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Malattie rare: Italia eccellenza in Ue ma ancora troppo divario Nord-Sud

Roma, 27 lug. (AdnKronos Salute) – Con 189 centri di riferimento su 942 negli Ern (European Reference Networks) l’Italia “si conferma eccellenza in Ue” nel campo delle malattie rare. E cresce anche la ricerca, con l’aumento degli studi clinici autorizzati sulle malattie rare. Persiste però una disomogeneità territoriale su assistenza ed erogazione dei trattamenti. I […]

Di Redazione |

Roma, 27 lug. (AdnKronos Salute) – Con 189 centri di riferimento su 942 negli Ern (European Reference Networks) l’Italia “si conferma eccellenza in Ue” nel campo delle malattie rare. E cresce anche la ricerca, con l’aumento degli studi clinici autorizzati sulle malattie rare. Persiste però una disomogeneità territoriale su assistenza ed erogazione dei trattamenti. I centri che partecipano agli Ern sono dislocati solo per il 13,6% al Sud e per il 19,7% al Centro, contro il 66,7% del Nord. E’ quanto emerge da ‘Monitorare’ il III Rapporto sulla condizione della persona con malattia rara in Italia, realizzato dalla Federazione italiana malattie rare-Uniamo Fimr, con la collaborazione del ministero della Salute e presentato oggi a Montecitorio.

Novità di quest’anno è il quadro della situazione italiana nel contesto europeo: i dati sulla partecipazione ai network europei che riuniscono i Centri di expertise per malattie rare e complesse dimostrano che l’Italia è presente in 23 Ern su 24, con il maggior numero di Health Care Providers rispetto agli altri Paesi, 189 su 942 (20,1%). Anche in termini di rappresentatività dei pazienti negli ePags (membri dell’European Patient Advocacy Groups) collegati agli Ern la presenza italiana è rilevante: 25 su 142 (17,6%).

“Le malattie rare sono una importante sfida di sistema – afferma Tommasina Iorno, presidente di Uniamo Fimr – Sono ad alta complessità assistenziale e l’impatto nella vita delle persone non tocca solo il piano della salute ma quello psico-sociale dell’intero nucleo familiare. C’è bisogno di un approccio comune in tutti i territori per dare un supporto alle famiglie che includa anche l’aspetto socio-assistenziale e strumenti di integrazione scolastica e lavorativa. MonitoRare vuole essere uno strumento di crescita collettiva promosso dalle associazioni pazienti per scegliere le azioni da mettere in campo per arrivare ad un’equità di trattamento in tutto il Paese”.

Tra i “punti di forza” che emergono dal rapporto c’è la ricerca: gli studi clinici autorizzati sulle malattie rare sono passati dai 117 del 2013 ai 160 del 2016 (24,6%), i gruppi di ricerca italiani sono presenti in 1 progetto su 5 (20,6%) relativi alle malattie della piattaforma Orphanet. Inoltre secondo una ricerca Uniamo Fimr a cui hanno risposto 37 Irccs su 49, nel 2016 i 346 progetti sulle malattie rare hanno assorbito il 12,4% delle risorse investite nell’anno in progetti di ricerca corrente (oltre 15 milioni di euro). La produzione scientifica ammonta a oltre 500 pubblicazioni l’anno e continua a migliorare la copertura dei Registri regionali: la stima di persone con malattia rara in Italia oscilla tra 370 mila e 860 mila.

Emerge un trend in crescita anche per la copertura dello screening neo-natale esteso per le malattie metaboliche ereditarie, passato dal 29,9% del 2012 al 50,4% del 2015, con una “critica” differenza relativa alle Regioni del Sud. Crescono anche i laboratori clinici del database di Orphanet e il numero di malattie testate. Negli ultimi 5 anni l’Italia è passata da 264 a 279 laboratori censiti e da 794 a 1.497 malattie testate. Anche per i farmaci orfani si registra un aumento sia nella disponibilità che nel consumo. La spesa passa dai 917 milioni del 2013 ai 1.393 milioni del 2016 (+52%). E si conferma anche il trend delle richieste di riconoscimento di utilizzo off-label di farmaci per malattie rare: 15 nel 2016 (un terzo delle quali accolte).

Le “criticità” riguardano la disomogeneità territoriale che vede una disparità di trattamento sia nell’assistenza che nell’erogazione dei trattamenti. In particolare nei Centri di competenza si evidenzia una diversità tra le diverse Regioni, soprattutto in relazione ai criteri operativi per la definizione dei centri e alle modalità di individuazione. Una conferma è data anche dalla disequità della distribuzione geografica degli ospedali italiani che partecipano agli Ern: il 66,7% (44) degli ospedali che partecipano ad almeno una Ern si trova al Nord, il 19,7% (13) al Centro e il 13,6% (9) nel Mezzogiorno.

“Luce rossa” per gran parte del Paese sulla regolamentazione delle terapie farmacologiche e non in ambito scolastico. Sul fronte dei servizi socio-assistenziali e del lavoro, infatti, si fatica a comprendere che “la malattia rara è un potenziale fattore di rischio di esclusione sociale del nucleo familiare e l’assistenza territoriale potrebbe fare una grande differenza in termini di inclusione e raggiungimento di autonomie”.

Si registra inoltre la carenza di programmi di sollievo in strutture di degenza competenti non ospedaliere. Resta poi ancora “il grande vuoto dato dalla mancata adozione di strumenti amministrativi per riconoscere e garantire l’adeguata remunerazione delle prestazioni di consulenza a distanza da parte dei centri di riferimento”.

Infine il Rapporto sottolinea “la mancata volontà di istituire due importanti tavoli di lavoro”, definendola “sintomo di poca attenzione da parte dei Governi al tema delle malattie rare”. Si tratta del Comitato nazionale con il coinvolgimento di tutti gli stakeholder di settore e l’istituzione di un tavolo, con il ministero della Salute, l’Aifa e le Regioni, per definire le problematiche connesse all’erogazione dei farmaci orfani ai pazienti in trattamento e segnalati al registro nazionale, stabilito dall’accordo della Conferenza Stato-Regioni, oltre alla mancata dotazione di risorse finanziarie del Piano nazionale malattie rare.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA