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Con Anna da Marsala la Sicilia nell’olimpo della scienza Usa

Di Maria Ausilia Boemi |

«Sono cresciuta a Marsala fino a 18 anni – racconta l’ingegnere Grassellino -, poi ho frequentato l’università a Pisa, dove a 24 anni mi sono laureata in Ingegneria elettronica». Dopo la laurea, il dottorato in Fisica alla University of Pennsylvania a Philadelphia, con la tesi di dottorato sviluppata al Triumf di Vancouver (il laboratorio nazionale canadese di Fisica delle particelle), «dove ho potuto fare una esperienza pratica sulle macchine acceleratrici». Dopo la tesi di dottorato, la giovane mente siciliana è stata assunta direttamente al Fermilab, prima come ricercatrice (con una borsa prestigiosa per ricercatori nel campo della tecnologia della Fisica degli acceleratori) e, dopo un anno, come scienziata a tempo indeterminato.

«Il Fermilab – spiega con giustificato orgoglio Anna Grassellino – è il primo laboratorio negli Usa per la Fisica delle alte energie. Con l’acceleratore di particelle Tevatron, in passato aveva il primato mondiale in termini di ricerca nella Fisica delle alte energie, nella Fisica particellare. Dopo che il Cern ha acceso la macchina Lhc (Large Hadron Collider) che raggiunge energie più elevate rispetto al Tevatron, quest’ultimo è stato spento e adesso il primato della Fisica delle alte energie spetta al Cern. Il Fermilab rimane comunque un laboratorio di punta per la Fisica particellare: continua a collaborare col Cern sulla Fisica delle alte energie, ma adesso è diventato soprattutto un polo di eccellenza per la ricerca sulla Fisica dei neutrini».

Non è per questo, però, che Anna Grassellino è stata premiata da Obama: «Io non sono una fisica particellare, il mio campo di ricerca riguarda la tecnologia per gli acceleratori di particelle (come il Tevatron o l’Lhc). Lavoro dunque alla tecnologia necessaria per costruire gli acceleratori e, in particolare, per realizzarne di più potenti e in grado di raggiungere energie e intensità più elevate. Sono stata premiata appunto per una scoperta in questo campo che apre le porte alla costruzione di futuri acceleratori di particelle più efficienti e che possano raggiungere energie più elevate. Questa scoperta si chiama dopaggio con azoto: abbiamo in sostanza scoperto che, introducendo azoto in queste strutture superconduttive, riusciamo a renderle più efficienti di un fattore 3 se non 4».

Un campo estremamente complesso, difficile da comprendere per i profani, ma con tante ricadute nella vita pratica: basti pensare che gli acceleratori sono usati nel campo della Fisica particellare, quindi per lo studio di particelle, per applicazioni nel campo della Biologia, per lo studio di proteine o applicazioni dal punto di vista della Chimica o nel campo del quantum computing. Insomma, sono macchine possono essere utilizzate in diversi campi della Fisica e non solo. E la scoperta di Anna Grassellino ha aperto una nuova direzione di ricerca mondiale: «Gli scienziati che in tutti i laboratori del mondo si occupano di superconduttività a radiofrequenza, hanno iniziato a fare ricerca seguendo le nostre impronte».

Un risultato prestigioso, dunque, realizzato da una giovane siciliana, che non pensa per ora di tornare in Italia: «Per il momento, per quello che faccio io, mi trovo molto bene dove sono. Si fa anche della ricerca interessante in Italia su queste cose, ma al momento qui ho tutto quello che mi serve. Più in là non lo so: si vedrà». E rimarca che in America – come è noto – si dà grande importanza alla ricerca. E anche se non può fare paragoni con quanto avviene in Italia («Io non ho mai fatto ricerca lì»), «penso che, conoscendo un po’ di colleghi, una differenza sia nel fatto che negli Usa ci sono molti più fondi e, di conseguenza, infrastrutture». Ma nota anche che «quando sono arrivata, anche se ero una giovane ricercatrice ed ero per di più una straniera, mi hanno dato tutto quello che mi serviva per avere successo nella ricerca. Qui si cerca in tutti i modi di garantire il successo: se sei una persona volenterosa e con idee, puoi riuscire perché ti danno tutto quello che serve. E questo è sicuramente un fattore che mi spinge a rimanere in America».

Nonostante la preparazione ricevuta in Italia (con dispendio di risorse per lo Stato) sia ottima: «Assolutamente sì: penso che gli italiani all’estero ci distinguiamo per le grandi capacità analitiche e per il notevole background che acquisiamo grazie a un ottimo sistema scolastico». Non vuol dire, tuttavia, che in Italia la ricerca non riesca ad essere di buon livello: «Anche lì ci sono laboratori di punta a livello mondiale. Mi viene ad esempio in mente quello di bio-robotica di Lucca. Pure nel mio campo in Italia si fa ricerca di punta su certi aspetti. Non mi sento di conseguenza di dire che tutti devono andare via o che tutti vanno via: molti riescono a rimanere».

D’altronde, Anna Grassellino non si sente un cervello in fuga: «Io sono andata all’estero perché volevo conoscere, vedere e imparare cose nuove. Poi ho trovato che qui il sistema è molto accogliente, meritocratico, dinamico e offre grandi possibilità e infrastrutture: per questo sono rimasta». E, se dal punto di vista più leggero, della Sicilia le manca il cibo («Siamo venuti lì a Natale, sono riuscita a portarmi un po’ di tonno in scatola e il pane nero di Castelvetrano»), sicuramente a livello più profondo a mancarle è la famiglia, non tanto e non solo i genitori che vanno spesso a trovarla, ma la rete familiare allargata.

Sposata con un ricercatore russo ucraino che pure lavora al Fermilab – «Ci siamo conosciuti in ambito lavorativo e siamo stati fortunati perché siamo riusciti a vivere e lavorare nello stesso posto, cosa non sempre facile» -, Anna Grassellino ha 3 figli di 5 e 3 anni e un altro di soli 4 mesi. Una vita frenetica tra lavoro, casa e famiglia, una realtà che l’accomuna a tutte le mamme lavoratrici del mondo, ma con una differenza, di cui non tutte possono godere: «Una cosa molto bella qui è che abbiamo l’asilo dentro Fermilab. Così, anche se in America non c’è l’anno di maternità come in Italia, questo mi ha aiutato molto perché, dovendo tornare al lavoro già dopo 6 settimane, non ho interrotto la mia ricerca e allo stesso tempo posso seguire il bambino all’asilo, andando a trovarlo in qualsiasi momento della giornata lavorativa».

Insomma, esiste la possibilità di conciliare famiglia e lavoro, anche in considerazione del fatto che l’ingegnere Grassellino e il marito non hanno alcuna rete di supporto familiare negli Usa: «A dire il vero – ammette comunque – io non riuscirei a fermarmi un anno, non lo vorrei fare anche se ne avessi diritto, perché questo mi rallenterebbe dal punto di vista della ricerca. Invece, così, avendo le infrastrutture, si riescono a fare tutte e due le cose. E poi, comunque, mio marito mi aiuta moltissimo a casa. Inoltre, avendo retribuzioni molto buone, abbiamo una tata che ci aiuta 24 ore su 24».

 

Una vita piena e di successo, quindi. Progetti? «Dal punto di vista lavorativo, sogno di riuscire a costruire qui un nuovo acceleratore, visto che l’America ha perso un po’ il primato in questo campo con l’Lhc del Cern. Dal punto di vista familiare, siamo molto felici qua: anche se la vita sociale nei sobborghi non è molto emozionante (ma a pochi chilometri abbiamo Chicago), è comunque bellissimo perché cresciamo una famiglia in un posto dove ci sono parchi, scuole, infrastrutture, un po’ come si vede nei film americani».

Non può mancare, infine, in un momento di grandi cambiamenti negli Usa con l’avvento del presidente Donald Trump, portatore di idee protezioniste e di una politica anti-immigrazione, una domanda su eventuali preoccupazioni nutrite dagli italiani in America: «Ci sono moltissimi stranieri al Fermilab, laboratorio che accetta persone da tutto il mondo, e non siamo preoccupati: ogni amministrazione porta dei cambiamenti, questa è una fase transitoria e non penso che cambierà lo spirito internazionale della nostra ricerca scientifica. La Fisica non ha infatti nulla a che fare con la politica e con la provenienza degli scienziati: è un campo internazionale».

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