata per gestire il potere»

Di Fabio Russello |

Era stato un fiume quel 13 dicembre del 2016, Marco Venturi, l’ex braccio destro di Antonello Montante, quando fu ascoltato dalla Commissione Antimafia. E ci fa giù durissimo: «Montante negli anni addietro, dietro il paravento dell’antimafia di facciata ha insediato un nuovo sistema, coperto dalla maschera dell’antimafia di facciata, macchiato da inquietanti collusioni in cui si celano cinismi, legami e affari condotto da una classe dirigente incurante del danno irreparabile recato alla Sicilia e dall’inaccettabile offesa procurata all’impegno vero, coraggioso e genuino dell’antimafia sociale nato dopo le stragi».

Parole durissime pronunciate da chi aveva fatto parte di quel gruppo, con in testa Ivan Lo Bello e proprio Antonello Montante, che nel 2012 gestì la “svolta” legalitaria di Confindustria in Sicilia. Anni di battaglie contro il “pizzo” che consentirono a Confindustria di riaffermarsi nell’isola dopo anni bui segnati dalle inchieste giudiziarie che travolsero l’associazione degli industriali. E Marco Venturi, sia nel governo di Raffaele Lombardo e per un po’ anche in quello di Rosario Crocetta, fu assessore regionale alle Attività produttive, designato proprio da Confindustria.

L’INTERVISTA A LA SICILIA DEL MARZO DEL 2016 CON QUESTE ACCUSE

Era stato lo stesso Venturi a chiedere all’Antimafia di essere audito allo «scopo di segnalare la pericolosità e il condizionamento del sistema Montante nell’ambito della vita politica e amministrativa regionale, un sistema che esprime il vertice regionale e diversi esponenti di primo piano che governano società regionali, miste, enti importanti in Sicilia» ha spiegato ai commissari.

«Apparati – disse – che condizionano anche le parti sociali. Si è costituito un tavolo che si chiama tavolo regionale per la crescita e per lo sviluppo creato nel 2012 da Montante e che ha sede in Unioncamere regionale e che è presieduta dallo stesso Montante. Un sistema che controlla anche parte della comunicazione e della stampa che spesso gli ha fatto da cassa di risonanza. In molti preferiscono non parlare di questi problemi, in Sicilia quello che prevale è il silenzio. Siamo molto molto preoccupati perché nessuno prende posizione né la politica né la società civile, nessuno, tutti stanno ad aspettare che la magistratura faccia il suo corso, ma io penso che la politica abbia il compito di intervenire. Lo Bello, Montante e chi faceva parte di quel sistema portavano Alfonso Cicero come elemento di punta, però di fatto facevano il doppio gioco. L’hanno prima abbandonato, poi era stato detto che non bisognava lasciarlo alla presidenza dell’Irsap, bisognava congelare la sua nomina, e allontanarlo completamente da quelli che erano gli incarichi regionali, perché era uno che dava fastidio. Ricordo che Cicero ha ricevuto lettere minatorie, ha trovato un ordigno davanti casa sua, è stato inseguito in autostrada».

LE IRSAP. E secondo Venturi il punto è proprio lì, nelle Irsap. «Il cuore del problema in Sicilia sono le aree industriali – dice all’Antimafia – che rappresentano il cuore della mafia. Prima come assessore alle attività produttive della Regione siciliana, poi come presidente di Confindustria Sicilia ho un quadro abbastanza chiaro dell’inghippo e della gestione che si è avuta nelle aree industriali fin dal 1980, quando arrivarono fiumi di denaro per creare agglomerati che poi non portarono a nessuna impresa sana. Si costruirono questi agglomerati, si fecero infrastrutture spesso sovradimensionate, si spesero milioni di euro, centinaia di miliardi delle vecchie lire allora. Cosa che continuò con i patti territoriali, con le 488 che realizzarono solo cattedrali nel deserto non creando un’occupazione vera».

LA PAURA. Una denuncia vera e propria davanti la Commissione perché il clima di quei giorni era pesantissimo: «Sì – ha detto Venturi – noi abbiamo paura, io, Alfonso Cicero e agli altri soggetti che hanno condotto questa azione di contrasto alle mafie, perché l’azione di Cicero è un’azione che si è rivelata molto importante: circa quaranta procedimenti, di cui dieci sono già andati a processo su burocrati, politici e imprenditori collusi con la mafia, ventisei sono dei rinvii delle inchieste di indagine, poi ci sono diverse costituzioni di parte civile che ha fatto anche Cicero. Certo noi abbiamo molta, molta paura di quello che può succedere, perché i sistemi criminali sono variegati in Sicilia e presenti, tutti legati con le famiglie mafiose dei vari territori da quello che abbiamo potuto vedere con le informative antimafia e le interdittive atipiche che sono arrivate. Quindi Messina Denaro e Virga a Trapani, le varie famiglie mafiose della nuova mafia agrigentina ad Agrigento, gli Ercolano a Catania. …in Sicilia la mafia è presente in tutti gli ambiti».

CONFINDUSTRIA NAZIONALE. E Venturi – che si è dimesso nel 2015 – non risparmia nemmeno Confindustria anche ai più alti livelli: «Confindustria mi ha deferito ai probiviri nazionali, perché è rimasta l’unica associazione di impostazione stalinista nel nostro Paese, per cui appena uno manifesta un dissenso, viene deferito ai probiviri ed espulso. Io ho subito questo processo farsa, in quell’occasione ho rassegnato le mie dimissioni perché ho capito e percepito che a nessuno interessava né l’applicazione del codice etico, né la trasparenza, l’etica e a nessuno interessavano realmente i seri rischi di infiltrazione mafiosa nel tessuto imprenditoriale del nostro Paese». E Venturi ricordo che dopo dopo una intervista «nella quale denunciavo questi fenomeni e soprattutto chiedevo a Confindustria di far dimettere Montante nella corretta applicazione del codice etico di Confindustria che era stato tanto proclamato a livello nazionale, la risposta del presidente nazionale Squinzi è stata quella di dare solidarietà a Montante. Ma devo dire anche che oggi il nuovo presidente Vincenzo Boccia ha ripescato Montante. Lo ha ripreso nel board nazionale dandogli un incarico su rete Imprese italiane».

L’ELEZIONE DI CROCETTA. Ma Venturi non aveva segnalato “solo” questioni etiche. Ma in Commissione aveva raccontato la sua versione sulle elezioni regionali del 2012, quelle che portarono Rosario Crocetta a Palazzo d’Orleans: «L’elezione di Crocetta è stata determinata anche dagli accordi che c’erano con l’ex presidente Raffaele Lombardo, che è stato condannato a sei anni e otto mesi per concorso esterno in associazione mafiosa, il quale aveva spaccato allora il centrodestra e quindi permesso a Crocetta di vincere le elezioni. Si erano curati anche dei “traslochi che ci potevano essere di molti parlamentari dall’opposizione all’ala governativa”. La politica nazionale deve intervenire al più presto per allontanare Montante dalla presidenza della camera di commercio, da Unioncamere e da tutti i ruoli istituzionali che lui ricopre, perché costituisce un allarmante rischio di condizionamento per le istituzioni».

BINDI DI SASSO. Parole durissime che lasciarono quasi di sasso Rosi Bindi, la presidente della commissione: «Dalle sue parole lei sostanzialmente ci sta dicendo che il sistema Confindustriale siciliano ha preso la bandiera dell’antimafia per gestire con questa il potere e determinare gli indirizzi di potere della regione. A fini di interesse proprio? Di qualcuno in particolare? Della stessa mafia? È solo un’operazione di potere che avrà un suo giudizio nella sede propria, cioè sarà la politica a giudicare e i cittadini sono liberi di scegliere o secondo lei non ci si limita a condizionare la politica perché faccia gli interessi di una parte, ma attraverso questo si finisce per fare anche gli interessi della mafia?».

Il testo dell’audizione, che era stato secretato, è stato tempo dopo desecretato per trasmetterlo alla procura di Caltanissetta. Ma in una intercettazione, allegata agli atti dell’inchiesta che ha portato ai domiciliari proprio Antonello Montante, l’ex presidente di Sicindustria fu messo al corrente del contenuto di quella audizione e anzi Montante di vantava che un commissario aveva fatto le domande che lui voleva gli fossero poste.

LE QUERELE INCROCIATE. Ma con l’esplodere dell’inchiesta ora in quello che era il gruppo di Confindustria e Rosario Crocetta volano querele e accuse incrociate. Marco Venturi ad esempio ha annunciato una querela per diffamazione nei confronti dell’ex presidente della Regione siciliana, Rosario Crocetta «per le dichiarazioni che offendono la mia dignità e il mio onore. Crocetta dovrà dire cosa avrei omangiato nel sistema Confindustria e risponderà dei termini offesivi: deliri e minchiate».

Stesso annuncio da Alfonso Cicero, che è uno dei principali testi d’accusa del caso Montante. Prima l’ex governatore riferendosi alla vicenda legata all’esistenza di un presunto video hard, Crocetta ha sostenuto di non temere di essere ricattato: «Non sono Siffredi. Marco Venturi e Alfonso Cicero dicono minchiate. Li denuncerò per calunnia».

«Si tratta – ha detto Cicero – di affermazioni dai contenuti palesemente lesivi del mio onore e della mia reputazione. Dirà, nelle aule di giustizia, cosa avrei mangiato nel sistema Confindustria e risponderà dei termini offesivi deliri e minchiate, che offendono gravemente la mia persona».

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