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Tumori: rischi da patate e pane troppo abbrustoliti, campagna in Gb

Milano, 23 gen. (AdnKronos Salute) – Giallo dorato, non marrone. Pane, patatine fritte e patate in genere devono essere cotti fino a questo punto e non oltre, per ridurre l’assunzione di una sostanza chimica che potrebbe causare il cancro e che è appunto un sottoprodotto naturale del processo di cottura. A rilanciare l’allarme sulle insidie […]

Di Redazione |

Milano, 23 gen. (AdnKronos Salute) – Giallo dorato, non marrone. Pane, patatine fritte e patate in genere devono essere cotti fino a questo punto e non oltre, per ridurre l’assunzione di una sostanza chimica che potrebbe causare il cancro e che è appunto un sottoprodotto naturale del processo di cottura. A rilanciare l’allarme sulle insidie degli alimenti amidacei ‘bruciacchiati’ questa volta sono gli scienziati britannici della Food Standards Agency (Fsa). Il ‘nemico’ da tenere a bada, avvertono, ha un nome preciso: acrilammide. Si produce quando gli alimenti amidacei vengono arrostiti, fritti o grigliati troppo a lungo ad alte temperature. E per questo gli esperti raccomandano di seguire attentamente istruzioni di cottura finalizzate a evitare di ‘imbrunire’ questi cibi. Nonostante il dibattito sulla minaccia rappresentata dall’acrilammide sia ancora aperto.

La ricerca ha dimostrato negli animali che la sostanza chimica in questione è tossica per il Dna e provoca il cancro. Gli scienziati assumono che lo stesso possa valere per le persone, anche se ancora, come precisa anche l’associazione Cancer Research Uk, non vi è una prova conclusiva. Le conseguenze ipotizzate includono un aumento del rischio di cancro nel corso della vita ed effetti sul sistema nervoso e riproduttivo. Ma per gli esseri umani si discute sul livello di esposizione alla sostanza, e c’è anche chi non è convinto del pericolo paventato per la salute pubblica. Come David Spiegelhalter della Cambridge University – citato dalla Bbc online – secondo il quale “anche gli adulti con il più alto consumo di acrilammide dovrebbero assumerne 160 volte tanto per raggiungere un livello tale da causare un rischio aumentato come quello osservato nei topi”.

La Fsa ha ritenuto comunque necessario diffondere dei suggerimenti. Fra cui inserisce anche quello di non conservare nel frigorifero patate e pastinaca, perché a basse temperature nelle verdure i livelli di zucchero aumentano, innalzando potenzialmente anche la quantità di acrilammide prodotta durante la cottura. I livelli più alti di questa sostanza si rilevano – spiegano gli esperti – in alimenti ad alto contenuto di amido che sono stati cotti sopra 120 gradi centigradi: patatine, pane, cereali per la colazione, biscotti, cracker, dolci e caffè.

Il problema si pone anche quando si cucinano in casa – al forno, arrosto, alla griglia o friggendoli – patate, pane e pastinaca. In particolare, sul banco degli imputati finiscono i toast: più è scuro il colore del pane grigliato, più acrilammide è presente. Durante il processo di doratura lo zucchero, gli aminoacidi e l’acqua presenti nel pane si combinano per creare il colore (e l’acrilammide) e anche il sapore e l’aroma. La Food Standards Agency precisa che non è chiaro esattamente quanta acrilammide possa essere tollerata dalle persone, ma si ritiene che in generale se ne assuma troppa.

Da qui l’avviso rivolto alla popolazione, con l’invito a fare piccole modifiche alle modalità di cottura e preparazione del cibo. La prima indicazione è appunto quella di fermarsi a un colore giallo dorato quando si cucinano alimenti amidacei come pane, patate e ortaggi a radice. E ancora, di non tenere le patate crude in frigo, ma conservarle in un luogo fresco e buio sopra i 6 gradi, e seguire infine le istruzioni di cottura con attenzione quando si scaldano pizze, patate arrosto, chips e così via.

Oltre agli avvertimenti ai cittadini, la Fsa sta anche lavorando con l’industria per ridurre l’acrilammide negli alimenti trasformati. Un aspetto da considerare, secondo Steve Wearne, direttore della Policy dell’Agenzia, è che la maggior parte delle persone non sono neanche consapevoli del fatto che l’acrilammide esiste. “Vogliamo che la nostra campagna evidenzi il problema, in modo che i consumatori sappiano quali piccoli cambiamenti adottare per abbassarne il consumo”. Una riduzione va ottenuta, a detta dell’esperto. “C’è in questa direzione del lavoro importante da fare per il governo, l’industria e gli altri attori, anche se dobbiamo ancora saperne di più sulla reale portata del rischio”.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA