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Crocetta “fatwa” sul camion-palco: Fidatevi, sento scrùsciu di catìni»

Di Carmela Marino |

Vittoria (Ragusa) –  «Che poi, questo Piffi che mi chiama per farmi la cazziata su disabili, che ne sa perché non sono lì a Palermo… I disabili sono in cima ai miei pensieri, ma ora sono qui per lanciare una sfida». Ma a chi? «A Cosa Nostra, alla stidda, alla ‘ndrangheta e alla camorra, per buttarli fuori da qui dentro e ridare la libertà ai vittoriesi». Mezzogiorno spaccato. Rosario Crocetta arriva con una puntualità da Zurigo. Invece è a Vittoria. Nel consorzio Caair, davanti al mercato ortofrutticolo, appena sfregiato dal raid doloso.

Una breve visita al cimitero dei Tir incendiati, un abbraccio all’imprenditore Giuseppe Biundo, che con i suoi quattro figli gestisce un’azienda di trasporti che dà il pane a 23 dipendenti. Il governatore saluta i suoi amici vittoriesi, fra cui il sempre battagliero ex sindaco Ciccio Aiello, che gli consegna un dossier per chiedere il cosiddetto “accesso” della Prefettura e l’intervento del Viminale per «commissariare il mercato per 18-24 mesi e rimettere le cose in ordine». Crocetta annuisce: «Dammi le carte che ci penso io». Appena una frigida stretta di mano, invece, con il sindaco in carica. «Sono qui per un saluto istituzionale – sibila Giovanni Moscato – e mi interessa solo che chiunque parli porti fatti concreti per la città».

Si vede subito che il presidente muore dalla voglia di parlare al popolo di Fanello. Senza megafono né Megafono, senza il microfono che si guasta. Per gridare, soprattutto, la sua personalissima fatwa ai mafiosi del mercato: «Sento scrùsciu di catini». Rumore di catene, «lo stesso che sentivo dopo l’attentato ad Antoci sui Nebrodi e poi li hanno arrestati, così come faranno qui, me l’hanno detto».

Peccato che nello spiazzale, al netto di giornalisti e forze dell’ordine, ci siano poche decine di persone. Gaetano Malannino, leader di Altra Agricoltura, denuncia il «dato sconvolgente» e cioè che «qui dovrebbe esserci tutta l’agricoltura di Vittoria e invece siamo in pochi». Crocetta lo blocca: «Ripartiamo da chi c’è e ci mette la faccia».

Pochi, ma buoni. Ad ascoltare il Crocetta ritornato all’antico. Alla «legalità di strada». Rieccolo, il governatore di lotta (antimafia) e di governo. Sale sul cassone di un camioncino bianco. Accanto a lui, fra gli altri, il deputato del Pd all’Ars, Pippo Digiacomo e il sindaco di Acate, Francesco Raffo.

L’incipit: «Chi viene qui a fare passerelle è un infame». E subito, in risposta a chi strabuzza gli occhi: «Io sono sempre stato qui, vicino a tutti voi».Il presidente della Regione dimostra di conoscere le dinamiche malavitose: «Se ti bruciano il mezzo senza averti chiesto il pizzo è perché non ti vogliono, se ti danneggiano il trattore poi viene un “amico”…». Applausi. Anche da Biundo, che fa un discorso breve ma commovente: «Non ci sono aerei per trasportare la nostra merce. Chi ha tradito il mio consorzio, ha tradito se stesso. Svegliamoci tutti, non perdiamo tempo. Uniamoci, andiamo a combattere questa gente malavitosa che opera in silenzio. È una cosa lurida, sporca e misera. In questa provincia ci sono sei imprenditori che hanno subìto la stessa cosa. Mi sono ribellato io, forse perché sarò il più cretino, il più stronzo e il più onesto».

Le parole di Crocetta sono un perfetto manuale dell’antimafia ortofrutticola. Scuote le coscienze: «È il tempo della mobilitazione e della denuncia. Potete venire anche da me a farlo anonimamente». Solletica il Volksgeist ipparino. Da ex comunista: «Io ero picciriddu quando Vittoria la rossa non si piegava ai potenti». E da gelese, chiedendo «scusa perché tutti i mafiosii ve li abbiamo portati noi», nel ricordare «i Dominante e i Carbonaro che fanno cumparaggio con gli Emmanuello».Evoca Giovanni Falcone e la «mafia che non spara», cita il Vangelo della «giusta mercede» ai lavoratori vittoriesi. Poi, in un crescendo, ecco il Rosario ben informato e sprezzante: «Negli ultimi tempi molti sono usciti dalle carceri e sono di nuovo in giro. Hanno ripreso le loro attività, escono dai negozi con le buste piene. Gli piace il lusso, dopo la galera…». E l’affondo che porta al tintinnio di manette: «Perché dobbiamo farli strapazzare, i mafiosi? In carcere sono rilassati, sistemati. Hanno anche la tv in cella…».Infine la «sfida a tutti i mafiosi, parassiti, gente inutile e fango». Ma anche un’invocazione alla «rivolta di massa». Questa «era detta la città babba e s’è fatta conquistare dai delinquenti sperti». E allora l’invito, sempre in punta di Vangelo, ai vittoriesi: essere «miti come agnelli, ma astuti come serpenti».

Applausi. Intimi, ma sentiti. E meritati. L’imprenditore vittima dell’attentato lo promuove a pieni voti, «perché è onesto con la “u” maiuscola, mi ha cercato lui per darmi solidarietà e oggi qui ha fatto un discorso bellissimo», certifica Biundo.Il Crocetta agit-prop fra le cassette di frutta scende dal “predellino” Iveco, saluta tutti. E corre a Palermo, per affrontare Piffi e i disabili. Entrando nella blindata un ultimo sussulto: «Ricordate che sento scrùsciu di catene». Segue risata convinta.A distanza (molta) il leader dei Forconi, Mariano Ferro, ha ascoltato tutto. Un giudizio? «Sconcertante».COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA

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