Notizie Locali


SEZIONI
Catania 24°

Sicilians

Camilleri entra nel mito raccontando Tiresia

Di Sergio Sciacca |

Siracusa – Domani sera alle 21 nel declivio del colle temenite di Siracusa, sacro ad Apollo dio della poesia, Andrea Camilleri parlerà della vita umana nella prospettiva di Tiresia. Parlerà, non reciterà, come su quello stesso declivio si recitavano i versi di Eschilo e i prigionieri ateniesi chiusi nelle latomie confortavano se stessi e le guardie con i versi di Euripide e dettero a Platone lo spunto per discutere della cecità della ragione umana e della luce somma che governa il mondo.

L’argomento del dire sarà Tiresia, personaggio notissimo perché conosceva tutto, e perché da nessuno veniva creduto, il quale Tiresia compare in diversi miti antichi (come quello di Edipo) a simboleggiare lo scarto tra il vero assoluto e quello che gli uomini credono vero mentre invece è solo una apparenza momentanea. Sarà una discussione sul tema esistenziale. Una discussione, non un trattato consegnato alle rotative dei tipografi o ai bit degli schermi elettronici.

Dunque suppone la presenza attiva (non solo recitativa di un copione) da parte del protagonista e una recezione attiva da parte di chi ascolta. «Mi piacerà sentire il calore del pubblico che per fortuna non vedrò», ha detto in un video pubblicato dal Teatro greco di Siracusa. Socrate, che si vantava di sapere… di non sapere, non insegnava ma discuteva, e secondo alcuni studiosi il modello delle sue discussioni, talora sorprendenti, proveniva proprio da Siracusa, dove un letterato metteva in scena il Discorso e la Discorsa (per una parità di genere che anticipava di millenni quella che adesso si restaura tra il ministro e la ministra, il presidente e la presidenta e via femminilizzando).

Trattandosi di discorso non avrebbe senso anticiparne i tratti; ma ne ha anticipato i modi, per i quali ci è stato di soccorso Giuseppe Dipasquale, regista di numerosi lavori teatrali desunti dai testi di Camilleri e suo portavoce nello stesso modo, intelligente, come nell’antichità Arriano era il portavoce di Epittèto. Le note che seguono derivano da una conversazione, riguardano una conversazione futura, per la quale valgono gli infiniti possibili sviluppi del mito.

Come è noto il mito, a differenza della cronaca, ammette varianti e contraddizioni legittime. Secondo un mito Elena (di Troia) fu una maledettissima adescatrice, colpevole di una guerra sanguinosa e lunghissima, rovina del genere umano. Secondo altri miti la medesima Elena era una donna virtuosa, fedelissima alla morale che poté salvare perché non visse a Troia, come amante di Paride, ma in Egitto come venerata e intangibile sacerdotessa. Così raccontava anche Stesicoro che in Sicilia ebbe, se non proprio i natali, almeno moltissimi ascoltatori.

Stabilito che il mito (che in greco significa “la parola”) non ha consistenza immutabile, ma si articola secondo i momenti, siamo già entrati nella questione di Tiresia e dei suoi discepoli. Cercano il vero, lo indicano a chi li ascolta e quasi mai vengono creduti. Perché la gente preferisce credere alle favole, alle panzane confortevoli. Tiresia era scomodo perché diceva al re la verità, perché indicava ai sudditi le cose vere. Tiresia era cieco. Come Omero, come Borges, come Mahfùz (l’unico premio Nobel per la letteratura nato in Egitto). E che rapporto ha la limitazione o l’assenza della vista con l’acume della vista spirituale? Le figure, i colori del vero distraggono la mente; il saggio non si lascia fuorviare dalle immagini, dal colore della cravatta del ministro, dalla scollatura della ministra. E per questo Camilleri somiglia agli omeridi, avendo il visus molto affievolito. Come i patriarchi della Bibbia e i saggi omerici ha superato tre generazioni umane (ogni generazione si calcolava in 30 anni e fino allo scorso secolo raramente se ne superavano due): dunque ha conosciuto da vivo (non sui libri) i balilla, le convergenze parallele democristiane, l’immaginazione al potere della Sorbona e tutti i voltafaccia della storia attuale. Il suo “mito” parte dalle questioni esistenziali: Sono proprio uguali uomo e donna? E se una superiorità esiste a chi spetta? Il regista Dipasquale, che lo conosce bene, lascia intendere, con un sorriso, che il primato spetta alle donne. Ecco i presupposti del dialogo. In cui c’è spazio per Giambattista Vico, il filosofo napoletano per cui la storia è un eterno ritorno sullo stesso percorso, ma con nomi cambiati. Anche oggi ci sono i sanculotti, anche oggi la verità che per definizione è anelastica, viene stiracchiata di qua e di là secondo la convenienza.

Tutte queste cose Camilleri le ha spiegate a un pubblico mondiale che senza essere venuto in Sicilia ne conosce gli arancini e che quando ne vede i filmati identifica immediatamente il rapporto tra la natura splendida e la natura umana accecata dalla cupidigia. Le metafore di Camilleri sono rivolte al presente: la sua umanità, locale o immigrata, fiduciosa nel futuro o perfida è ritratta dal vero, e siccome nei romanzi – come nei poemi omerici – il poeta può dominare il destino, Ulisse si salva dalle difficoltà più opprimenti come Montalbano riesce sempre a sciogliere gli intrichi più disperati e dunque, come gli aedi antichi, può istruire il pubblico.

Un tempo la gente seguiva le mirabolanti avventure degli eroi greci e dei paladini di Francia. Ora segue con entusiasmo le inchieste del commissario di Vigata. Il rapporto è lo stesso: ma con la differenza essenziale che il racconto orale può cambiare continuamente ad ogni recita e quello scritto o registrato elettronicamente resta tale. Salvo quando l’autore parla dal vivo a quanti lo ascoltano e con i quali può relazionarsi. Come nel mito. Fortunati quanti ascolteranno Camilleri a Siracusa: il mito in un luogo mitico.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA

Di più su questi argomenti: