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Grasso e le «difficoltà istituzionali» che agitano la pausa di riflessione

Di Mario Barresi |

Se questa frase l’avesse pronunciata lui – il Presidente Corteggiato – la partita sarebbe chiusa. Ma il muro, sull’ipotesi di una discesa (in senso politico e pure geografico) in campo alle Regionali, l’ha alzato la signora Maria Fedele in Grasso. La moglie dell’inquilino di Palazzo Madama, nel corso di una cena capitolina ha espresso – con la consueta chiarezza da ex “pasionaria” rossa – il suo punto di vista sulla scelta che tiene col fiato sospeso la politica siciliana.

Accetta o non accetta? Gli alleati (sia apocalittici, sia integrati) di centrosinistra, ma anche i potenziali avversari aspettano «la risposta». Ma Piero Grasso prende tempo. «Non ho detto sì», va ripetendo a chi gli chiede notizie, anche per smentire – piuttosto sdegnato – la notizia di uno suo via libera alla proposta di candidarsi governatore in Sicilia. «Ma ancora non è un no definitivo», ribatte a chi gli chiede se ha intenzione di rifiutare.

Da ieri Grasso è a Palermo. E oggi incontrerà Leoluca Orlando, «soprattutto in nome di un’amicizia pluridecennale», filtra dal Senato, quasi a voler sottolineare un vago fastidio per chiunque provi a mettere il cappello sulla candidatura. L’idea del «civismo politico» del sindaco è apprezzata dall’ex magistrato. Che, però, mostra una certa idiosincrasia verso qualsiasi primogenitura. Dietro la quale c’è il rischio che si annidi anche chi rema silenziosamente contro.

Il Candidato Sognato da (quasi) tutta la coalizione sa che l’apparente coro di approvazione nasconde alcune voci stonate. Nessuno ha il coraggio di esternare ciò che si sussurra nelle stanze della politica siciliana. «Meglio essere all’Ars da deputato di minoranza che restarne fuori con Grasso presidente». Mentre lui, il Migliore dei Candidati Possibili, se magari non un diritto di veto sui componenti delle liste, gradirebbe guidare «un autentico rinnovamento della classe dirigente siciliana». Un tema – quasi una condizione – però soltanto sfiorato nell’incontro di mercoledì scorso con Matteo Renzi. Che è salito a Palazzo Giustiniani certo di «chiudere» e di assicurarsi il più efficace argine all’ondata grillina in Sicilia, scongiurando il temuto effetto-domino alle Politiche.

Ma, dopo il colloquio, pure il segretario del Pd s’è convinto della necessità di «prenderci qualche altro giorno di riflessione». E non certo per i mal di pancia degli aspiranti statisti siciliani; né per la freddezza di Angelino Alfano sull’ipotesi Grasso, con cui non toccherebbe palla quasi per nulla.

E allora l’appello del fido Lorenzo Guerini («non tiriamolo per la giacchetta»), oltre che essere concordato parola per parola da Renzi con il diretto interessato, rappresenta un chiaro messaggio. Rivolto agli spasimanti, sin troppo asfissianti, in Sicilia. Ma è soprattutto l’autocoscienza di quelle che lo stesso presidente, con i suoi, definisce «significative difficoltà e perplessità istituzionali». Né un tatticismo, né una strategia per alzare il prezzo. «Lasciare il Senato ora, con leggi importanti come lo Ius Soli e non soltanto sul tavolo, è un rischio non solo per la maggioranza ma per tutto il Paese», è il freno principale che trapela dall’entourage del presidente. Come «poco più che una sciocchezza» è invece bollato l’ostacolo burocratico – avere la residenza a Roma e non in Sicilia – risolvibile con un cambio anagrafico 45 giorni prima del voto.

Però Grasso resta più che mai interessato, oltre che lusingato, dalla clima di sincera speranza innescato dalle voci di una sua corsa per Palazzo d’Orléans. Osserva, da Roma, le mosse degli altri candidati già in pista. E magari avrà annotato un paradosso: è più rispettato dagli avversari che invocato dagli alleati; entrambi, comunque, ne sono intimoriti.

«Questa settimana si decide», è l’unica certezza che circola al Nazareno. Dove, così come ai vertici del Pd regionale, permane un certo ottimismo. «Lui ha già detto sì, deve soltanto decidere come e quando ufficializzarlo» è la versione dem più rassicurante. E arrivano segnali di attivismo da alcuni storici amici del presidente, protagonisti della stagione de La Rete, fino a ieri cellule dormienti del Grassismo.

Ma Sergio Mattarella che ne pensa? Giurano che fra le due principali cariche dello Stato, entrambi palermitani, ci sia stato più di un consulto. E proprio da Palermo arriva un ricordo del Grasso giovane calciatore nei polverosi campi dilettantistici: «Piero entrava in campo col completino bianco, che alla fine di una partita all’ultimo sangue, rimaneva immacolato». Il che, ancora oggi, forse spiega molte cose. Che succederanno. O forse no.

Twitter: @MarioBarresi

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