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E’ palermitano il genio della nuova traversa ferroviaria amica dell’ambiente

Di Maria Ausilia Boemi |

A 19 anni ha abbandonato gli studi universitari perché già da 3 anni in lui sentiva ardere il sacro fuoco dell’imprenditoria: e, a dispetto della logica comune, ha avuto ragione. Oggi Giovanni De Lisi, 32enne palermitano, è Ceo di Greenrail, la sua creatura a cui ha dato vita a partire da un’idea innovativa ed attenta all’ambiente protetta da brevetti in 80 Paesi al mondo: traverse ferroviarie realizzate dal riciclo di rifiuti di plastica e pneumatici fuori uso.

Eppure quando Giovanni De Lisi – dopo essersi iscritto in Ingegneria gestionale, cambiando poi subito per Giurisprudenza – annunciò al padre imprenditore che non voleva più studiare, ma iniziare a lavorare nell’azienda di famiglia che si occupava di costruzione e manutenzione di linee ferroviarie, il genitore non la prese proprio bene, visto che lo spedì come semplice operaio – «ultimo chiodo della carrozza», come ricorda De Lisi – in cantiere a Busto Arsizio. Nell’impresa paterna, però, il giovane De Lisi riuscì a farsi valere, scalando varie posizioni fino a diventare direttore di cantiere come project manager.

Ci tiene però giustamente a sottolineare che la sua impresa Greenrail «non è una costola che nasce da un’impresa di famiglia, ma è un’altra azienda: noi come famiglia ci occupavamo di costruzione e manutenzione di linee ferroviarie, non facevamo traversine. Io ho cominciato a lavorare a 19 anni nei cantieri, ho fatto la mia esperienza, poi ho avuto l’idea innovativa e da solo l’ho portata avanti, anche perché nel frattempo mio padre aveva deciso di chiudere la sua azienda».

Così, «nel 2011, quando ho avuto l’idea di Greenrail, ho cominciato a dedicarmici e nel 2012 ho creato la mia startup». Un’idea geniale che nasce dalla volontà di risolvere «i deficit tecnici – alti costi di manutenzione, vibrazioni, rumorosità – che le normali traverse in calcestruzzo creano alle linee». Per risolvere queste problematiche, si cominciavano ad usare tappetini in poliuretano, quindi in plastica e gomma vergini ricavati dal petrolio: «Già in India, Cina e Usa fabbricavano traverse in plastica, che però potevano sostituire solamente le vecchie traverse in legno (che coprono solo il 10% del mercato). Sempre allora, ho compreso l’importanza, nel creare un’azienda innovativa, dei concetti di sostenibilità economica, ma soprattutto ambientale e sociale». Da lì l’idea innovativa di utilizzare plastica e gomma riciclate: «Nel 2012 costituisco Greenrail; il 2013-2014 sono stati anni dedicati alla progettazione e alla brevettazione dell’idea come startup nel “PoliHub” (l’Innovation District & Startup Accelerator della Fondazione Politecnico di Milano). Anni in cui sono state sviluppate importanti partnership anche con Ecopneus (il più grande consorzio italiano per la raccolta e lo smaltimento dei pneumatici fuori uso), Fondazione per lo Sviluppo sostenibile e Consiglio nazionale delle Ricerche».

L’azienda, che finora è riuscita a raccogliere 3,5 milioni di finanziamenti a fondo perduto – tra i quali Sme Instrument Phase 1 e Phase 2, tra i più ambiti e competitivi strumenti del Programma europeo Horizon 2020 – oggi dà lavoro a 18 persone, ma è in crescita. «Siamo riusciti a finanziare la nostra ricerca e da aprile 2015 – quando il brevetto era già depositato ed il progetto pronto – al Politecnico di Milano sono state avviate la vera ricerca sperimentale in laboratorio e le prove di produzione. Ad aprile 2017 avevamo il prodotto e oggi siamo in linea». In particolare in Italia (precisamente in Emilia Romagna), ma recentemente l’azienda ha stipulato il primo accordo di licenza con SafePower1, società statunitense creata da imprenditori ed investitori locali per industrializzare e commercializzare i prodotti Greenrail nei territori di Illinois, Michigan, Indiana, Minnesota, Missouri e Wisconsin. «L’accordo commerciale prevede la concessione di licenza del brevetto e del marchio, oltre alla progettazione e fornitura degli impianti industriali con conseguente trasferimento di know how: è già operativo (nel 2019 verrà aperto negli Usa il primo impianto di produzione) e prevede un contratto quindicennale per un valore di circa 26 milioni di euro, che svilupperà royalties che accrescono il totale dell’operazione ad un valore superiore ai 75 milioni di euro».

Le traverse prodotte da Greenrail, realizzate in plastica e gomma da pneumatici riciclati con un’anima in calcestruzzo, «riducono i costi di manutenzione fino al 50%; le vibrazioni e la rumorosità fino al 30%. In più, per ogni chilometro di linea costruito con traverse Greenrail, ricicliamo 35 tonnellate tra plastica e pneumatici usati. Siamo uno dei prodotti al mondo che consuma più plastica da rifiuto urbano e gomma da pneumatici fuori uso. Quindi, un mix di vantaggi economici, tecnici e ambientali».

Materialmente, le traverse non vengono prodotte in Italia (se non per il mercato nazionale), ma in ogni singolo Paese dove devono essere montate, «perché si tratta di prodotti che non possono essere trasportati. È impensabile trasportare dall’Italia negli Usa le traversine, sia perché si tratta di prodotti pesanti (ogni traversa pesa 300 chili), sia perché, utilizzando materiale da riciclaggio, è opportuno riciclare materiali che sono del territorio. Altrimenti si perderebbe l’aspetto di sostenibilità ambientale. Poi si tratta di volumi enormi: negli Usa soltanto per la manutenzione delle linee utilizzano 20 milioni di traverse ogni anno. Un impianto produttivo nostro, nel quale lavorano tra le 30 e le 60 persone, mediamente produce 600 mila traverse l’anno, quindi in determinati territori dovranno essere aperti più impianti». Le traverse POI, come un vestito sartoriale, vengono progettate e realizzate «in base alle esigenze del singolo cliente e territorio e alle caratteristiche della linea».

Oggi l’azienda è lanciatissima e punta soprattutto al mercato internazionale: «Abbiamo intenzione di valorizzare al massimo la nostra proprietà intellettuale in giro per il mondo con l’obiettivo di creare un gruppo industriale internazionale e avere, da qui al 2027, impianti industriali in tutto il mondo».

De Lisi non nega, in questo percorso di grande successo, anche errori commessi, «però ripercorrerei lo stesso percorso esattamente come l’ho fatto, perché alla fine anche gli errori servono per raggiungere gli obiettivi». E ai giovani che vogliono fare impresa raccomanda di «avere una visione internazionale e guardare alla sostenibilità ambientale». Certo, questo non basta: «Occorre poi essere testardi: il segreto del successo è non fermarsi, non farsi bloccare dalle problematiche che si incontrano. Nel giorno in cui ho avviato la ricerca e sviluppo nel 2015 – quindi ben 3 anni dopo avere costituito, progettato e brevettato Greenrail – mi sono ad esempio sentito dire che era impossibile realizzare la miscela composita di plastica e gomma che avevo in mente. A quel punto la scelta era o abbandonare tutto o crederci e andare avanti. Ci ho creduto, gli investimenti erano già nostri, ho spinto la ricerca e ho chiesto di dimostrarmi che era impossibile. E invece, dopo avere testato più di 30 miscele diverse, alla fine avevo ragione io: era tutto possibile. Quindi, non fermarsi e non arrendersi». Anche di fronte alle difficoltà successive: «È stato difficile convincere i tecnici della bontà del prodotto perché, essendo questo un mercato poco avvezzo all’innovazione, verso qualsiasi novità c’è uno scetticismo iniziale difficile da superare. Ma poi i risultati dei test ci hanno dato ragione e quelli che erano scettici oggi si sono ricreduti».

Un’impresa – sotto tutti i punti di vista – realizzata sì in Italia, ma fuori dalla Sicilia: e, anche se De Lisi non esclude «in futuro, dovendo investire in Italia (anche se attualmente l’azienda è concentrata sui mercati internazionali), di impiantare in Sicilia uno dei nostri impianti» – cosa che potrebbe andare a braccetto con «un’ottica di riqualificazione delle infrastrutture ferroviarie nel Sud» (di cui il Meridione d’Italia avrebbe peraltro un gran bisogno) – per ora sono paradossalmente più a portata di mano Usa, India, Arabia Saudita e Kazakhstan. Anzi, in quest’ultimo Paese, Greenrail, dopo essere stata selezionata tra i 100 migliori progetti del mondo per essere esibita al padiglione Energy Best Practice Area dell’Expo 2017 ad Astana ricevendo la visita di più di 80mila persone durante i 3 mesi dell’esposizione, ha in corso interlocuzioni per l’apertura di un impianto industriale.

Resta così ambivalente il rapporto con la Sicilia del Ceo di Greenrail: «Sicuramente è la terra che mi ha dato l’esperienza, in cui sono nato e cresciuto, ma penso che la Sicilia dovrebbe essere cambiata. Fare quello che ho fatto io, in Sicilia non sarebbe stato possibile. Purtroppo nella nostra Isola non c’è ancora la volontà politica di creare un territorio virtuoso, forse perché prevale la logica di pensare al voto e non al benessere della terra. Il mio auspicio è che l’Isola riesca quanto meno a copiare quello che di bello e di virtuoso si riesce a fare per l’innovazione, l’economia, il lavoro giovanile, il sistema universitario in altre parti d’Italia come in Lombardia o in altri Paesi. Penso che la Sicilia sarebbe il posto ideale dove creare innovazione perché è un posto fantastico, meraviglioso, dove la gente avrebbe il piacere di vivere e di lavorare. Spero che un giorno ci si riesca». Magari con l’aiuto di imprenditori geniali come De Lisi, capaci di non perdere il treno dello sviluppo green.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA