Sicilians
Un siciliano a Dublino sulla rotta di acque più limpide e chiare
Dal centro della Sicilia, precisamente da Piazza Armerina, all’irlandese Dublino su una rotta che intende solcare acque sempre più limpide e chiare. È il percorso del 32enne ingegnere civile e ambientale Giuseppe Mancuso che, laureatosi nel 2013 all’università di Catania (con una tesi premiata nel 2014 dal Consiglio nazionale dei chimici come la migliore a livello nazionale nel campo della bonifica di suoli contaminati) e acquisito nel 2017 il dottorato in Ingegneria civile, ambientale e meccanica nell’Ateneo di Trento, è approdato a Dublino nel giugno dello stesso anno per un Post Doc all’University College Dublin nella scuola di ingegneria civile e in particolare nel centro di ricerca per le risorse idriche. Decisione che gli ha dato l’opportunità di essere inserito, da post doc research, nell’Acclimatize project, un progetto finanziato dalla Comunità europea con 6,7 milioni di euro attraverso il programma Horizon 2014-2020 e che vede coinvolti sia l’Irlanda che il Galles.
L’ennesimo cervello in fuga, dunque. La prima “fuga”, dalla sua Sicilia che non avrebbe mai voluto lasciare, quella per Trento, ma in quel caso per meri motivi di perfezionamento accademico: «Mi piaceva l’argomento per cui avrei dovuto sviluppare la mia ricerca – i miei interessi sono l’idrologia, l’idraulica e la modellazione idrodinamica – e poi Trento era una delle poche università, con Milano e Torino, che offriva uno scenario più internazionale. Tanto è vero che, nell’anno in cui ho iniziato, c’erano 22 studenti che provenivano da 22 parti diverse del mondo. Quindi è stato un po’ il trampolino di lancio per quello che sto facendo adesso».
Un trampolino di lancio per Acclimatize project a Dublino, dove il giovane ingegnere siciliano ha un contratto per 4 anni: «Nell’ambito del progetto io mi occupo di sviluppare e applicare un modello matematico tridimensionale per identificare e predire la qualità delle acque nei fiumi, negli estuari e nel mare a Dublino e nelle aree limitrofe, tenendo in considerazione anche quelli che sono i cambiamenti climatici. Si tratta di un progetto di vasta area e abbastanza complicato». Un controllo della qualità delle acque, «sia dal punto di vista della balneazione per chi usa la baia di Dublino per scopi ricreativi, sia per quanto riguarda le attività economiche, come la pesca ad esempio, che gravitano in quella zona: vedendo qual è la situazione attuale di queste acque e utilizzando questo modello, si potrebbero fare simulazioni e, anche utilizzando dati precedenti, vedere quali sono le prospettive future».
Un progetto importante, nel quale l’Ue si scommette e che coinvolge due università – l’University College di Dublino e l’Aberystwyth University del Galles – oltre a varie autorità irlandesi (Irish Water, Environmental Protection Agency) e gallesi (Welsh Water, Natural Resources Wales): «Soltanto nella mia università, ad esempio, sono coinvolti almeno 4-5 dipartimenti».Insomma, l’ingegnere Mancuso è dovuto andare in Irlanda per trovare qualcosa di simile, nonostante l’Italia sia circondata dal mare. Eppure, anche lui sostiene che gli studi siciliani sono stati estremamente validi: «Ritengo che la facoltà di Ingegneria a Catania vada molto forte. Il mio background mi ha aiutato molto sia nell’esperienza a Trento che soprattutto per questo nuovo step qui in Irlanda. Dal punto di vista ingegneristico, i miei docenti etnei – che comunque avevano fatto tutti un’esperienza all’estero – sono stati molto precisi e capaci nel trasmettere la metodologia per portare avanti, nel mio caso ad esempio, la ricerca. I docenti sono stati anche capaci di trasmettere la loro passione a noi studenti».
Ma allora, perché tanti cervelli fuggono dall’Italia, regalati dal Belpaese già formati alle altre nazioni, che infatti non se li fanno sfuggire? «Purtroppo non era il mio sogno fuggire, però quello che sto facendo qui mi piace davvero tanto, mi sono trovato coinvolto in questo progetto e mi ritengo fortunato. Certo, non me lo sarei mai aspettato di andare all’estero, non era il mio sogno: adesso, tuttavia, ci sono e cerco di sfruttare al massimo questa esperienza. Prima di venire a Dublino, avevo cercato ovviamente lavoro anche in Italia, ma le aziende mi hanno risposto che ero sovra-titolato col dottorato di ricerca e che per loro era più conveniente assumere una persona che avesse solo la laurea. Insomma, se una persona vuole realizzarsi, formarsi e arrivare al top della formazione, l’Italia in questo momento non offre tanto». Dalle parole trapela non rimpianto, ma un minimo di amarezza: «Fondamentalmente – ammette – non ero dell’idea di andare all’estero e arrivare così lontano, qui tutto è diverso a partire dal tempo che è molto piovoso. La Sicilia e l’Irlanda sono due realtà completamente differenti. Un siciliano non potrà mai dire che l’Irlanda sia più bella messa a paragone con la Sicilia». Certo, anche l’Irlanda offre «paesaggi spettacolari, una natura bellissima, con scogliere dai paesaggi mozzafiato: si vede l’oceano e i delfini che saltano dall’acqua; c’è poi molto verde perché qui piove ogni giorno e mi è persino capitato di vedere il muschio crescere sull’asfalto. Ci sono poi la musica irlandese molto bella e tanti bravissimi artisti di strada che si esibiscono. È tutto molto particolare qui». Ma non è casa.
