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Sanità: gravidanza a rischio per sangue raro, bebè salvata da donatore ‘unico’

Roma, 19 set. (AdnKronos Salute) – Una gravidanza a rischio a causa di un sangue troppo raro, che rischiava di danneggiare il feto. Ma anche un donatore speciale, forse unico in Italia, con un gruppo sanguigno compatibile, grazie al quale è stato possibile fare trasfusioni di sangue direttamente in utero e salvare la vita alla […]

Di Redazione |

Roma, 19 set. (AdnKronos Salute) – Una gravidanza a rischio a causa di un sangue troppo raro, che rischiava di danneggiare il feto. Ma anche un donatore speciale, forse unico in Italia, con un gruppo sanguigno compatibile, grazie al quale è stato possibile fare trasfusioni di sangue direttamente in utero e salvare la vita alla bimba. E’ a lieto fine la storia di Federica (nome di fantasia), nata a luglio, che “sta bene ed è già a casa con la sua mamma”, grazie anche al lavoro della Banca del sangue raro e agli esperti della Patologia della gravidanza della Medicina e Chirurgia fetale del Policlinico di Milano.

Tutto inizia quando una donna di origini sudamericane si rivolge alla Clinica Mangiagalli del Policlinico per la sua gravidanza. In passato aveva avuto un aborto spontaneo, e per questo sceglie di farsi seguire in un centro di alta specializzazione. I primi esami, però, mostrano subito che qualcosa non va: la donna è positiva al test di Coombs indiretto, che viene utilizzato per capire se la madre ha sviluppato degli anticorpi che aggrediscono i globuli rossi del feto. La mamma, quindi, sta potenzialmente mettendo in pericolo la vita della piccola che porta in grembo. C’è però un problema ulteriore: la donna ha un tipo di sangue molto raro, che si chiama ‘fenotipo Rh deleto’. Si tratta di una condizione che varia molto in base alla popolazione, ma che comunque si verifica in meno dello 0,2-1% dei casi (in Asia, anche in soli 3 casi su mille). In pratica, la madre sta producendo anticorpi contro il feto anche se in condizioni normali non dovrebbe farlo affatto.

“Questi anticorpi – spiega Maria Antonietta Villa, responsabile del Laboratorio di Immunoematologia, del Centro trasfusionale dell’Irccs di via Sforza – si riscontrano in condizioni estremamente rare e possono causare aborti ricorrenti, grave malattia emolitica del feto e del neonato e grave reazione trasfusionale negli individui che presentano questo fenotipo”. Data la pericolosità dell’anticorpo e la rarità delle caratteristiche del sangue materno, “abbiamo coinvolto il nostro Ambulatorio di Ematologia della gravidanza e l’Ambulatorio di Patologia della gravidanza e Medicina fetale, per tenere monitorata la gestazione. Sono stati eseguiti test di Coombs periodici ed ecografie mirate, per valutare gli eventuali segni precoci di anemia fetale provocati dagli anticorpi della madre”.

Purtroppo, dopo 8 settimane di attento monitoraggio iniziano a presentarsi nel feto i primi segni di anemia. La soluzione sarebbe fare delle trasfusioni direttamente in utero, ma il sangue della madre è molto raro e ci sono pochissime probabilità di trovare un donatore compatibile. Al Centro trasfusionale del Policlinico di Milano, però, c’è la Banca di emocomponenti di gruppi rari, che tiene un Registro regionale dei donatori di sangue raro. Grazie a controlli incrociati si trova “un unico donatore di sangue residente in Lombardia, e forse in Italia, con questo rarissimo fenotipo. Questa persona donava il sangue periodicamente all’Istituto nazionale tumori, ed è stato convocato con urgenza per chiedergli una donazione dedicata nel nostro Centro trasfusionale”, prosegue Villa. Il donatore accetta immediatamente di dare una mano e così il prezioso sangue raro viene recuperato.

Alla 30esima settimana di gravidanza, e grazie alla donazione del sangue raro, vengono fatte due trasfusioni in utero. “Il feto, che inizialmente presentava grave anemia – riferisce ancora l’esperta – ha avuto un grande beneficio dalle trasfusioni, con un marcato miglioramento delle sue condizioni”. Alla 35esima settimana la bimba viene fatta nascere con taglio cesareo: tutto si svolge per il meglio, “e fortunatamente né la piccola né la sua mamma hanno avuto bisogno di ulteriori trasfusioni. Ora sono entrambe a casa, stanno bene, e hanno come unica preoccupazione quella di fare qualche controllo periodico”.

“Questo caso – commenta Laura Chiappa, direttore sanitario della Fondazione Policlinico – mostra chiaramente l’importanza di una stretta collaborazione tra tutti gli esperti coinvolti, come trasfusionisti, ginecologi, ematologi e neonatologi, per la gestione delle donne in gravidanza che hanno un gruppo sanguigno con caratteristiche rare. Senza il supporto di una Banca del sangue raro, come quella attiva al Policlinico di Milano, e senza il prezioso contributo dei donatori di sangue, pronti a rispondere anche alle convocazioni urgenti, bambini come Federica – conclude – probabilmente non potrebbero nemmeno nascere”.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA