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Medicina: in Ue +34% casi ictus nel 2035, solo 30% riceve cure adeguate

Roma, 17 ott. (AdnKronos Salute) – Entro i prossimi venti anni si stima che il numero totale dei casi di ictus nell’Unione europea aumenterà del 34% , cioè un passaggio da 613.148 casi nel 2015 a 819.771 nel 2035. Tuttavia, nonostante questa patologia rappresenti una tra le prime cause di morte in Europa, la seconda […]

Di Redazione |

Roma, 17 ott. (AdnKronos Salute) – Entro i prossimi venti anni si stima che il numero totale dei casi di ictus nell’Unione europea aumenterà del 34% , cioè un passaggio da 613.148 casi nel 2015 a 819.771 nel 2035. Tuttavia, nonostante questa patologia rappresenti una tra le prime cause di morte in Europa, la seconda causa di deficit cognitivo e in assoluto la prima causa di disabilità a lungo termine, oggi solo il 30% dei pazienti colpiti da ictus riceve un’assistenza adeguata. E’ quanto emerge dal rapporto ‘L’impatto dell’ictus in Europa’, commissionato dall’associazione Safe – Stroke Alliance for Europe al King’s College di Londra e presentato oggi a Roma allo Spazio Europa.

Il lavoro, tradotto in italiano dalle associazioni Alice e Ars Umbria, con il patrocinio dell’Osservatorio tctus Italia, ha esaminato dati, documenti e informazioni provenienti da 35 nazioni europee, fra cui l’Italia, rilevando differenze significative tra i diversi modelli terapeutici e disparità nelle possibilità di accesso. Si evidenzia come sia possibile un notevole miglioramento dell’indice di sopravvivenza grazie all’implementazione delle Stroke Unit e all’uso del trattamento di trombolisi.

“Nel trattamento acuto dell’ictus è fondamentale agire in tempo – afferma Antonio Sparano, direttore Stroke Unit Irccs Neuromed Pozzilli – Studi dimostrano che, se tempestivamente somministrato, un farmaco trombolitico, entro le prime 4 ore e mezza riesce spesso a migliorare di molto la prognosi”. La prevenzione e la corretta terapia dovrebbero quindi rappresentare una priorità per i Paesi europei: attualmente – rileva il rapporto – il tasso di morte per ictus nei diversi Stati varia da 30 a 170 casi ogni 100 mila abitanti, differenza che dipende dalla eventuale presenza di Unità neurovascolari funzionali sul territorio. Una differenza che si può rilevare marcatamente anche in Italia: “Purtroppo non esiste una vera e propria strategia nazionale di politica sanitaria dell’ictus e i cittadini non hanno pari accesso né alle informazioni sulla patologia né alle cure necessarie per prevenirla”, ribadisce l’europarlamentare Aldo Patriciello.

“Nel nostro Paese c’è un nord più organizzato con Stroke Unit efficienti, mentre al sud dobbiamo registrare con grande chiarezza che ci sono addirittura aree con totale assenza di Stroke Unit. Questo – aggiunge – comporta un rischio molto importante per i cittadini, perché il tempo è essenziale. A Londra il tempo di percorrenza che intercorre da un evento di ictus al ricovero in ospedale è di 30 minuti. Nel sud Italia parliamo anche di 4-5 ore. E’ quindi necessario che le autorità competenti italiane si impegnino per superare le disparità di accesso alle cure e di trattamento dei pazienti sul territorio”.

“Importante è programmare, verificare e accreditare le strutture migliori per poter curare bene – sostiene Luigi Frati, direttore scientifico Irccs Neuromed – Significa fare bene programmazione e molta ricerca negli ospedali, avendo sempre l’umiltà di verificare il proprio operato, perché il paziente deve poter avere il meglio delle cure. Una rete nazionale è certamente importante. Una rete di qualità, che sia in grado di dire dove, come e in che maniera si deve curare un ictus”.

E la qualità passa soprattutto attraverso la tempestività della cura: “In Italia i soggetti che hanno avuto un ictus e sono sopravvissuti, sono circa 940 mila, ma il fenomeno è in costante crescita, a causa dell’invecchiamento progressivo della popolazione e i tempi di soccorso nel nostro Paese sono ancora troppo lunghi – sottolinea Nicoletta Reale, presidente Osservatorio Ictus Italia e presidente Alice Italia Onlus – In molte Regioni italiane non esiste ancora il ‘Codice ictus’ per il trasporto in ospedale: il personale del 118 (o 112), pur riconoscendo i sintomi dell’ictus, è tenuto, in base ai protocolli vigenti, a portare il paziente al pronto soccorso più vicino, anche se non dotato di Stroke Unit, aggiungendo quindi ulteriori perdite di tempo”.

“Il ministero della Salute – precisa – stima che dovrebbero essere presenti oltre 300 Stroke Unit sul territorio, una ogni 200 mila abitanti: ne risultano operative 189, concentrate per l’80% nel nord Italia. Si va dalle 42 della Lombardia alle 5 della Sicilia, passando per Napoli che non ne ha nessuna”.

Malgrado la maggior parte dei Paesi europei abbia linee guida sui fattori di rischio, come ad esempio alta pressione sanguigna o fibrillazione atriale, si registra un significativo sottotrattamento. “Per gli uomini il 52% degli ictus ischemici potrebbe essere prevenuto modificando lo stile di vita, mentre per le donne siamo al 54%”, ricorda Simona Giampaoli, direttore del Dipartimento malattie cardiovascolari, dismetaboliche e dell’invecchiamento dell’Istituto superiore di sanità.

“I pericoli – prosegue – sono rappresentati da ipertensione arteriosa, ipercolesterolomia, obesità, sovrappeso, inattività fisica e fumo. Particolare attenzione va rivolta alla dieta, che dagli anni ’60 a oggi ha visto un incremento sensibile di consumo di carni e dolci. Inoltre, i valori medi di escrezione di sale sono troppo alti in Italia, l’Oms ne consiglia 5 gr al giorno, mentre nel nostro Paese gli uomini ne consumano mediamente 10.6 e le donne 8.2”, conclude Giampaoli.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA