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Cani, «Patentino per i padroni»

Di Maria Ausilia Boemi |

«Il corso – spiega – nasce dall’esigenza di cercare al massimo di prevenire situazioni spiacevoli di aggressioni di cani, causate da una gestione diffusa non ideale del cane». E porta l’esempio della Svizzera dove hanno istituito corsi obbligatori (in seguito limitati alle 30 razze più pericolose) propedeutici all’accoglienza in casa di un cane. Qualcosa che in Italia esiste soltanto in caso di comprovata pericolosità del cane «cioè – sottolinea – quando il danno già è stato fatto». Tutti i cani, infatti, indipendentemente dalla razza, sono esposti a un rischio di aggressività per una loro gestione non ideale, oppure per un troppo precoce allontanamento dalla madre che, secondo il dott. Amore, non dovrebbe avvenire mai prima dei tre mesi di età del cucciolo. «Quello che mi preme – spiega – è garantire il benessere del cane, nella sua gestione ideale e, attraverso il benessere del cane, si garantire anche quello della persona. Il proprietario, infatti, si sente molto spesso solo, non sa come gestire la situazione e finisce con l’abbandonare il proprio cane: decisione che – sono convinto – non è presa alla leggera».

I corsi sono aperti a tutti: oltre a proprietari di fatto e in pectore, a educatori cinofili, operatori dei canili, volontari. Non sempre questi ultimi, pur armati dalle migliori intenzioni, sanno infatti come approcciarsi a un randagio. «Bisogna sempre mettere in conto che io non conosco quel cane, che potenzialmente potrebbe avere una reazione aggressiva nei miei confronti. Quello che si fa è capire l’approccio: se il cane si avvicina da solo, scodinzolante, è tutto facilissimo. Quando vedo invece un cane potenzialmente aggressivo, perché ad esempio ha le orecchie alzate, comincia a mostrare i denti e a ringhiare, io non mi posso avvicinare, è meglio che lo ignori e chiami chi di dovere, di solito i vigili urbani. Ma è anche importante che, in caso di ritrovamento di un cucciolo, ci si accerti che nei dintorni non ci sia la madre, che talvolta si allontana per poi tornare. È importantissimo non separarli dalla madre, che è quella che insegna al cucciolo come fare certe cose e, anche nella genesi dell’aggressività, che corregge il cucciolo se morde».

Avere un cane oggi è diventato un fenomeno di massa, di moda e, mentre in passato era solo un animale da utilità, oggi è principalmente un animale da compagnia. «E qui cominciano i problemi di stress, di disagio del cane, perché l’animale esclusivamente da compagnia non sa che fare, è molto più esposto allo stress, al disagio, alla noia, situazioni che spesso possono scatenare reazioni aggressive». «Un cane felice – spiega il dott. Amore – vuole sentirsi utile al proprio padrone, al proprio branco. Non dobbiamo mai scordarci che per il cane noi siamo il branco e il padrone diretto è il capobranco. Non dobbiamo quindi pretendere che il cane sia un essere umano, ma piuttosto dobbiamo conoscere la sua psicologia, la sua socializzazione intraspecie e interspecie. Se un cane vive da solo, o non ha socializzazione con altri cani, quando esce da casa l’unica reazione possibile è l’aggressività nei confronti di altri cani o delle persone». E sul recupero di cani che sono arrivati all’aggressività estrema (l’uccisione di una persona), il dott. Amore è molto netto: «In quei casi non c’è nulla da fare e chi pensa di potere recuperare il cane, dal mio punto di vista si sbaglia. In quei casi non resta, e lo dico con immensa pena, che l’eutanasia».

Per questo è così importante prevenire: sin da cucciolo il cane manifesta la sua aggressività e deve essere corretto subito. «Molto spesso sento dire, anche nei casi più drammatici, che il cane non aveva dato segnali, è stato sempre buono, pacifico: per me non è possibile, non è assolutamente vero. Sicuramente ci sono stati in precedenza senali, ma non sono stati colti». E all’origine ci sono sempre errori umani. Come quando, secondo la moda diffusa, si consente al cane di entrare nelle camere da letto: «Così facendo, sto in realtà permettendo al cane di prendere possesso, contrariamente a quanto fa un capobranco, di un mio spazio territoriale che dovrebbe rimanere privato. Ci sono situazioni particolari in cui i cani, non essendo guidati e gestiti bene, pensano di essere loro il leader, il capobranco: ciò avviene se non vedono questa figura di leader nell’essere umano. Un altro segnale che spesso sottovalutiamo è quando il cane comincia a volere montare la nostra gamba. Se noi glielo permettiamo, sbagliamo, perché quell’atto di monta è un messaggio di possesso: il cane si sta impossessando della leadership su quella persona, percependo di essere lui il capo. Oppure quando il cane comincia a rizzare le orecchie: questo è un atteggiamento di attenzione e tensione nel cane, spesso sottovalutato. E, quando arriva il momento in cui magari siamo scocciati o non abbiamo tempo e non vogliamo stare col cane, ecco che arriva il morso, perché noi per il cane non siamo “autorizzati” a non volere più la sua compagnia o a gestire in altro modo il tempo, perché è lui che è diventato il leader. Sono situazioni che si possono prevenire e correggere». C’è poi un discorso di buonsenso, come l’uso della museruola: «Quando siamo in una zona pubblica dove ci sono bambini, non fa male mettere la museruola al cane, perché non sappiamo mai cosa può succedere in un certo momento e, mettendo la museruola al cane, abbiamo neutralizzato la sua pericolosità». Perché è vero che le razze pericolose lo sono particolarmente per la possanza fisica (il morso di un pittbull non è come quello di un chihuahua), ma c’è anche da dire che la selezione delle razze l’abbiamo fatta noi umani. «E ci sono state selezioni di razze per la loro particolare docilità – per esempio il terranova, di grande possanza, è un cane molto docile – ma altre effettuate per il motivo opposto, a favore dei combattimenti. Così come altre razze sono state selezionate come cani da compagnia». Buon senso vuole che, nella scelta del tipo di cane, piuttosto che la moda, a guidare sia un criterio di opportunità: «Se mi metto in salotto con un cane selezionato per combattimenti, non è la stessa cosa che stare in salotto con un barboncino. Io devo capire qual è il cane che più mi dà soddisfazione, che più serve a me nel mio contesto, nella mia realtà ambientale. E in questo il veterinario può benissimo aiutare a scegliere».

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