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Gabriela, mamma a ogni costo nonostante la sclerodermia: «Non ho temuto la malattia»

Di Giovanna Genovese |

«Ho rischiato? Beh, sì certamente. Ma le mie condizioni di salute non erano poi tanto gravi. Vede, nel 2005 ho subìto il trapianto di cellule staminali e da allora a oggi la malattia ha seguito un percorso stabile. Insomma lo potevo fare; tutto calcolato.

«La scelta di Gabriela, che ho sempre condiviso – è stata una scelta non egoistica ma d’amore e di sprone per gli altri malati – racconta con gli occhi lucidi il marito Salvatore Rapisarda, 37 anni, bracciante agricolo – senza i quali non avrebbe potuto portare avanti questa decisione. Voleva disperatamente il calore di una famiglia, quel calore che purtroppo le mancato da ragazzina, e oggi io e Alessandra siamo qui a “riscaldarla” ogni giorno».

«E’ un angelo mio marito: da 14 anni, ossia da quando ci siamo conosciuti mi tratta come un bene prezioso. Da lui solo amore, sostegno, comprensione e dedizione. Certo è un po’ scanzafatiche, non mi dà un grosso aiuto nelle faccende domestiche, ma credo che lo faccia per me; per non farmi pesare gli handicap della malattia. Io invece sono un moto perpetuo; conduco una vita normale e non voglio essere trattata da invalida; insomma né compassione né commiserazione. Eppoi dò una grossa mano d’aiuto all’associazione italiana malati sclerodermici». Un anno fa Gabriela resta incinta. Ma sul momento non se ne rende conto. Quei fastidi quei dolori non sono i soliti che da vent’anni la perseguitano. C’è qualcosa di strano. Qualcosa che non sa spiegarsi sta avvenendo nel suo corpo.

Poi il verdetto: il test di gravidanza è positivo. Gabriela non sta nella pelle. Si confida col marito ed entrambi piangono di gioia. Cominciano gli esami. A raffica. Quindi il ricovero al Santo Bambino. Per un mese è tenuta sotto stretta osservazione seguita dal dott. Fortunato Genovese e assistita dall’equipe del prof. Marco Palumbo, direttore dell’istituto di Patologia ostetrica e ginecologica del nosocomio. I test si susseguono sempre più accurati. Gabriela vuole sì un figlio ma deve essere sano. Perché lei non è in grado di accudire un bimbo malato. All’undicesima settimana Gabriela conosce il sesso: è una femmina. Al sesto mese due campanellini d’allarme: la pressione sale e il liquido amniotico si riduce. Il ricovero è necessario. Un mese di “vacanza forzata” in ospedale e poi alla trentaduesima settimana la decisione: cesareo d’urgenza. Gli ultimi 7 giorni sono un incubo per Gabriela: va in gestosi, è molto affaticata, le protenurie sono altissime. Non si può aspettare. Alessandra nasce alle 15,29. E’ il 31 agosto del 2017. Pesa un chilo e 440 grammi.

«Un altro figlio? E chi lo sa. Oggi comunque ringrazio il Signore perché donandomi una vita mi ha ripagato di tanti anni di sofferenza».

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