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Micciché, in missione ad Arcore, Berlusconi: «In Sicilia voglio vincere»

Di Mario Barresi |

Insomma, il Cavaliere comincia a gestire in prima persona – seppur con l’immancabile ausilio diplomatico di Gianni Letta – la delicatissima strategia per le Regionali. Forte dei sondaggi che, nell’Isola ancor più che nel resto d’Italia, accreditano il centrodestra unito come vincente. E visto che in Sicilia si vince (o si perde) a colpo secco, al leader di Forza Italia non basta più soltanto partecipare. «Sia io sia il presidente – ammette il commissario regionale del partito – abbiamo lo stesso obiettivo: vincere». Ma Micciché aggiunge sibillino: «Il punto è che non tutti, nel partito a livello nazionale e nella coalizione in Sicilia, sarebbero felici di questo risultato, che noi però raggiungeremo».

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Ci sono due nuovi elementi, sul tavolo di Berlusconi. Il primo è la ritrovata centralità forzista, da sperimentare alle Regionali come decisivo test in vista delle Politiche della prossima primavera; il secondo è il rifiuto (a questo punto definitivo) di Piero Grasso, con il tramonto di qualsiasi ipotesi di convergenza o quanto meno di desistenza. «Noi dobbiamo aggregare il centrodestra», è il mantra che Silvio ripete ai suoi, puntando a una «coalizione quanto più larga possibile», nella quale però Forza Italia sia «centrale e decisiva» e non certo una ruota di scorta. Nel quartier generale è arrivato, forte e chiaro, il senso dell’«orgoglio azzurro» messo nero su bianco da quasi tutti i big siciliani del partito. Deputati nazionali e regionali, oltre che dirigenti di tutta l’Isola, hanno chiarito un paio di punti.

Il primo è la voglia di esprimere, per la prima volta nell’era dell’elezione diretta, un proprio nome alla presidenza della Regione. Eppure, dopo l’auto-esclusione del parlamentare europeo Salvo Pogliese (che, già proiettato sulle Amministrative di Catania, spingerebbe per il deputato Basilio Catanoso) e il rifiuto multiplo di Stefania Prestigiacomo, non sembra che Forza Italia abbia altri nomi forti. Il secondo elemento è un no secco all’idea di sostenere un candidato centrista, esponente di chi ha sostenuto i governi del Pd a Roma e a Palermo. Ed è sopratutto quest’ultima sottolineatura che ha fatto andare su tutte le furie Micciché, il quale – dopo aver fatto ripartire un frequente e proficuo dialogo con Angelino Alfano – aveva già pronto un ticket di candidati centristi: mentre voleva che tutti guardassero il dito (l’imprenditrice Barbara Cittadini, moglie dell’alfaniano Dore Misuraca), il viceré berlusconiano di Sicilia era già atterrato sulla luna. Ovvero: Giovanni La Via, europarlamentare di Ap. Gradito a Micciché e a Totò Cuffaro, ma soprattutto graditissimo a Raffaele Lombardo, che godrebbe non poco nell’essere fra gli ispiratori di un candidato di scuola firrarelliana non digerito proprio da Pino Firrarello.

Ma per adesso questa strada è sbarrata, oltre che dalla lettera aperta dei dirigenti forzisti, da Noi con Salvini: «In Sicilia non c’è bisogno di chiedere il permesso ad Alfano, che di centrodestra non ha più nulla da anni, per determinare la vittoria», ricorda Alessandro Pagano a Micciché. «È chiaro che sarà lui l’ago della bilancia che farà vincere o perdere Musumeci e il centrodestra. Please, il mio amico Gianfranco non scherzi con i siciliani. Non ci sarà più un’altra occasione».

Ma oggi cosa succederà ad Arcore? Fonti dello staff di Berlusconi (che pure ha sul tavolo da settimane sondaggi molto lusinghieri sull’ex presidente dell’Antimafia dell’Ars), nel confermare la «massima sintonia del presidente con il commissario siciliano», dubitano che ci sia una fumata bianca su Musumeci. E lo stesso Micciché, protagonista mercoledì sera di una “conversione” sul nome di Nello (dopo uno schietto faccia a faccia) che ai musumeciani fa puzza di «trappolone», chiarisce: «Io non ho preclusioni su nessuno, ma il nome è secondario. Se costruiamo una coalizione da 40% il problema non è avere il candidato migliore, ma la persona più capace per governare la Sicilia».

Musumeci, in gran silenzio, è molto più avanti. Dal suo entourage trapela un «moderato ottimismo» sulla convergenza di tutto il centrodestra sul suo nome. Ma intanto si lavora già alle liste di #DiventeràBellissima, con un overbooking di aspiranti candidati in arrivo anche da altri lidi. Gli dà una mano anche il senatore forzista Enzo Gibiino, che lancia l’appello «agli elettori di centro, agli amministratori, ai parlamentari perché decidano di abbandonare la sinistra e Crocetta virando verso Musumeci». Il quale, intanto, tesse la tela con i leader nazionali. Ieri, a Palermo, ha incontrato il segretario dell’Udc, Lorenzo Cesa (che ha visto anche Micciché) incassando un «sostanziale gradimento» alla sua candidatura. E lunedì prossimo, a Catania, dovrebbe formalizzare l’accordo con Giorgia Meloni per il sostegno di Fratelli d’Italia. Musumeci e i suoi sherpa hanno avuto anche confronti con gli alfaniani, oltre che con Roberto Lagalla e Gaetano Armao. «Se qualcuno s’è messo in testa che Nello sia disponibile a fare un passo indietro in cambio di qualcosa – dicono i suoi fedelissimi – si sbaglia di grosso». Un altro segnale di fumo. Con destinazione Arcore. Dove Musumeci, ampiamente preceduto dalle ambasciate di Stefano Parisi, non è ancora stato, ma magari vorrebbe (e dovrebbe) andare. Ma oggi lì c’è Gianfranco. E la cosa non promette nulla di buono. Per Nello.

Twitter: @MarioBarresi

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