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Il culto di San Filippo d’Agira

Di Antonio Gagliano |

Un popolo unito sotto un unico culto, questo si evince visitando Agira, città dell’entroterra siciliano anch’essa vittima, seppur in maniera lieve, di un lento spopolamento. Nonostante molti giovani e non siano costretti ad emigrare, però, c’è qualcosa che li spinge a tornare a casa, seppur per un breve periodo: il culto di San Filippo. Venerato come santo patrono in diversi comuni siciliani, San Filippo d’Agira, vissuto in epoca romana, venne inviato ad Agira subito dopo l’ordinazione sacerdotale, per liberare la città dai demoni che la affliggevano in quell’epoca. Giunto ad Agira, il santo si dedicò alle persone bisognose, ai poveri, ai malati ed agli emarginati. In poco tempo si diffuse la sua fama di taumaturgo e operatore di miracoli. Dal suo arrivo, infatti, molteplici furono le guarigioni che Filippo riuscì a compiere, oltre ovviamente a riuscire nel suo intendo principale: scacciare i demoni dalla città. Nonostante la presenza di due agiografie che lo collocano in periodi differenti dell’epoca, entrambe concordano sul giorno della sua morte: il 12 maggio. È questo il giorno designato per la festa patronale in suo onore. Vi è anche l’usanza di organizzare una festa estiva, nel periodo di agosto, proprio per consentire a tutti i devoti che si trovano lontano di poter tornare a casa per poter festeggiare il proprio patrono. Dopo la morte del santo, inoltre, la città assunse a lungo il nome di “San Filippo d’Agira” e i suoi abitanti sono tutt’ora chiamati “sanfulippani”. 

L’APPARIZIONE AI PASTORI. Anche dopo la sua morte, Filippo non smise di proteggere la città. Egli, infatti, comparve dinnanzi a due pastori l’11 gennaio del 1682. Quel giorno un grosso macigno si sarebbe staccato dalle pendici del monte Teja. «Comparve con le sembianze di un vecchietto – racconta Danilo Alleruzzo, uno dei devoti dell’associazione San Filippo – e invitò i pastori a recarsi prima dal parroco della chiesa di Santa Maria e poi a casa della famiglia Pistone, per avvisarli di fuggire. Appena le campane dell’Abbazia smisero di suonare il masso effettivamente crollò, colpendo proprio la casa di quella famiglia. Grazie all’intervento di san Filippo, però, quelle persone riuscirono a salvarsi». Oggi, inoltre, è ancora possibile trovare quel macigno, la rocca di Ciappazzi, nell’omonima contrada agirina. Da questo evento, infine, deriva la terza festa annuale, prima in ordine temporale, dedicata al patrono della città: quella dell’11 gennaio.

I LUOGHI DI CULTO. Lo stretto legame tra il santo e la città, di certo, è simboleggiato dalla presenza di molteplici luoghi di culto sparsi per il territorio cittadino. Il primo di questi, la Grotta di S. Filippo, luogo che il santo scelse come sua dimora, secondo la credenza popolare fu anche teatro di alcune lotte contro il diavolo. Qui vengono celebrati i mercoledì di S. Filippo, in preparazione alla festa patronale del 12 maggio.

Sulla cima della città, invece, si trova la chiesetta del castello, edificata da S. Filippo in onore di S. Pietro per respingere i demoni che li abitavano e che affliggevano l’intera cittadina. E proprio dal castello, in seguito ad una scommessa col demonio, si crede che il santo abbia lanciato un sasso che si sia poi fermato in una discesa a valle, in quella che oggi è denominata via Roma, ma è da tutti conosciuta come a petra ‘i San Fulippu. Nel punto in cui il masso si fermò, in seguito, gli zolfatari costruirono una piccola cappella contenente un altare in onore del santo.

Un’altra cappella, simbolica anch’essa della devozione al santo, si trova in piazza Europa, anche conosciuta oggi come “la villa”. L’attuale costruzione, sorta nel 1972, ne sostituisce una più antica e sulle origini della sua costruzione esistono due racconti differenti. Secondo il primo racconto, ad edificare la cappella ‘a tripuzzedda, questo il nome, furono tre fanciulle che, cacciate di casa dalla madre a causa della povertà, furono aiutate proprio da S. Filippo, comparso loro ancora una volta con le sembianze di un anziano, a trovare un tesoro nascosto. Altri, invece, attribuiscono la costruzione alla pietà popolare a seguito di un tentativo di furto del simulacro del santo.

Protagonista di un’altra sfida tra S. Filippo e il demonio fu la fontana di Maimone, sita in contrada Urselluzzo. Secondo il racconto popolare, in una grotta adiacente, viveva un demone, Maimone appunto. Il santo però riuscì a sconfiggerlo e lo incatenò all’interno della fontana.

Infine, il simbolo per eccellenza del culto e della devozione a S. Filippo è certamente la Cateva (o cripta). Posta sotto la chiesa a lui dedicata, la Cateva rappresenta il luogo di sepoltura del santo ed è meta di pellegrinaggio per i devoti che vogliono pregarlo e ringraziarlo. Su di essa si erge un’abbazia a tre navate dove vengono celebrate le festività in suo onore, nei mesi di gennaio, maggio e agosto.  

Per approfondire: “San Filippo d’Agira” di Pina Daidone, 1998.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA

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