A mancare della Sicilia, al giovane ingegnere, sono principalmente «il bel tempo, il cibo, la famiglia, gli amici, un po’ tutto insomma. Il lavoro, invece, non mi manca, perché in Sicilia non è che ce ne sia stato tanto», chiosa amaramente. La sua scelta, però, è stata sempre quella di «mettere al primo posto l’ambizione». Ritrovandosi, alla fine, in una Dublino comunque internazionale: «Stanno arrivando persone da tutto il mondo, perché questa città offre molto anche a chi ha un background informatico (qui ci sono le maggiori sedi europee di Facebook, Amazon, Google)».
Il sogno dell’ing. Mancuso è «continuare con la carriera accademica. Ho già fatto tanti sacrifici, lontano dalla mia famiglia sin dai tempi di Trento. Ovviamente, se c’è la possibilità di tornare in Italia che ben venga, perché è il mio Paese e non vorrei scappare all’estero; ma se questa possibilità non mi verrà offerta in futuro, vuol dire che realizzare i miei sogni anche distante dal mio Paese». E purtroppo l’ago della bilancia delle opportunità di carriera accademica pende decisamente per l’estero: «In Italia è tutto molto più complicato sia per quanto riguarda i concorsi che non escono quasi mai, sia per la sporadicità delle posizioni da ricoprire: i professori stanno più a lungo al lavoro e quindi c’è meno spazio per i giovani. Inoltre, ci sono meno fondi e non ci sono possibilità di aprire nuovi concorsi per docenti. Ho notato che qui l’ambiente universitario gode invece di maggiori finanziamenti e a 65 anni i docenti devono andare in pensione, il che favorisce il ricambio generazionale».
Attrattive che fanno mettere da parte i lati negativi, come l’alto costo della vita a Dublino: «Qui il costo della vita è elevatissimo, gli affitti sono alle stelle: è vero che gli stipendi sono alti, ma lo sono anche le spese e, alla fine, tirando le somme, uno si trova con molti soldi in mano, ma con altrettanti che ne escono. Se si tirano le somme, converrebbe, avendo le opportunità professionali, stare in Italia». Dove il giovane ingegnere assicura che tornerebbe «con molto piacere, ma se devo aspettare 10 anni per diventare professore in Italia mentre qui fra un paio di anni mi si offre l’opportunità, ovviamente resterò qua». Anche perché il professionista siciliano in Irlanda si trova bene: «E soprattutto mi piace tanto quello che sto facendo». Ai giovani l’ing. Mancuso consiglia «di credere nei sogni. Io ho molti amici – tutti laureati – che sono rimasti a Piazza Armerina e spesso si lamentano che lì non c’è lavoro. Ed è verissimo, perché pensare di trovare questo tipo di lavoro in Sicilia è impossibile. Però, se uno è disposto a spostarsi e iniziare una vita un po’ più sacrificata, secondo me si riesce a trovare qualcosa». Una vita un po’ sacrificata anche dal punto di vista sentimentale, che pure esclude qualsiasi rimpianto («Mi ritengo molto fortunato di essere qui in questo momento a fare quello che sto facendo», sottolinea): «Sono fidanzato con una biologa siciliana che ha cominciato il suo dottorato di ricerca Marie Curie in Germania e, di conseguenza, ci vediamo poco. Però anche lei ha deciso di dare priorità all’ambizione».
I cervelli in fuga, quindi, in questo caso sono due. Eppure, la Sicilia tra mare e rischi idrogeologici non dovrebbe farsi sfuggire professionisti con queste specializzazioni: «Se parliamo di Catania e Messina, dal punto di vista ingegneristico non ci facciamo mancare nulla, il che rende queste aree ideali dal punto di vista della ricerca: abbiamo il rischio inondazione; abbiamo il mare e, dunque, si può studiare la qualità delle acque; abbiamo i terremoti. Purtroppo, per quello che succede – già si vede che con una semplice pioggia intensa di pochi minuti le zone a valle di Catania si allagano – la ricerca dovrebbe essere incentivata perché potrebbe portare buone soluzioni».
Ma in Sicilia ci sentiamo perfetti, come diceva il Gattopardo. E invece non siamo capaci nemmeno di valorizzare le nostre ricchezze: «Lasciando perdere l’aspetto ingegneristico, ho notato che in Irlanda ci sono paesaggi fantastici, ma un qualsiasi bene culturale, anche banale, lo valorizzano al massimo, facendo di tutto per promuovere il turismo. Noi in Sicilia abbiamo bellezze inestimabili ovunque, ma facciamo di tutto perché questi beni che abbiamo si deteriorino e non facciamo niente per conservarne l’integrità».COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA